11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 14 gennaio 2020

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Midda aveva avuto già a che fare con i Progenitori. Anzi. Con un singolo Progenitore e, molto probabilmente, il medesimo che, in quel momento, nel cielo sopra Loicare, stava promettendo la fine di ogni cosa. Ed ella vi aveva avuto a che fare quando questi, ancora debole, si stava riprendendo da un lungo sonno, un sonno forse durato secoli, forse millenni, difficile a dirsi, in grazia al quale, egli, come tutti gli esponenti di quella specie autoproclamatasi con il termine di Primi Eredi, si erano voluti impegnare a trascendere nuovamente i vincoli della mortalità per spingersi oltre, per ritornare, come già in passato, a quello stato di divinità che li aveva contraddistinti quali Progenitori.
Come la donna guerriero, infatti, aveva potuto constatare, in grazia a una serie di visioni proiettate nella sua mente dallo stesso Progenitore, in un’epoca lontana, quand’ancora l’universo avrebbe avuto a doversi riconoscere giovane, la prima civiltà senziente all’interno del tutto era stata proprio la loro. Una civiltà che era cresciuta, si era evoluta, sino al giorno in cui, comprendendo di poter ovviare a sottostare ancora ai limiti della propria carne, avevano deciso di trascendere dagli stessi e di divenire, a tutti gli effetti, degli dei. Dei creatori, i Progenitori come essi stessi si erano voluti poi autoproclamare, che, sparsisi in giro per l’universo intero, si erano divertiti a plasmare l’intero universo per così come ancor conosciuto, con i propri mondi, con tutte le proprie specie e le proprie civiltà, offrendo, per inciso, anche una razionale spiegazione alla vasta presenza, nell’universo, o, quantomeno, in quell’angolo di universo, di specie senzienti e, soprattutto, ricorrenti anche su molteplici pianeti, per così come, prima dell’epoca dell’invenzione dei motori a idrargirio e dello sfasamento quantistico e, con essi,  della conseguente colonizzazione spaziale, non avrebbe avuto altrimenti senso di essere.
Divinità, forse, e tuttavia egualmente vittime di passioni mortali, giunse il giorno nel quale i Progenitori si stancarono del proprio ruolo di dei benevoli, di dei creatori, e iniziarono a cercare nuovi stimoli, nuove sfide, nel combattere fra loro e nello spingere, di conseguenza, i propri domini allo scontro, in qualcosa che, molto facilmente, avrebbe potuto portare ad annichilire quanto pur, nel secoli, nei millenni, nelle ere, era stato creato. In un barlume di lucidità, quindi, i Progenitori scelsero di abbandonare il proprio stato divino per ritornare a essere carne, e per dare origine, in ciò, ai Primi Eredi e, con essi, a una nuova, florida civiltà. Una nuova, florida civiltà, tuttavia, figlia di una colpa originale, di quell’immaturità che, comunque, aveva loro colpito quando ancora erano divinità e che, purtroppo, tornò a presentarsi, un giorno, alle loro porte, riconducendo anche i Primi Eredi al declino, in quell’orrenda ciclicità propria della Storia e, soprattutto, propria della Storia quando questa viene dimenticata, viene ignorata nel proprio valore, nei propri insegnamenti, nei propri moniti.
E quasi ciò potesse rappresentare una soluzione, gli ultimi fra i Primi Eredi vollero imboccare nuovamente la via dell’ascensione, per tornare a essere Progenitori e ritrovare, in tal modo, quel ruolo di dei che pur, un tempo, li aveva contraddistinti. O, quantomeno, aveva contraddistinto le generazioni passate, i loro avi. Un processo non semplice, in un mondo ormai in declino, che li aveva così veduti porsi in stasi, e lì restare sino al giorno in cui, sfortunatamente, una certa donna guerriero dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco aveva deciso di presentarsi alla loro porta, ignorando la realtà dei fatti sino a quando, purtroppo, ormai troppo tardi. Perché se la Storia non aveva poi insegnato nulla ai Progenitori/Primi Eredi, tantomeno essa aveva potuto venire incontro al resto dell’universo, e al resto di quell’universo che, purtroppo, mai aveva avuto realmente coscienza di tutto ciò, e che, semplicemente, aveva tradotto nei propri miti, nelle proprie cosmogonie, quelle antiche vicende, ignorandone la reale natura.
Volendo riservarsi possibilità di dialettico confronto con tale idea, con tale concetto, invero, Midda Bontor avrebbe avuto anche piacere a tentare di capire in quale misura, dall’altra parte dell’universo rispetto a quella, ossia da quella parte per lei natia, da quel mondo nel quale aveva trascorso i primi quarant’anni della propria vita ignorando l’esistenza di qualunque altra realtà al di fuori della propria, l’influenza dei Progenitori avesse avuto realmente giuoco. O, per meglio dire, avrebbe avuto anche piacere a tentare di capire se i propri dei avrebbero avuto a doversi intendere, a loro volta, dei Progenitori e se, in tal senso, anch’essi avevano seguito le sorti dei propri simili, in misura tale per cui, fondamentalmente, con la distruzione del pianeta dei Primi Eredi, distruzione da lei invocata allo scopo di evitare il risveglio di una tanto terrificante minaccia, ella potesse aver, in verità, estinto anche ogni dio o dea dell’intero Creato. Ma, nell’affrontare tale argomento, ella avrebbe quindi avuto anche a doversi riservare una qualche possibilità di riflessione attorno al concetto stesso di dio, domandandosi, laddove i Progenitori avessero a essere riconosciuti quali i propri dei, quali dei creatori avessero a dover essere responsabili per la nascita di quella specie primigenia. E il tutto si sarebbe fatto decisamente complicato…
… molto più complicato di quanto, allora, non avrebbe potuto avere occasione di riservarsi occasione di affrontare, anche e soltanto a confronto con il proprio stesso intelletto. Anche perché, per l’appunto, l’ultimo fra tutti i Progenitori, l’unico sopravvissuto alla strage della quale ella, pur, avrebbe potuto considerarsi corresponsabile, se non, addirittura, orchestratrice, era lì giunto per esigere la propria vendetta. E, stando alle sue parole, non si sarebbe fatto scrupolo di cancellare un intero pianeta, e molto altro ancora, per ottenerla.
Così, con la propria antica spada bastarda stretta nella mancina, e i propri più fedeli alleati e amici attorno a sé, alcuni dei quali addirittura giunti persino dal proprio stesso pianeta natale soltanto allo scopo di poterle essere al fianco in quella che avrebbe avuto a dover essere intesa qual la propria sfida finale contro la regina Anmel Mal Toise; Midda Bontor non poté ovviare a domandarsi, in tutta onestà, cosa mai avrebbe potuto fare in opposizione a una creatura in grado di annichilire miglia e miglia di metropoli, con decine, centinaia di migliaia di vite al proprio interno, in un solo istante, senza alcun apparente sforzo, lasciandoli svanire entro la propria letale luce. E, quasi a volerle offrire allor una risposta, giunse lì imprevista e, del resto, del tutto imprevedibile, la voce della stessa Anmel, che risuonò quasi delicata alla sua attenzione, offrendole la propria visione sulla situazione attuale…

