11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 12 giugno 2010

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C
on simili parole, la donna guerriero si riservò, allora, la possibilità di definire un semplice, e pur non ovvio, concetto chiave, sulla base del quale quanto accaduto in quelle ultime otto settimane avrebbe potuto essere facilmente reinterpretato sotto una luce completamente nuova. Il controllo sulla squadra, in conseguenza di ciò, avrebbe dovuto essere considerato qual da sempre mantenuto saldamente nelle sue stesse mani, e solo apparentemente offerto al giovane compagno, nel desiderio, allo scopo, di poterne acquietare l'animo ribelle, l'indole polemica, nel porlo a confronto con le responsabilità, le decisioni, da lui tanto aspramente criticate, le scelte da lui così arbitrariamente giudicate in contrasto a ogni impegno proprio della mercenaria: non un effettivo passaggio di potere, quanto, piuttosto, una semplice prova, un esperimento, nel corso del quale, comunque, ella non aveva sprecato né il loro tempo, né le loro risorse, permettendo, accanto a una migliore presa di coscienza dello stesso Ma'Sheer sulle dinamiche dei loro rapporti interni, anche lo sviluppo per lei stessa di una migliore confidenza con la lingua shar'tiagha, e con le tradizioni locali, informazioni certamente minimali, e pur utili a ridurre il rischio, per lei, di ritrovarsi isolata, sotto un profilo comunicativo, non solo dal mondo esterno, quanto, peggio ancora, dai propri stessi compagni.
E se, nel comprendere tale realtà, nel cogliere l'evidenza di come, in quasi due mesi, il suo apparente ruolo di comando fosse stato semplice illusione, apparenza ancor prima di sostanza, il figlio del deserto avrebbe potuto umanamente essere stimolato, incitato, a ritirare ogni richiesta di scuse e a presentare, al contrario, ulteriori proteste, la maturità da lui così acquisita gli impedì ogni risentimento nei riguardi della propria comandante, riconoscendo, anzi, come ella fosse riuscita ad agire con incredibile efficienza e discrezione, nel risolvere quella che avrebbe potuto essere analizzata quale una crisi interna alla loro ristretta schiera nel migliore dei modi possibili. Tuttavia, quasi a poter prevenire ogni ulteriore eventualità di scontro, psicologico o fisico, la stessa Figlia di Marr'Mahew riprese immediatamente voce, a proseguire il discorso così solo incominciato.

« Ciò che ora desidero è che possiate… concedermi fiducia. » insistette, con tono tranquillo « Perché fra voi sono la sola estran… no… straniera, e posso facilmente immaginare quanto possa essere difficile accettare qualsiasi mio suggerimento. » espresse, smorzando la severità intrinseca in tale affermazione con un sorriso trasparentemente sereno, quasi a voler negare, per lei, eventuali risentimenti per tanta, evidente, verità.
« Qualsiasi pregiudizio a te rivolto per tal ragione, ha da esser inteso unicamente qual riprova di umana stolidità da parte di entrambi. » prese parola, e posizione, Be'Tehel, consapevole, suo malgrado, di aver ceduto in più occasioni in tale erroneo comportamento e, in ciò, desiderando offrire le proprie sincere scuse verso la compagna, nell'approfittare di un tale momento di quieto confronto.
« Il pregiudizio è insito dell'essere umano, che appartenga egli, o ella, al popolo eletto oppure no. » replicò la donna, in un'asserzione che avrebbe potuto significare tutto e il contrario di tutto, nel perdonare i propri fratelli d'arme in quell'avventura o, altresì, nel condannarli a non poter ovviare a tale comportamento, a simile sbaglio, nonostante ogni impegno in tal senso « Non è mio desiderio ora… additare alcuno: se vogliamo essere una squadra, tuttavia, è necessario iniziare a… considerarci realmente una squadra. E comportarci qual tale. »

