11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 23 febbraio 2017

RM 053


« No… » sussurrò la giovane, sentendo gli occhi colmarsi di lacrime a quell’idea, e nel ritrovarsi, proprio malgrado, posta innanzi alla consapevolezza di quanto, purtroppo, ancora una volta… per l’ultima volta… la propria mentore avesse ragione, così come, in quegli ultimi dodici mesi, in quelle stagioni trascorse insieme, mai una volta aveva mancato di avere.
« Devi uccidermi, Madailéin. » le ordinò, o, forse, la supplicò, in una sottile linea d’ombra, fra tali interpretazioni, per la quale difficile sarebbe stato definire la correttezza di un’interpretazione piuttosto che di un’altra « Devi distruggermi prima che io possa distruggere tutto il tuo mondo… » insistette, in tal senso riferendosi, allora, non tanto all’intero pianeta a loro circostante, quanto, e piuttosto, al padre, alla gemella, al compagno della sua interlocutrice… a tutti coloro che, per lei, costituivano il proprio mondo e che, certamente, avendone l’occasione, Anmel non avrebbe allor risparmiato per infliggere ancor più sofferenza a quella versione alternativa della propria principale avversaria « Devi farlo tu, perché io, da sola, non posso… o, credimi, lo avrei già fatto! »

Maddie non poteva, non voleva, accettare tutto quello. Solo un’ora prima, la sua ansia maggiore avrebbe avuto a doversi considerare destinata al livello di cottura del ripieno del pollo, nell’incertezza di aver saltato a sufficienza le patate, i fegatini di pollo e le olive in padella prima di farcire il piatto principale della serata e di infilarlo in forno, per lasciar concludere a quest’ultimo il lavoro. E, così, in maniera terribilmente repentina, assolutamente imprevista e, obiettivamente, imprevedibile, per la seconda volta nella sua esistenza il destino, gli dei, o chi per loro, stavano pretendendo da lei che rinunciasse impotente a una figura materna qual, per quanto assurdo tutto ciò avrebbe avuto a dover essere considerato, Midda era comunque divenuta, in quell’ultimo anno, per lei.
L’incidente automobilistico l’aveva privata della madre; il morbo cnidariano l’avrebbe allor privata della propria protettrice, mentore e maestra d’arme… e, in tutto quello, ella avrebbe dovuto non soltanto accettare di restare immobile a osservare, quanto, e ancor più assurdo, avrebbe dovuto intervenire, e intervenire in prima persona, al solo, terrificante scopo di eseguire, ella stessa, tale condanna già sancita da altri? Quale folle sadismo, qualche insensata perversione avrebbe mai potuto accanirsi a tal punto a suo discapito in maniera tale da negarle, addirittura, il mero ruolo della vittima nel pretendere, da lei, quello del carnefice? Con quale forza, con quale assoluta mancanza di sentimenti, avrebbe potuto anche solo immaginare di accettare di terminare in maniera tanto arbitraria, sì razionale, assurdamente calcolata l’esistenza di colei a cui doveva tanto, forse addirittura doveva tutto, nel non averle donato forse la vita, così come era stato per la sua genitrice, e, ciò non di meno, nell’averle concesso di poter iniziare, realmente, ad apprezzare la propria vita, il dono straordinario e meraviglioso che, per tanto tempo, per troppo tempo, aveva così stolidamente sprecato, senza neppure rendersene realmente conto?
No. Non avrebbe mai potuto rivoltarsi in tal maniera contro di lei, neppure nel momento stesso in cui, a chiederlo, era proprio ella stessa. Avrebbero dovuto trovare una soluzione. Avrebbero dovuto trovare un’altra soluzione… qualcosa che non prevedesse né la morte di Midda né, tantomeno, l’eventualità in cui fosse lei stessa a doverla uccidere.

