11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 29 giugno 2010

900


S
e tre mesi erano stati sufficienti per trasformare una landa di pianura sino ad allora disabitata in una cittadella fortificata colma di fervente attività umana, il doppio di tale tempo, sei mesi, non si dimostrò altrettanto adeguato per trasformare la popolazione di disperati della medesima in un esercito degno di tale nome. E, sebbene la Figlia di Marr'Mahew, tutt'altro che ingenua, tutt'altro che sciocca, non avrebbe mai preteso di formare in sì breve tempo un'invincibile armata a partire da semplici ex-contadini, ex-allevatori, ex-artigiani, ex-servitori, l'assenza del raggiungimento di un concreto risultato dopo oltre tre stagioni dall'inizio di quella vicenda, dalla loro fuga dalle carceri della capitale Amoth-Rahes, non avrebbe potuto che far gravare su di lei l'ombra di un ben misero fallimento.

« Ancora poche settimane e sarà trascorso un intero anno dal nostro arrivo in questo tempo… in quest'epoca perduta. » ricordò Midda, prendendo voce in direzione dei propri due compagni, di coloro che, all'inizio di tutta quella vicenda, erano suoi semplici, e indesiderati, subalterni, e che, ormai, dopo tanto tempo trascorso insieme, un concreto primato per lei, avrebbero potuto essere considerati al pari di una vera e propria famiglia « E dove anche, generalmente, mi considero una donna sufficientemente paziente, il pensiero di non essere ancora riuscita a portare a termine l'incarico per il quale siamo giunti sino a qui non può evitare di lasciarmi turbata, inquieta… »

A sei mesi dalla sua riconquistata libertà di movimento, i traumi conseguenti alla duplice frattura da lei riportata avrebbero dovuto essere considerati un lontano ricordo, una memoria sì spiacevole e pur relegata a un passato lontano. In quelle ultime due stagioni, ella aveva completamente recuperato la propria abituale forma fisica, la propria consueta prestanza, ritrovando fortunata e gradita conferma di quanto le sue gambe avessero recuperato la propria perfetta mobilità, avessero riconquistato il proprio naturale vigore, la propria necessaria agilità, permettendole di riprendere il ruolo di incredibile donna guerriero al quale mai avrebbe desiderato rinunciare nonostante il trascorrere del tempo, il passare degli anni. E proprio l'irrefrenabile corso delle stagioni, nonostante tutto, non sembrava essere ancora in grado di vincerla, di negarle di poter ancora essere superiore a qualsiasi avversario, in velocità, in forza, in destrezza, nonostante per lei la giovinezza si stesse proponendo sempre più quale un'epoca passata, nel vedere i suoi tre già stupefacenti decenni di vita approssimarsi in maniera estremamente pericolosa all'incredibile traguardo rappresentato dai quarant'anni.

« E…? » domandò Ma'Sheer, invitando in ciò il suo comandante a esprimere l'effettiva ragione alla base della riunione così da lei richiesta nell'intimità della propria tenda, ancora rimasta, nonostante ogni proposta in senso contrario, unica dimora entro la quale ella avrebbe accettato di vivere.

Probabilmente proprio nel confronto con il pensiero dell'irrecuperabile perdita di tempo, di mesi, e presto anni, che tutto quello stava rappresentando, sarebbe potuto essere individuato quale movente principale di quella sua confessata inquietudine, di quella sua concreta insoddisfazione, espressione non tanto del sentito insuccesso nel recupero degli scettri del faraone, o, parallelamente, nel rovesciamento del potere del medesimo, quanto, piuttosto, della consapevolezza su di lei imposta in maniera sempre più prepotente del vanificarsi delle possibilità di ritornare, un giorno, al proprio tempo, alla propria naturale realtà, e, con essa, alla vita che là aveva abbandonato. Impossibile sarebbe allora stato non ammettere come ella, in passato, mai avesse affrontato una situazione simile, mai avesse combattuto contro un potere sì vasto, sì prevaricatore, espressione non tanto di un nemico perfettamente delineato, di un avversario chiaramente presentatosi innanzi a lei, quanto, piuttosto, di un'oscura e sconosciuta ombra proiettata sul suo fato, non diversamente dall'intervento di un dio maledetto che in contrasto a ogni sua libertà, a ogni suo desiderio di autodeterminazione, aveva deciso di dimostrarle i limiti insuperabili della propria stessa umanità.

