11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 24 gennaio 2020

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Nóirín Mont-d'Orb era pienamente consapevole di essere, lì, in quel momento e in quel luogo, l’incarnazione vivente del proverbiale pesce fuor d’acqua. Ella, che aveva iniziato a vagare attraverso le infinite pieghe del multiverso soltanto per potersi ricongiungere all’amata sorella Madailéin, non si era mai illusa, neppure per un momento, di potersi considerare nel proprio ambiente naturale, fosse anche e soltanto nella consapevolezza di aver trascorso la maggior parte del proprio tempo, in quegli ultimi cinque lustri, all’interno dei quieti confini del proprio appartamento e, ancor più, della propria camera da letto.
Non che Rín avesse a doversi fraintendere una persona mentalmente o fisicamente pigra.
A livello mentale, ella avrebbe avuto a poter vantare un’intelligenza vivace e curiosa, capace di spronarla continuamente a scoprire cose nuove e a renderle proprie, fossero queste semplici nozioni così come, addirittura, delle lingue straniere, nel confronto con l’apprendimento delle quali, in effetti, aveva sempre dimostrato una straordinaria propensione. Proiettata da pochi giorni, poche settimane, fra le stelle del firmamento, e di quel firmamento per lei completamente estraneo, stava, dopotutto, riuscendo con successo già a prendere confidenza non con una, ma, addirittura, con ben due nuove lingue: il kofreyota, normalmente parlato dal gruppo degli alleati della propria gemella, Howe, Be’Wahr, H’Anel e M’Eu, oltre che dalla stessa Maddie nella necessità, obbligata, di avere a relazionarsi con gli stessi; e la lingua comune altresì in vigore lì fra tutti gli altri loro alleati, e quella lingua comune che pur avrebbe potuto ovviare ad apprendere, nella comodità propria offerta loro dall’impiego di traduttori automatici, utili a sopperire, anche in quel momento, al divario linguistico allor esistente.
A livello fisico, poi, facendo anche e soltanto riferimento alla propria situazione precedente al miracolo occorso nel tempo del sogno, e a quel miracolo che le aveva restituito l’uso delle proprie gambe, ella non avrebbe mai avuto a doversi fraintendere qual indolente in alcun aspetto della propria quotidianità, sempre pronta a muoversi, sempre pronta a mettersi in giuoco, senza che mai, neppure una volta, il confronto fra la propria sedia a rotelle e le infinite barriere architettoniche purtroppo esistenti nella propria città natale avesse, in qualunque maniera, a esserle ragione di ostacolo, di rifiuto d’agire, o, anche e soltanto, di sconforto. E se pur per cinque lustri la sua vita era stata obbligata su una sedia a rotelle, in tale lasso di tempo ella non si era mai negata di vivere nulla di quanto avrebbe potuto o dovuto vivere, trovando sempre occasione di porsi in giuoco forse e persino in misura maggiore rispetto a quanto, un tempo, non avrebbe potuto essere riconosciuta solita concedersi occasione di fare la stessa Maddie, la quale, vittima di quel senso di colpa proprio del sopravvissuto raramente si era concessa una qualche effettiva occasione di attingere a piene mani dal cuore stesso della vita, almeno prima di incontrare Midda, e non quella Midda in particolare, ma un’altra Midda, proveniente da un’altra dimensione e giunta a lei soltanto per salvarla, e per salvarla dalla letale minaccia di un’altra Anmel Mal Toise.
L’evidenza di quanto, quindi, Rín non avesse a doversi fraintendere qual una persona mentalmente o fisicamente pigra, non avrebbe comunque potuto ovviare all’evidenza di quanto, parimenti, la propria consapevolezza e la propria confidenza con tutto quello avrebbe avuto a doversi necessariamente considerare limitata, e limitata in una misura tale per cui, obiettivamente, il fatto che ella non si fosse mai riservata un’opportunità di isteria a confronto con tutto ciò avrebbe avuto a doversi intendere già più che riprova palese della propria forza d’animo. In tutto ciò, ella era tuttavia consapevole che, pur non essendo una guerriera, pur non essendo una combattente, pur non essendo… beh… fondamentalmente nulla, il proprio ruolo, la propria utilità, avrebbe avuto a potersi intendere praticamente inappellabile nel confronto con quella capacità unica di viaggiare attraverso il multiverso e, in particolare, di viaggiarvi in grazia all’accesso al tempo del sogno. Non un dono divino, non una prerogativa di sangue, a dispetto di quanto dall’esterno avrebbe potuto eventualmente essere supposto, quanto e piuttosto il giusto rapporto fra le conseguenze della sorte e il proprio impegno personale, e quell’impegno personale che, dopo un’importante esperienza nel tempo del sogno, e un’esperienza che pur aveva vissuto senza alcun genere di controllo sulla situazione, l’aveva allor veduta voler conquistare quel controllo mancato, e volerlo conquistare con impegno, con convinzione sufficiente da permettersi di prendere e partire, di punto in bianco, per gli antipodi del proprio pianeta natale, andando lì a ricercare, senza alcun credito, senza alcuna reale consapevolezza, un qualche genere di aiuto a tal riguardo da coloro i quali, soli, avevano mai offerto riferimento nel corso della Storia del proprio mondo, al tempo del sogno.
Così ella, figlia di padre francese e madre irlandese, nata e cresciuta qual immigrata in quel del territorio italiano, e priva di qualunque pur lontana discendenza aborigena, aveva avuto la mirabile occasione di apprendere come varcare nuovamente quella soglia già varcata, come attraversare, ancora una volta, le barriere esistenti fra il mondo reale e il tempo del sogno, e, di lì, come accedere non soltanto a un mondo ma, in effetti, a ogni mondo, a ogni realtà, e a ogni realtà propria dell’infinita varietà del multiverso, lasciandosi guidare, in tal senso, dal proprio legame emotivo e spirituale con la propria gemella. E, ora, tale capacità, tale straordinario potere, non avrebbe potuto fare altro che imprigionarla, proprio malgrado, nel ruolo proprio di chi, strega o quant’altro, abile a piegare la realtà secondo i propri scopi… e, in ciò, allora necessariamente obbligata a tentare di giustificare il proprio apparente diniego innanzi a quanto, da un punto di vista esterno, avrebbe avuto a doverle essere riconosciuto qual, probabilmente, una banalità.

