11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 9 aprile 2017

RM 098


« Vogliamo parlamentare! »

Parole estremamente semplici, quasi banali, furono quelle che ebbero a risuonare all’interno dell’edificio nel momento in cui Guerra e i suoi fratelli e sorelle d’arme ebbero a raggiungere il terzo livello inferiore, dopo che, nei primi due, alle proprie spalle avevano lasciato soltanto sangue e morte.
Per quanto, ancora, di Carsa e Lys’sh non avessero trovato traccia, Midda e i suoi commilitoni avevano già ripulito ben due piani senza incontrare particolare opposizione e, soprattutto, senza riportare particolari danni: Ja’Nihr era stata tagliata superficialmente sul braccio destro e Heska aveva riportato poco più di un graffio in corrispondenza della spalla sinistra, al pari di Ma’Vret e Be’Wahr, entrambi lievemente feriti a una coscia, l’una alla mancina, l’altro alla destra. Ma, al di là di quei banali danni, riconducibili a qualcosa di comunque ampiamente sotto la normalità, nel confronto con una battaglia cruenta qual avrebbe avuto a doversi pur considerare quella di cui erano lì protagonisti, nessun altro danno aveva coinvolto alcun membro del gruppo. O, per lo meno, alcun altro danno duraturo, giacché, in verità, per Salge avrebbe potuto finire molto male se solo non fosse stato per l’intervento di Desmair, il quale, a ovviare a un tentativo volto a conficcare un lungo pugnale nella schiena dell’uomo, cogliendolo a tradimento, aveva allor schierato la propria stessa mano destra, accogliendo in essa la lama destinata al compagno e, in ciò, vedendosi trapassato da parte a parte prima di schiantare, sotto l’azione della propria ascia, l’avversario. Una ferita, quella in tal modo subita dal flegetauno, non priva di dolore ma, al contempo, priva di conseguenze, giacché era per lui stato sufficiente strapparsi, con l’ausilio dei denti, il pugnale dal centro della mano, per sentire il proprio straordinario potere entrare in azione, iniziando a rigenerare i tessuti danneggiati e, di lì a breve, restituendogli l’estremità destra così come se nulla fosse mai accaduto.
Trovando qualcuno fra loro, allora, persino deluso da quell’annuncio, da quel tentativo volto, forse, alla stipulazione di una tregua solo dopo due piani di carneficina, dimostrazione di quanto, al di là della fama, e della strage imperdonabile occorsa presso la dimora di Brote e Midda, la Loor’Nos-Kahn avrebbe avuto a dover essere rivalutata in negativo nel proprio indice di pericolosità; il gruppo di mercenari ebbe a scambiarsi una rapida sequenza di sguardi prima di accettare di arrestarsi estemporaneamente, in tal senso sospinti da un cenno affermativo da parte di Nissa Bontor, la quale, ancor prima della propria gemella, ebbe ad approvare l’idea di quel momento di confronto verbale, fosse anche, e soltanto, per concedere anche a Carsa e Lys’sh, ovunque esse fossero, di beneficiare degli effetti di quell’estemporanea battuta di arresto. E anche Midda, che al contrario della sorella avrebbe avuto a dover essere inclusa all’interno del conteggio di coloro delusi da quella richiesta, non accettò di abbassare estemporaneamente la spada, ma non la guardia, non riuscendo a ovviare a dimostrare un certo rammarico per la decisione così presa, pur non mancando di condividerla, fosse anche e soltanto nel rispetto e nella fiducia per la propria pari e parente.

« Sono disposta ad ascoltare i termini della vostra resa. » sancì Guerra, lasciando tuonare la propria voce nell’aria in misura tale che essa ebbe quasi a risuonare ancor più chiara rispetto al primo messaggio, lì pur diffuso attraverso l’ausilio di mezzi elettronici « Palesatevi. »