« Deve esserci una cura… dobbiamo cercarla… dobbiamo trovarla… e tutto andrà a posto. » sancì, in termini che, probabilmente, avrebbero avuto a doversi riconoscere non dissimili da quelli propri di un bambino posto per la prima volta nella sua vita di fronte all’evidenza che, non sempre, le cose possono essere aggiustate, e, in questo, incapace ad accettarlo, incapace a scendere a patti con la dura realtà propria di quanto, al di là di ogni desideri, di ogni capriccio, di ogni pianto, quanto perduto non avrebbe potuto essere recuperato « Tu sei la Figlia di Marr’Mahew! Tu hai combattuto contro ogni genere di mostro! Non puoi essere sconfitta per così poco… non puoi morire per un semplice graffio… »
« Maddie… non capisci… » gemette l’altra, cercando di muovere un passo in direzione della rastrelliera e, in ciò, semplicemente crollando al suolo, cadendo violentemente in ginocchio di fronte all’altra, straziata, nella profondità del proprio corpo, delle proprie viscere, da un dolore come alcuna vocabolo coniato da mortale avrebbe mai potuto adeguatamente descrivere « … è come se io fossi già morta… e fra pochi minuti lo sarò per davvero, lasciando il posto all’orrore che prenderà il controllo del mio corpo e agirà al solo scopo di trasformare, qualunque osceno piano alla base di tutto ciò, in realtà. »
« Sei tu che non capisci… » si sentì sul punto di scoppiare in lacrime l’altra, osservandola in un misto di terrore e disperazione « Dopo tutto ciò che tu mi hai insegnato… dopo la vita che tu mi hai donato la possibilità di iniziare a vivere, laddove prima neppure la immaginavo possibile… come puoi credere che io possa ubbidire a questa tua richiesta di morte? »
« Madailéin… se mai mi hai offerto la tua stima… il tuo affetto… il tuo rispetto… la tua fiducia… ti prego… ti prego… uccidimi ora. » la implorò, ormai apertamente, qual ultimo desiderio di una condannata a morte, l’ultima concessione a chi, già, destinato inoppugnabilmente al trapasso « Non permettermi di ucciderti… o, peggio, di uccidere Jules, Nóirín o Eliud… o chiunque altro a te vicino. Non permettermi di divenire una mera marionetta nelle mani di Anmel… non farmi morire da schiava… io che per tutta la mia vita ho cercato, sempre e comunque, di porre la libertà a fondamento di ogni mia azione, di ogni mia decisione… »

Razionalmente, Maddie sapeva cosa avrebbe dovuto compiere. Al più, in quel mentre, avrebbe potuto dirsi incerta su come compierlo, su come riuscire non tanto a uccidere Midda, quanto e piuttosto a impedire alla creatura che sarebbe nata in conseguenza al contagio subito di risollevarsi da terra, nell’aver dimostrato, già un anno prima, grande tenacia, incredibile resistenza agli attacchi inferti. Razionalmente la sua attenzione, quindi, avrebbe avuto tutt’al più a doversi concentrare non sul perché, sul se o sul quando, quanto e piuttosto sulle modalità in cui ciò avrebbe avuto a dover avvenire.
Tuttavia, al di là di quello straordinariamente intenso anno di allenamento, e al di là della propria natura, di quella propria innata predisposizione ad affrontare con mente analitica le situazioni a sé circostanti, Maddie non avrebbe potuto ignorare il contesto a contorno di quella certezza, di quel come, psicologicamente ancora arrestata sul perché. Giacché ella non desiderava agire in quella direzione, non desiderava accettare l’apparente ineluttabilità di quel fato e, al di là di tutta la straordinaria stima, di tutto l’incalcolabile affetto, del saldo rispetto e della ferma fiducia che ella aveva sempre provato nei riguardi di quella propria versione alternativa, mai, comunque, realmente vista soltanto come tale, ella non era in grado di accettare di dover porre in essere la sentenza da lei stessa emessa.

« … troveremo il modo… » pianse, apertamente, straziata nel proprio stesso io, nel profondo del proprio animo, in quella disperazione considerandosi pronta, ove necessario, a rischiare ella stessa la sua vita, il suo avvenire, per non essere costretta a uccidere la propria amica.

Purtroppo per la giovane dai rossi capelli color del fuoco e dagli occhi azzurri color del ghiaccio, in quell’occasione, in quel contesto, nessuna lacrima avrebbe potuto rimediare alla situazione, risolvere il problema, e, in ciò, esserle realmente di aiuto. Perché, per quanto ella avrebbe potuto gridare tutta la propria pena, il destino di Midda Namile Bontor era ormai segnato… così come, nelle proprie ultime parole, la sua mentore volle esprimere, insieme al suo, allor, più grande rimpianto.

« Se mai… ti sarà concesso il modo… di incontrare i miei figli… mio marito… » rantolò, piegata a terra, con sguardo ormai annebbiato, incapace a cogliere, realmente, il mondo circostante « … di’ loro che mi dispiace… e che… li ho sempre amati… per quanto non sia stata in grado… di dimostr… »

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