« Comprendo come questo non sia esattamente il frangente migliore per dimostrarsi poco collaborativa… » esitò quindi Rín, scuotendo appena il capo e lasciando animare il proprio volto da un sorriso sinceramente imbarazzato, qual solo avrebbe allor potuto essere a confronto con tutto ciò « … ma vorrei che fosse chiaro quanto, purtroppo, io non sia in grado di riportare nessuno nel tempo del sogno ancora per almeno un paio di giorni. » sancì, con un lieve sospiro di sconforto « Se avessi potuto farlo, ci avrei ricondotti già tutti a bordo di quella nave spaziale… e, ora, potremmo star valutando la questione da un punto di vista decisamente meno precario rispetto a quello attuale. »
« Rín… » sorrise Midda, riprendendo voce verso di lei e verso di lei avendo allora ad allungare la propria mancina, a volerle offrire un’occasione di contatto fisico, a dimostrare, in tal maniera, la propria vicinanza emotiva a lei « … non voglio in alcun modo far finta di comprendere come tu riesca a fare quello che fai, come tu riesca a viaggiare attraverso il multiverso, accedendo al tempo del sogno. Quanto però è evidente è che tu ci riesci, che tu riesci a viaggiare attraverso il multiverso, accedendo al tempo del sogno. » dichiarò serenamente, quasi affettuosamente, non potendo ovviare a provare una certa dolcezza, nel proprio cuore, nel ritrovarsi a confronto con una versione alternativa della propria perduta gemella, e di quella gemella con la quale, purtroppo, le era stata negata qualunque occasione di rapporto, diversamente da quanto, altresì e fortunatamente, presente fra Maddie e Rín.
« … in effetti sarebbe un po’ complicato da spiegare. » ammise l’altra, aggrottando appena la fronte, nel rendersi conto di quanto, probabilmente, non sarebbe neppure stata in grado di esplicitare come ciò fosse possibile, trascendendo, tale consapevolezza, dalla propria capacità di controllo o di comprensione.
« Io, ora, sono perfettamente consapevole che non ti sto chiedendo di compiere qualcosa di banale, qualcosa di consueto, qualcosa di ovvio. » riprese e continuò la Figlia di Marr’Mahew, con il quieto tono già propostole « Ma, in questo momento, a nessuno di noi sta venendo chiesto di compiere qualcosa di banale, qualcosa di consueto, qualcosa di ovvio. Se così fosse, nessuno di noi avrebbe ora una folle paura di morire… perché, in fondo, è questo il destino che ci attende ora come ora. E che ci attende a prescindere da qualunque cosa possiamo decidere di fare o di non fare… » ammise, riconoscendo apertamente quanto, in fondo, lì già implicitamente chiaro « Questo è uno di quei momenti nei quali ci sta venendo richiesto di compiere l’impossibile. Ed è uno di quei momento nei quali, avendo il coraggio di provarci, potremmo scoprire di essere capaci di fare molto più di quanto mai potremmo credere… e di raggiungere risultati molto più elevati di quanto mai potremmo immaginare. »

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