A quell’invito, un gruppo di una trentina di uomini armati di cannoncini al plasma fecero la loro comparsa, circondando rapidamente il commando di mercenari: una mossa audace, la loro, e pur non così sconsiderata, nel prendere in esame la profondità a cui quel terzo livello si trovava nei confronti della superficie e nel giudicare quanto improbabile, in tal contesto, avrebbe avuto a dover essere considerata l’eventualità nella quale, un colpo sparato fuori controllo, avrebbe potuto superare ben due livelli sopra le loro teste fino ad arrivare a danneggiare l’integrità strutturale dell’edificio sul fronte più esterno, quello a confronto con il vuoto siderale.
Benché, in tal maniera, ritrovatisi a essere circondati da un numero a loro tre volte superiore e meglio equipaggiati, i fratelli e le sorelle d’arme delle gemelle Bontor non offrirono la benché minima evidenza di preoccupazione, nell’essersi, proprio malgrado, già ritrovati in passato anche in condizioni peggiori. E, anzi, nessuno fra loro ebbe neppure a muoversi, a reagire a quella minaccia, nella cieca fiducia nei confronti della loro ispiratrice, della loro guida, certi che, al momento opportuno, avrebbero allora potuto agire, e agire allo scopo di proseguire nel sistematico sterminio di quella gente.

« Strano modo di parlamentare, voi della Loor’Nos-Kahn. » si limitò, semplicemente, a constatare Howe, storcendo appena le labbra verso il basso, nell’osservare i loro avversari.
« Spero possiate comprendere che, dopo la dimostrazione di forza da voi fornita, vi sia per noi necessità di contenere i danni, per quanto possibile. » replicò, per tutta risposta, un’altra voce maschile, la stessa che aveva richiesto quell’occasione di dialogo, questa volta, tuttavia, provenendo non da un altoparlante, quanto e piuttosto da dietro quella schiera di uomini armati.

Facendosi largo fra due compagni, il proprietario di quella voce ebbe a palesarsi innanzi agli sguardi dei propri ipotetici prigionieri, così come, in quella particolare situazione, avrebbero potuto essere facilmente fraintesi, sebbene, nella quiete che pur dominava la scena, soprattutto sul fronte dei mercenari, in opposizione all’agitazione che, altresì, in maniera chiara dominava le fila delle guardie armate, difficile sarebbe stato considerare questi ultimi quali secondini e non, piuttosto, quali i veri prigionieri della situazione.

« Mi chiam… » tentò di continuare a parlare l’uomo così comparso, salvo ritrovarsi, allora, repentinamente interrotto dalla voce di Guerra.
« Credi che mi possa importare veramente il tuo nome…? » lo arginò ella, scuotendo vigorosamente il capo « O che mi possa importare quello che pensi, quello che desideri, o quello che speri per il futuro tuoi e di questa altra carne da macello…? »
« Non è molto cortese interrompere le persone, quando parlano. » osservò l’anonimo interlocutore, contrariato dall’essersi ritrovato così posto a tacere dalle domande, chiaramente retoriche, della donna in piedi a pochi passi da lui.
« Appunto. Quindi non interrompermi. » decretò Midda, arricciando le labbra con espressione nauseata da tutto quello, quasi essere lì avesse a doversi considerare per lei uno sgradevole obbligo, un’imposizione di cui ella avrebbe fatto volentieri a meno « Vi ho concesso possibilità di parlamentare per esporre i termini della vostra resa. Ma le vostre ignobili azioni, ancora una volta, si dimostrano in grado di esprimere meglio di molta vana retorica quanto desideriate ottenere. »
« La vostra morte…? » commentò l’altro, stringendosi fra le spalle a quella constatazione obiettivamente ovvia « Dopo il massacro di cui vi siete resi protagonisti, credo che potrete comprendere le nostre ragioni. »
« Oh, no. No, mio caro. » scosse il capo la donna, escludendo categoricamente almeno una parte della frase rivoltale, così come ebbe subito a chiarire « Quello che voi avete veduto, non è stato ancora un massacro. » dichiarò, socchiudendo appena gli occhi, mentre all’interno delle sue iridi color ghiaccio le nere pupille si strinsero alle dimensioni di una capocchia di spillo, quasi scomparendo in quella fredda immensità « Quello di cui voi sarete protagonisti… quello, sì, sarà un massacro. »

E se, nell’ascoltare quelle parole, non uno fra gli uomini armati all’interno di quello spazio, di quell’area, poté ovviare a sentire un brivido risalire rapido lungo la propria colonna vertebrale, il senso delle medesime ebbe a chiarirsi prima ancora che il loro portavoce, qualunque fosse il suo nome o ruolo, potesse offrire loro l’ordine di aprire il fuoco. Perché, anticipandolo, i fratelli e le sorelle d’arme di Guerra esplosero all’unisono, senza alcun bisogno di un esplicito ordine, in una violenza prima neppur immaginabile.

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