11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 4 agosto 2013

2022


« C’è stato un tempo in cui ho apprezzato la tua capacità, madre, a reinterpretare la realtà secondo i tuoi interessi, in accordo con i tuoi desideri e i tuoi piani… » le riconobbe il semidio, nel corpo dello shar’tiagho, non trascurando nel mentre di tale asserzione di prestare cura alla propria incolumità, in uno sforzo non banale e non scontato, almeno dal suo punto di vista, così come a quella dei propri compagni di ventura, in un impegno non maggiormente naturale rispetto all’altro « Quella stessa capacità che ti permette ora di credere veramente che possa essere tuo viscerale desio quello di distruggere questa donna, ignorando quanto la realtà dei fatti sia all’antitesi di una simile interpretazione. »
« Perché, al contrario di quanto tu sembri tanto ansiosa di voler dimostrare, a te stessa e al mondo intero, non ha da essere riconosciuta quale tua prerogativa la sua distruzione ma viceversa: in ella, infatti, è proprio tutto ciò che può essere in grado di porre fine a ogni tua ambizione, a ogni tuo piano di dominio, su questo e su ogni altro mondo. E tutti lo sappiamo. » riprese e subito puntualizzò, correggendo il senso della frase da lei appena pronunciata e, in ciò, la sua interpretazione, prima che le fosse concessa una qualche altra occasione di intervento a tal riguardo « Lo so io. Lo sai tu. E lo sa bene persino quel vecchio uccello di fuoco, che a questo scontro ha indirizzato i passi di questa donna che solo per un semplice scherzo del destino, della sorte, nonché per la propria ostinazione, è divenuta mia moglie. Forse la mia ultima moglie. Un cammino,  il suo, che non può neppure essere più considerato qual un futuro, nell’essere ormai divenuto presente. Un cammino, ancora, che presto sarà un mero ricordo passato, del tutto privo di valore. Così come ogni tuo sforzo per tentare di negarlo… »

Una dichiarazione, quella che Desmair volle rendere propria, che nel confronto con un testimone superficiale, uno spettatore poco attento a quegli eventi e ai loro sviluppi, avrebbe potuto apparire quale una facile provocazione, un intento retorico nei suoi riguardi, senza la benché minima speranza di successo, senza la più elementare possibilità di presa sulle emozioni di una madre a lui del tutto avversa, da sempre e per sempre, non per una qualche, effettiva, ragione, ma forse, e solamente, per un semplice, e del tutto immotivato, disinteresse alla sua esistenza, nel non averlo mai riconosciuto qual nulla di più di un danno collaterale nel percorso che le aveva permesso di arrivare al potere di cui allora faceva sfoggio, nel legarsi in maniera estremamente intima, carnale addirittura, all’essenza di un dio, per quanto minore, e ormai defunto, quale era stato il dio Kah. Una dichiarazione, ciò non di meno, che egli non osò neppure per un istante supporre qual gratuita o retorica, ma che studiò attentamente, persino nei propri semplici tempi, nella propria mera cadenza, al fine di potersi considerare certo di ottenere il massimo effetto nei confronti proprio di quella donna, sua madre, che, primo fra tutti, avrebbe potuto vantare di conoscere, e di conoscere alla perfezione: tanto, per lo meno, dal potersi dire certo che ella non avrebbe potuto tollerare delle accuse rivolte a un illusorio fraintendimento, a una fraudolenta distorsione, della realtà, né, tantomeno, a una consapevolezza in tal senso condivisa addirittura e in accettabilmente tanto con lui, quanto e peggio con la fenice, la Portatrice di Luce, che, in sé, incarnava da sempre il principio opposto a quello dell’Oscura Mietitrice.
Così, a dispetto dell’eventuale aspettativa dei meno attenti, Nissa Bontor non si riservò alcuna reazione di moderato sdegno nei suoi confronti, preferendo, al contrario, esplodere violentemente in sua replica, in sua risposta, lasciandosi trascinare, per lui in maniera tutt’altro che inattesa, dalle proprie emozioni, e da tutta la propria mai perduta umanità. Quella stessa umanità che, tuttavia, allora avrebbe potuto costarle una vittoria in principio a dir poco implicita e, nonostante tutto, ormai, ben lontana dal potersi considerare non soltanto ovvia ma, forse e addirittura, realmente possibile.

