Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
giovedì 14 novembre 2019
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Avventura
060 - La resa dei conti
Un’immagine, quella propria della donna da dieci miliardi di crediti, che non avrebbe potuto risultare quanto di più distante da quella della guerriera che, abitualmente, le sarebbe stata propria. E, in effetti, anche dai colori che, abitualmente, le sarebbero stati propri.
Al ghiaccio naturale dei suoi magnifici occhi, e di quegli occhi che i più non avrebbero potuto ovviare a temere, benché in molti non avrebbero potuto mancare di desiderare, e desiderare essere posti nella condizione di amare, in quel frangente, avrebbe avuto a doversi riconoscere un anomalo verde, e un verde smeraldo conseguenza all’applicazione di una coppia di lenti, che, già da solo, avrebbe avuto necessariamente a modificare in maniera radicale l’immagine per lei propria, non migliorandola, né peggiorandola, in verità, quanto e piuttosto mutandola nel concederle un’aria quasi esotica, per quanto, razionalmente, fra il proprio azzurro chiaro, e quel verde, qualcuno, avrebbe anche potuto obiettare non avesse a dover intercorrere poi chissà quale incolmabile lacuna. Una non così marcata distanza cromatica, quella propria dei suoi occhi, accompagnata per l’occasione da un non più marcato cambio di colore per i suoi capelli, al rosso fuoco dei quali, in grazia all’applicazione di una splendida parrucca, venne così sostituito un lungo, lunghissimo manto castano-biondo, e un manto elegantemente intrecciato dietro la sua nuca a mantenere quei tre piedi buoni di finissimi fili dorati in perfetta piega, affinché non avessero a poter obnubilare la sua figura, né, tantomeno, a ostacolare i suoi movimenti, oltre, indubbiamente, ad aggiungere una certa eleganza e sensualità all’immagine da lei così offerta.
E se occhi e capelli, così, non mancarono di essere falsati nella propria colorazione, in grazia alla sapiente applicazione di artifici mai prima collaudati da colei che proveniva da un mondo nel quale nessuno avrebbe mai potuto immaginare di infilarsi volutamente qualcosa negli occhi, a meno di non voler cercare una stolida, e non scontata, occasione di suicidio; l’operazione più importante, più impegnativa e, francamente, meno ovvia nel proprio risultato alla quale ella aveva lì avuto a doversi sottoporre dietro l’invito delle proprie amiche, era stata quella di una completa rivoluzione della tonalità della propria carnagione, sostituendo alla sua splendida epidermide eburnea, delicatamente adornata da spruzzate di efelidi sparse lungo tutto il suo corpo, un incarnato decisamente più intenso, addirittura vagamente bronzeo, per così come mai ella aveva avuto occasione di sfoggiare in vita sua, neppure negli anni in cui aveva trascorso la propria vita qual marinaio, solcando le immense distese dei mari del proprio pianeta natale e pur mai avendo possibilità d’abbronzarsi. E quel diverso colore, quel colore quasi prossimo a quello che per Mars avrebbe avuto a potersi riconoscere naturale, su di lei non poté così che apparire ancor più alieno rispetto a quanto non avrebbero potuto essere, da soli, i suoi occhi o i suoi capelli, completando un quadro d’insieme a dir poco esotico…
« Ma come accidenti hai fatto a colorarti così…?! » domandò sorpreso Howe, originario del suo stesso pianeta natale e, lì fra le stelle, da ancor troppo poco tempo per potersi considerare confidente con le straordinarie possibilità offerte dalla tecnologia, o per poter rinunciare all’impiego del traduttore automatico, per avere la possibilità di relazionarsi con le altre persone « Non sembra trucco… » osservò, avvicinandosi maggiormente a lei per studiarne meglio l’aspetto, francamente incuriosito da quanto, ai suoi occhi, avrebbe potuto risultare decisamente prossimo all’effetto di una stregoneria.
« Il trucco c’è… e parecchio anche. » sospirò la donna, ripensando alle ultime quattro ore, tanto le era costato quel cambio radicale di aspetto « Ma ti assicuro che non mi riusciresti mai a credere se ti dicessi che la maggior parte del colore mi è stato addirittura spruzzato addosso! »
« Idea mia! » ebbe a vantarsi Rín, facendo capolino insieme a Rula dalla stanza dove avevano appena finito di aiutare l’amica a rivestirsi « Nel mio mondo, e ancora è stranissimo dire una frase simile, è una tecnica andata parecchio di moda qualche anno fa… non che l’abbia mai personalmente provata! » spiegò, offrendo riferimento al proprio pianeta natale, e a quel pianeta natale che, per lei e per la propria gemella Madailéin, avrebbe avuto a doversi riconoscere collocato addirittura in un diverso piano di realtà rispetto a quello, in un’altra dimensione dell’infinito multiverso.