Avendo trascorso metà della sua vita sulle immense superfici dei mari, viaggiando all'interno di quella che sola sarebbe dovuta essere considerata qual l'effettiva ultima frontiera dell'umanità, quel limite oltre al quale ben pochi osavano avventurarsi, la donna guerriero non avrebbe potuto pronunciare tali parole, simile principio, con maggiore consapevolezza.
Nel confronto con il mare, infatti, ai mortali sarebbe sempre stata concessa un'unica, concreta, reale risorsa, più importante di qualsiasi effettiva esperienza in tal pericolosa danza, più fondamentale persino della condizione della nave con la quale tale sfida sarebbe stata ricercata: e tale risorsa, tale essenziale requisito, avrebbe dovuto essere identificato nella solidità dello stesso equipaggio. Minimo valore avrebbe potuto, in tal contesto, essere attribuito all'origine stessa di tale squadra, alle ragioni in conseguenza delle quali, uomini e donne di ogni nazionalità o credo, si fossero ritrovati uniti, fosse esso stato formato dall'indiscussa volontà di un capitano, o fosse esso stato similmente modellato dai capricci del fato: in mare, i membri di un equipaggio, avrebbero necessariamente, inderogabilmente, dovuto rinunciare a ogni individualità, a ogni egoismo personale, a ogni desiderio di protagonismo, in favore delle esigenze del gruppo, dell'intera famiglia, nella ferma e non contrattabile certezza di come qualsiasi azione esterna all'armonia comune avrebbe comportato una severa, se non letale, punizione non solo per il singolo, ma per l'intera nave e tutti coloro a bordo della medesima. Nella necessaria confidenza con tale principio essenziale, vitale, per chiunque avesse voluto spingere il proprio fato nelle tumultuose vie delle acque, pertanto, l'obbligo di fiducia, di fedeltà così richiesto, non si sarebbe limitato alla figura del capitano, al quale, ovviamente, sarebbe stata riservata qualsiasi attività decisionale, qualsiasi diritto di comando, quanto, piuttosto, a ogni proprio sodale, uomo o donna, a bordo, nel porre all'opera non tanti singoli individui, ognuno con propri pensieri, filosofie, speranze e bramosie, ma le membra di un solo, unico organismo, tale da poter agire in maniera omogenea, perfettamente sincrona e coordinata, per un solo, unico obiettivo comune… la sopravvivenza.

« E… quindi? » domandò Ma'Sheer, senza alcun desiderio di cercare nuova polemica, ma, sinceramente, dubbioso nel merito di quale possibile sviluppo avrebbero dovuto ricercare in tal senso, quale possibile idea stesse animando, in quel momento, i pensieri della loro ormai incontrastata guida.
« Quindi… mantieni pure il tuo ruolo di comando. » affermò ella, in una conclusione a dir poco paradossale, che costrinse entrambi i suoi interlocutori a strabuzzare lo sguardo.
« C-come?! » domandarono i due uomini, attoniti nell'osservarla, meditabondi e incerti di poter aver ben compreso le sue parole o, eventualmente, che ella potesse essersi correttamente espressa in una lingua con la quale non avrebbe potuto ancora vantare eccessiva confidenza.
« Mantieni pure il tuo ruolo di comando. » ribadì la donna, sorridendo « In questa situazione, nella mio totale essere stran… uhm… estranea alla realtà propria del popolo eletto, a partire dalla stessa lingua, non potrei essere in grado di assolvere in maniera appropriata questo ruolo, soprattutto per… confrontarmi con altri. » spiegò, offrendo dimostrazione di non star concedendo alcuna scelta al caso, ma di aver mantenuto una chiara visione sull'intera contesto e sulla loro possibile parte in esso « Abbiamo necessità di una figura di comando convincente… e tu, senza dubbio, puoi apparire tale agli occhi di chiunque. »

Incerto fra il dover essere onorato da quelle parole, o indispettito dal compito di mero prestanome che ella gli stava così richiedendo, il figlio del deserto restò ora in silenzio, cercando di assimilare quanto da lei elaborato e, soprattutto, quanto da lei lì domandatogli, allo scopo di prendere una qualche decisione a tal riguardo: una scelta, la sua, che, evidentemente, avrebbe comunque sancito o meno la fiducia reciproca da lei appena invocata e che, inevitabilmente, avrebbe tracciato in maniera decisa, se non persino irreversibile, la rotta lungo la quale tutti loro si sarebbero prossimamente avventurati, probabilmente molto diversa da quella di isolamento mantenuta qual propria in quelle ultime otto settimane.

« Credo che mi stia sfuggendo un particolare… » intervenne Be'Tehel, prendendo voce al posto del compagno in conseguenza a quella laconica reazione del medesimo « Cosa hai intenzione di fare? » questionò, offrendo trasparenza al solo grande dubbio che avrebbe dovuto essere considerato comune a entrambi i componenti maschili di quella squadra.
« Come già due mesi fa… ancora oggi la mia volontà è solo una: condurre a termine la missione assegnataci. » definì Midda, dimostrando estrema coerenza, o incontrastabile testardaggine, nel desiderio di restare legata ai vincoli del loro mandato, nonostante quanto occorso avesse chiaramente mutato ogni precedente presupposto « Dobbiamo recuperare i due scettri rappresentazione dell'antico potere dei faraoni… e, sinceramente, non riesco a immaginare una situazione migliore di questa per poterli conquistare, per renderli nostri. »

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