« E sinceramente non so per quanto sarò in grado di far finta di nulla, di concedermi quieta e tranquilla in attesa di quel giorno lontano nel quale riusciremo a spingere la maggior parte della popolazione a rinnegare il proprio falso dio in nome della propria libertà… » sospirò ella, serrando le labbra e storcendo la bocca verso il basso, in uno sfogo che sarebbe potuto essere considerato quasi infantile, privo di qualsivoglia effettiva possibilità di rivalsa, e pur innegabilmente necessario in quello stesso momento « … inizio a essere davvero stanca di questa vita: la tranquillità non fa per me, e, per quanto ribelli, per quanto rivoluzionari possiamo considerarci, la nostra quotidianità, negli ultimi nove mesi, è stata scandita da ritmi troppo lenti, propri non di una guerra, quanto, piuttosto, di una riconquistata pace. »

Difficile sarebbe stato per la mercenaria definire con precisione i propri sentimenti nel confronto con quello sgarro impostole da un ancora sconosciuto avversario, le proprie concrete emozioni nel merito di quanto aveva perduto. Una parte della sua mente, probabilmente folle, forse impazzita in conseguenza di quegli eventi, per quanto da lei tale mancanza di sanità non fosse ancora stata riconosciuta, raramente smetteva di torturarla, di straziarla, evocando innanzi ai suoi occhi color ghiaccio immagini di una vita mai vissuta, nel corso della quale, similmente a ora, ella era stata catapultata fuori dal tempo e dallo spazio, senza neppure poter godere di qualsivoglia compagnia, di alcuna ulteriore avventura, sino a un lento smarrimento nell'oblio. Concentrandosi, combattendo contro simili miraggi, tali incubi, ella era sempre in grado di riconquistare la propria salute mentale nel rimembrare come una tanto violenta condanna le fosse stata imposta in conseguenza di un'onirica esperienza derivante dal contatto con il sangue della chimera, potente e pericoloso talismano da lei adoperato tempo prima per il compimento di una propria missione, nel recupero della corona perduta di una tirannica regina appartenuta a un passato ormai dimenticato: ciò nonostante, al di là di quanto cosciente ella potesse essere in grado di concedersi nel confronto con tali falsi ricordi, il sentimento di smarrimento proprio di simili pensieri non avrebbe potuto evitare di continuare a torturarla, facendole temere il presente passato nel quale le era così stato imposto di vivere.

« Vorresti forse disinteressarti dello stato dei nostri uomini, di coloro al nostro comando, che a noi hanno affidato il loro futuro e le loro vite, e dichiarare improvvisamente guerra al faraone, in una battaglia che mai saremo in grado di vincere? » intervenne Be'Tehel, non potendo evitare di rifiutare, intimamente, la posizione da lei espressa nel merito dell'impossibilità a tollerare ulteriormente la loro attuale condizione, là dove, fosse dipeso da lui, mai avrebbe interrotto la meravigliosa vita accanto a lei, così donatagli dal fato.