« Figlio ingrato. Cane maledetto capace soltanto di mordere la mano di colei che ti ha messo al mondo e ti ha nutrito. Ignobile creatura, indegna della vita che ti è stata donata e pur, a essa, così fermamente aggrappato da esserti spinto, addirittura, a questa ridicola pantomima, nel ricercare rifugio nel corpo dell’uomo amato da colei che chiami moglie e che come marito, chiaramente, non ti ha mai onorato. » scandì, furente, nel ripiegare nuovamente il proprio scettro, il proprio tridente, in una posizione parallela al suolo e, nel compiere ciò, indirizzandone la punta verso il proprio diretto interlocutore, allora completamente dimentica della stessa donna guerriero di cui pur stava ancora parlando, a cui pur stava ancora offrendo riferimento, per concentrare il proprio interesse, la propria attenzione e la propria furia in direzione di quel nuovo obiettivo, un obiettivo che, nelle sue intenzioni, sarebbe rimasto tale ancora per poco « Il sangue di tuo padre ti ha sempre protetto dalla violenza dei nostri attacchi. E benché noi abbiamo tentato in ogni modo di ucciderti, ancora appena nato, ogni nostro espediente si è rivelato totalmente inutile, terribilmente vano! » rievocò, a dimostrazione di quanto mai, in lei… in Anmel, quantomeno, non vi fosse mai stato alcun pur vago sentimento di amore materno nei suoi confronti, non fosse mai stata vittima di un qualche legame emotivo nei riguardi di colui che pur, oggettivamente, era suoi figlio, un figlio da lei non soltanto inizialmente desiderato ma, anche e addirittura, ostinatamente cercato.
« Tuttavia, ora, quel sangue non ti protegge più. La tua immortalità è stata revocata per mano di colui alla quale avresti dovuto rivolgere tutta la tua gratitudine per essa. » continuò, mentre una nuova, incredibile carica di energia nera si iniziò ad accumulare sulla triplice estremità della sua arma, preludio di un attacco che, allora, sarebbe stato completamente dedicato al figlio ormai disconosciuto, ripudiato, per quanto impossibile sarebbe stato per una madre negare il proprio ruolo nel suo concepimento « E per nostra mano, ora, anche l’ultimo barlume di vita a cui ancora ti stai ostinando a stringere in maniera indegna del tuo nome e del tuo retaggio, ti sarà sottratto. Perché il tuo nuovo corpo, figlio, non tornerà integro dopo che l’avremo cancellato dal’’esistenza stessa! » concluse, confermando in quelle parole quanto già reso sufficientemente palese dai suoi gesti e, ancora, quella propria condanna a morte che già aveva formulato un anno prima, il giorno in cui aveva richiesto al proprio divino amante di liberarsi definitivamente di quell’inutile fardello, di quell’osceno ingombro che in misura inaccettabile stava riuscendo a interferire con i suoi piani, con le sue ambizioni, malgrado l’esilio impostogli al di là della medesima realtà.

E se, probabilmente, quell’aggressione, quell’offensiva, sarebbe stata in grado di compiere quanto promesso, nell’eliminarlo in termini radicali dal regno dei vivi al quale neppure l’intervento del dio Kah era stato in grado di separarlo, nell’annichilire, senza alcun particolare impegno, il corpo mortale di Be’Sihl, ultimo ed estremo suo rifugio; tale occasione non le venne mai concessa, non le venne mai garantita, nel disperdersi di tanta energia distruttiva, di tanta dirompente forza assassina, non in contrasto a quelle membra mortali, quanto e piuttosto verso il nulla sopra di loro, verso il vuoto cielo imperante sopra le loro teste, là dove, per quanto letale, quel raggio di morte non sarebbe mai stato in grado di pretendere alcuna vita, di richiedere alcun sacrificio, né umano, né non.
Un cambio repentino di obiettivo e di traiettoria, che non ebbe a dover individuare propria ragione in un estremo mutamento d’opinione o di iniziativa da parte della stessa sovrana di Rogautt, altresì allora e ancora convinta, con tutta la propria volontà, a spazzare irrimediabilmente quell’essere dal Creato; ma che ebbe a essere straordinariamente giustificato dall’intervento di colei che, in tutto ciò, era stata imprudentemente posta in secondo piano, era stata estemporaneamente accantonata, qual priva di importanza o di valore, salvo, tuttavia, non essere né l’una, né l’altra, né desiderando potersi vedere additata qual tale. E di ciò, ella, Midda Bontor, non mancò di riservarsi occasione di precisazione, di puntualizzazione, nel desiderio, forse infantile o forse soltanto umano, di aggiungere al danno, da lei in tal modo già subito, anche la beffa, e la beffa derivante dalla consapevolezza di quanto ciò fosse accaduto soltanto per propria indiretta responsabilità, laddove se solo non si fosse concessa di distrarsi, non le avrebbe garantito una simile, straordinariamente propizia, opportunità…

« Errore da principiante, sorella cara! » sorrise, seppur in maniera estremamente tesa, nel mostrarsi lì, inaspettatamente, con la propria ascia di battaglia puntellata al di sotto del tridente della controparte, a spingerne la punta verso l’alto, così come, un solo istante prima, aveva permesso a Be’Sihl, e indirettamente anche a Desmair, di sopravvivere « E, giusto per non trascurare nulla… giù le mani dal mio uomo! Questa volta, per davvero! »


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