Che, in aggiunta all’abbronzatura così applicata alla carnagione della donna guerriero, e applicata in maniera integrale e uniforme a tutto il suo corpo, avesse allora a doversi riconoscere, per sua stessa conferma, anche un largo impiego di trucco, avrebbe avuto a risultare evidente nella contemplazione del suo volto e delle sue braccia, e quel volto e quelle braccia che, abitualmente, più di qualunque altra parte del suo corpo avrebbero avuto a sfoggiare evidenze concrete della sua storia passata, e che, pur, in quel momento, sarebbero risultate incredibilmente rinnovate nella propria parvenza estetica.
Il suo viso, in primo luogo, da oltre venticinque anni avrebbe avuto a poter vantare una lunga cicatrice, uno sfregio conseguenza di un colpo di spada a lei inferto dalla propria defunta gemella Nissa in corrispondenza al proprio occhio sinistro: una lunga cicatrice che, da sempre, ne deturpava quindi il volto, ne offendeva l’altrimenti più obiettiva beltade, e alla quale, pur, mai ella avrebbe rinunciato, in quanto parte della propria storia, parte della persona che ella era e che mai avrebbe voluto smettere di essere. Una lunga cicatrice, la sua, che in quel momento, in grazia al sapiente lavoro di Rula, era stata completamente eliminata dal suo volto, al pari delle efelidi lì atte a offrirle abitualmente un’aria quasi sbarazzina, per lasciar apparire, quindi, integro il suo viso, e quel viso al centro del quale i suoi grandi occhi e le sue carnose labbra non avrebbero potuto che risaltare in grazia all’attenta cura della sua amica, che lì aveva applicato colore nella giusta misura a enfatizzare la sua bellezza senza, in ciò, declinarla nella volgarità di un trucco eccessivamente marcato e, quindi, immediatamente visibile.
« E il tuo braccio…? » domandò ancora Howe, osservando il suo destro non privo di una certa gelosia a tal riguardo, laddove, proprio malgrado, egli stava ancora attendendo l’occasione utile a sostituire il proprio perduto sinistro con una protesi degna di tale nome, in luogo all’inerme armatura dorata con la quale si stava ormai accompagnando da qualche anno « E’ nuovo…?! »
« Ma no… è sempre lo stesso! » scosse il capo la donna, in risposta al dubbio sollevato da Howe, levando la mano in questione quasi a dimostrare il senso delle proprie parole e, ciò non di meno, non potendo ritrovare più che giustificata l’obiezione dell’antico alleato, là dove, soltanto le forme perfette di una normalissima mano, e di una mano, per lo più, finemente ornata da lunghe unghie smaltate, non mancò di essere presentata al suo sguardo « … urca… » non poté mancare di soggiungere, rendendosi tardivamente conto della complessità di quanto allor compiuto.
Se già, infatti, il suo viso avrebbe avuto così a risultare evidenza concreta di un’opera straordinaria di rivoluzione estetica, a maggior ragione non avrebbero potuto che sorprendere le sue braccia, e quelle braccia che, più di ogni altra parte di lei, avrebbero avuto a sfoggiare la dualità della sua vita passata. Da un lato ella non avrebbe potuto che essere riconosciuta qual figlia dei mari, per tutta la propria fanciullezza vissuta come marinaio, e come marinaio avendo accumulato sul proprio mancino una ricca, ricchissima sequela di tatuaggi tribali in tonalità di azzurro e blu, tipici della propria cultura natia. E dall’altro ella non avrebbe potuto mancare di essere ricordata qual guerriera, per tutto il resto della propria vita spesasi come avventuriera e mercenaria, in lotta contro uomini e dei, e in una lotta che, comunque sempre per grazia dell’avversione della propria defunta gemella Nissa, l’aveva veduta perdere, inizialmente, metà del proprio destro, dal gomito in giù, salvo, a distanza di quasi vent’anni, veder condotto a compimento il lavoro, e vederlo condotto a compimento nel privarla anche del resto del suo braccio, risalendo sino alla spalla: un braccio perduto, il suo, che, in passato, era stato rimpiazzato dall’arto di un’armatura in nero metallo dai rossi riflessi, animata in virtù di un’oscura magia, e che, in tempi più recenti, lì fra le stelle, era stato altresì sostituito da un arto robotico, in chiaro e lucente metallo cromato. E proprio nel partire, in ciò, da una tanto impegnativa base di lavoro, a dir poco straordinaria non avrebbe potuto che essere giudicata l’opera di Rula e di Rín, le quali, fondamentalmente inguainando entrambe le braccia in un involucro di pelle artificiale, e completando il tutto con l’attenzione propria del più abile fra gli artigiani, erano state in grado di cancellare completamente, seppur solo in apparenza, ogni evidenza di quel suo passato, di quella sua storia e, con essa, anche della sua natura.
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