11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 20 maggio 2012

1583


F
radicia per i disgustosi fluidi corporei dell'oni attraverso il quale si era appena spinta, Guerra agì in contrasto a quel corpo mutilato con la fermezza di un macellaio, non considerandolo più pari a un avversario, quanto a un capo di bestiame da dover ridurre ai propri minimi termini, per poi completare l'opera già iniziata nello spargere le braccia e le mani nell'intera foresta a lei circostante, e, probabilmente, nell'intera vallata sotto di loro. Il tempo, come quasi sempre nel suo mestiere, e nella sua intera vita, avrebbe dovuto essere considerato un fattore in suo contrasto: più ella ne avrebbe sprecato in quella non semplice operazione di macellazione e di divisione in quarti, più il suo antagonista si sarebbe sforzato di recuperare la propria integrità. E così riverso a terra, incredibile a dirsi, il suo capo sembrò ritrovare speranza di rigenerarsi, di rimediare ai primi colpi subiti, in una macabra rincorsa di frammenti di carne e di ossa verso un corpo sempre più frazionato.

« Non ci credo! » esclamò Guerra, sforzandosi di riprendere a parlare nella lingua locale « Vuoi davvero rimettere insieme quel brutto muso?! Ti assicuro che, in questo modo, hai solo da perderci… »

Ma l'oni non volle offrirle ragione, motivo per il quale, nel mentre in cui ella riuscì a sezionare in ben tredici parti il suo corpo, escludendo il collo; oltre metà del suo viso, e della sua testa dietro a esso, ritrovò la coesione prima perduta, permettendo a un suo grande occhio, il destro, di tornare a muoversi, a guizzare verso di lei, quasi, in ciò, a volerle destinare silenziose imprecazioni, maledizioni per quanto compiuto a proprio discapito. Ed ella non se ne ebbe assolutamente a male per simile, risentito sguardo, non, soprattutto, quando il resto del corpo di quell'immortale, ma non fortunato, avversario, fu sparso nell'intero circondario. Al contrario, Guerra sorrise verso quel capo, inginocchiandosi di fronte al medesimo, per osservarlo con interesse e curiosità…

« E' un peccato che abbia una missione da compiere, grand'uomo… » scandì serenamente verso di lui, mentre la sua destra, in insensibile metallo, si mosse a picchiettare contro quell'enorme bulbo oculare « Non nego, infatti, di essere decisamente coinvolta da questa tua abilità di rigenerazione costante, per motivi personali di cui non starò qui ora a tenderti. » spiegò, errando nello scandire il verbo "tediare", ma non nell'affondare con forza il proprio medio all'interno della sua orbita, lì roteandolo per distruggere l'occhio e per osservarne l'eventuale guarigione con due sue intere falangi ancora lì presenti « Però, per l'appunto, non posso fermarmi molto… quindi, abbi un minimo di comprensione e non te la prendere con me per quello che farò. »

Decisa, infatti, a non correre ulteriori rischi, ella spinse il proprio pugno metallico all'interno del cranio non ancor completamente rigenerato e, una volta frantumatolo e penetrato in esso, ella allargò le dita, a prendere possesso di quell'area, di quella superficie interna entro la quale non desiderava potesse esserci nulla di funzionante. E così legatasi a quella testa sproporzionata, almeno rispetto a lei, si risollevò da terra, pulì nuovamente la lama della propria spada contro le proprie vesti, la rinfoderò e riprese il cammino, portando seco quella parte del proprio avversario, quasi una pesante sacca al proprio fianco.

« In verità, mi mancava un compagno di viaggio… » commentò fra sé e sé, o forse fra sé e l'orrore condotto attorno alla propria mano destra « Sono spesso rimproverata di essere restia a farmi nuovi amici, ma con te le cose sono andate proprio alla grande! Non trovi? »