In non rari momenti di disperazione, quando il timore che quell'incubo lontano potesse alfine prendere il sopravvento, scaraventandola realmente lontano da tutto e da tutti, la presenza dello shar'tiagho si era fortunatamente dimostrata comunque in grado di donare alla mercenaria la quiete perduta, restituendole un contatto con una realtà nella quale non sarebbe comunque mai rimasta sola, non avrebbe mai vissuto unicamente nei ricordi di un passato privo di speranze di ritorno. La loro storia, la loro relazione, se analizzata dal personale punto di vista di Midda, sarebbe potuta essere sicuramente letta con occhio critico, tale da rimproverarla di star abusando del sentimento riconosciutole da quell'uomo, di almeno una decina d'anni più giovane di lei, qual surrogato per tutti gli amori perduti, per tutti gli amanti abbandonati nel proprio passato futuro, primo fra tutti i quali, indubbiamente, sarebbe dovuto essere citato Be'Sihl, il compagno con il quale ella era giunta entro i confini shar'tiaghi e dal quale, tuttavia, si era subito allontanata.
In verità, simile egoismo, non era mai stato celato a colui divenuto proprio attuale compagno di letto, oltre che d'armi, in un confronto che, forse, sarebbe potuto essere giudicato privo di romanticismo, ma che, sicuramente, sarebbe stato anche considerato estremamente onesto, a definizione di un rapporto maturo fra due adulti consenzienti. Dopotutto, anch'egli bramoso di potersi ritagliare un ruolo nella vita di quella donna, non aveva mancato di confessare di aver forse approfittato di un momento di debolezza in lei per riuscire a farsi accettare in un ruolo nel quale, in diverse situazioni, in contesti estranei a quell'isolamento temporale da loro così vissuto, non sarebbe probabilmente mai stato accolto: improbabile, in tutto questo, sarebbe pertanto stato indicare il loro quale un rapporto d'amore, per quanto, probabilmente, la complicità, l'affetto, la passione che erano stati in grado di conquistare reciprocamente, di ritrovare l'uno nell'altra, non avrebbe potuto lasciare dubbio alcuno in eventuali osservatori esterni, primo fra tutti, naturalmente e obbligatoriamente, lo stesso Ma'Sheer, terzo protagonista di quel loro comune esilio.

« Non metterei mai in pericolo la vita di nessuno in un'impresa priva di possibilità di ritorno. Dovresti saperlo bene… » rimproverò, con tono enfaticamente offeso, in direzione del proprio amante, non potendo accettare di essere accomunata a un tale pensiero, a una simile ipotesi esterna alla propria stessa natura « Mai accetterei di guidare un attacco prematuro, un'offensiva destinata a tramutarsi in una semplice mattanza. »

Non parole retoriche, prive di concreto valore, avrebbero dovuto essere soppesate quelle da lei allora pronunciate, quanto, piuttosto, trasparenti dell'essenza stessa del suo animo, del suo cuore, che in molti avrebbero potuto ritenere incapace di pietà verso i propri avversari, ma che, se pur forse tale, indubbiamente sarebbe dovuto essere considerato incapace di viltà verso i propri alleati, verso coloro accolti sotto la propria ampia ala protettiva, che mai avrebbe abbandonato, e ancor meno indirizzato, verso un triste destino di morte, neppure se, a compenso dell'assenza di tale scelta, fosse stata la sua stessa vita. E se neppure la stessa Figlia di Marr'Mahew, in quel preciso momento, avrebbe potuto individuare il fine ultimo dei propri intimi desideri, di quell'assurdo richiamo verso la ventura, verso il pericolo dal quale, dopotutto, si era per troppo tempo allontanata, almeno di quell'unica, semplice e pur non scontata, verità non si sarebbe mai potuta dire incerta, là dove, senza alcuna esitazione, avrebbe sacrificato se stessa piuttosto di porre in pericoloso uno solo dei suoi protetti.

« Hai ragione. Non metteresti mai in pericolo la vita di nessuno… » ripeté lo shar'tiagho, con tono improvvisamente divenuto funereo, nell'aver intuito, probabilmente ancor prima di lei, il solo obiettivo verso il quale ella avrebbe presto maturato consapevolezza, offrendo riprova di aver ben appreso le dinamiche proprie della mente della propria compagna, le stesse in conseguenza delle quali, dopotutto, era stato da lei subito conquistato « … ma la tua? »

2 commenti:

Anonimo ha detto...

NOVECENTO!!!

AUGURI MIDDA!!! Auguri auguri auguri Midda...

E complimenti a Sean!
Gio TdA

Sean MacMalcom ha detto...

Grazie di cuore!!! =^.^=