« Sappiamo entrambe che quella spada non servirà a nulla. Può far scena, certamente… e posso anche comprenderne il valore affettivo: ma non ucciderai quel dio semplicemente con una spada. » sancì ella, lì non presente e lì inudita da tutti tranne che da lei, per così come già, in uno scontro precedente, era occorso, forse in grazia a uno dei suoi arcani e certamente pericolosi poteri « Per tua fortuna, però, io potrei avere un’idea… »

Fosse potuta dipendere, quell’intera questione, esclusivamente dai propri capricci, Midda non avrebbe avuto esitazione a rispondere poco piacevolmente a quell’intervento della propria antagonista per eccellenza, colei per dare la caccia alla quale, dopotutto, aveva attraversato l’universo intero sulle ali della fenice, e che per chiudere i conti con la quale, ancora una volta, la sera ormai passata si era spinta sino a Loicare, ritornando là dove la propria avventura siderale aveva avuto inizio.
Ma in quel momento, quell’intera questione, non avrebbe mai potuto dipendere esclusivamente dai propria capricci e, di ciò, Midda ne era terribilmente consapevole. Tanto terribilmente, quantomeno, nella stessa misura in cui, innanzi ai suoi occhi, già una smisurata porzione di quella smisurata metropoli era scomparsa, cancellata dalla Creazione per intervento del Progenitore e, in tal senso, estinta insieme a tutte le innumerevoli vite innocenti che, lì, speranzosamente non si erano neppure potute rendere conto di quanto stesse accadendo, nel sonno entro il quale, forse, stavano avendo ad affrontare quella che avrebbe avuto a dover essere intesa una notte come qualunque altra e che, altresì, era tragicamente divenuta l’ultima notte della loro esistenza.

Così, nella quieta e assoluta consapevolezza di star compiendo un errore a voler offrire qualsivoglia genere di attenzione alle parole della propria antagonista, ella accetto l’idea che Anmel potesse realmente riservarsi un qualche interesse a collaborare con lei, offrendole, in tal senso, quell’interesse da lei in tal maniera così implicitamente invocato: « Ti ascolto… »

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