In tal modo ella proseguì nella propria risalita lungo il fianco della montagna, del monte Kuno, in uno spettacolo che difficilmente, se incrociato da anima viva, da persona comune, non sarebbe entrato nella leggenda. L'immagine offerta da un'ancor splendida donna, dalle forme straordinariamente procaci, in vesti di Hyn coperte, ed anch'ella coperta, completamente di sangue e di altri liquidi che sarebbe stato meglio non identificare, oltre ovviamente che di proprio sudore; impegnata in quell'ascesa trattenendo al proprio fianco, sorretta dalla propria mano destra, già di per sé straordinaria, la testa di un oni, di una delle creature più note in tutto l'Impero, e, in ciò, delle più temute, da grandi e da piccini; sarebbe stata in grado di concederle una fama imperitura, non inferiore a quella da lei già conquistata nelle proprie terre d'origine.
Ma lì, vicino a lei, in sua prossimità, non vi era alcuno, non vi erano testimoni. Ragione per la quale tutto quello sarebbe rimasto un mito non narrato, una leggenda non cantata. Perché se anche ella avesse raccontato cosa era lì accaduto, e cosa ancora era a divenire, nessuno le avrebbe creduto, reputando tutti quegli eventi frutto di una fantasia sin troppo fervida. A prescindere da ciò, comunque, ella mai si sarebbe impegnata a cercare glorificazione per sé senza un invito esterno in tal senso, senza una richiesta esplicita di resoconto su quanto accaduto: perché ove anche non avrebbe reso propria una qualche iniziativa, nella ricerca di glorificazione personale, neppure ella avrebbe mai celato quanto compiuto, consapevole di come, nonostante tutto, mille e una versioni differenti sarebbero state rielaborate a partire dalla sua cronaca e altre mille e una versioni sarebbero state in suo esplicito contrasto, a negare tutto quello che ella avrebbe potuto dire e, persino, non dire.
Quella, del resto, era da sempre la sua vita, la sua quotidianità, ed ella, in mezzo secolo di vita, aveva appreso le regole del gioco, rendendole proprie. E concedendo probabilmente ragione al mai meglio identificato saggio di Hyn, Guerra avrebbe potuto dichiarare, con assoluta sicurezza, come la virtù avrebbe dovuto essere riconosciuta qual mediana fra l'arroganza e la modestia: se l'arroganza, infatti, non le avrebbe concesso alcuna possibile credibilità nel confronto con il mondo; al tempo stesso la modesta non le avrebbe riservato alcuna speranza di riconoscimento per le proprie azioni, per le proprie imprese. E per una mercenaria desiderosa di esercitare la propria professione, non semplicemente necessario, ma addirittura obbligatorio sarebbe stato riservare giusto spazio alla promozione delle proprie gesta, affinché vi potesse essere ragione, per nuovi mecenati, di ricercare il suo intervento nelle proprie questioni.

« Comunque sia… » riprese voce verso la testa appesa alla sua mano destra « Non hai mai sentito parlare di un certo Desmair, non è vero? Né conosci un tal dio Kah, immagino… è corretto? » lo interrogò nella lingua franca vigente all'interno dell'intero Impero.

A prescindere dalla necessità di promuovere il proprio nome, comunque, Guerra non avrebbe mai esposto in pubblico determinati aspetti della propria vita, determinate vicende del proprio passato, prima fra tutte quella che, in un fittizio dialogo con il proprio ipotetico compagno di ventura, aveva appena citato. Alcuna ragione, dopotutto, ella avrebbe potuto individuare tale per cui discorrere in pubblico, o anche in privato, del proprio matrimonio con Desmair, e, ancora, del proprio conflitto con Anmel, paradossalmente acquisita qual suocera in conseguenza di tale unione, le avrebbe potuto offrire un qualunque beneficio. Perché ove l'insorgere di canzoni e ballane nel merito di determinate storie, di alcune sue avventure, era sempre stato gradito e utile alla sua carriera, alla crescita della sua fama e della sua gloria; la diffusione di informazioni riguardanti un vincolo importante qual quello matrimoniale con un demoniaco semidio l'avrebbe troppo facilmente resa suscettibile ad accuse di stregoneria… nel migliore dei casi. E non avrebbe avuto vantaggi a farsi additare qual strega, ove, in effetti, ella stessa era solita dare la caccia a simili, poco raccomandabili, soggetti.
Una caccia, dopotutto, non dissimile a quella che anche in quel momento stava compiendo, ove porsi all'inseguimento di una coppia di gatti mannari con il debole per la carne umana, o di una coppia di negromanti o stregoni con il vizio del sacrificio umano, non avrebbe comportato per lei particolari differenze… salvo che i secondi avrebbero potuto evocare creature di ogni genere per ostacolarla.
Creature come un oni.

Nessun commento: