11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 27 gennaio 2020

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Volendo, per un istante, sforzarsi in una sorta di esercizio di empatia nei riguardi del Progenitore, astraendosi dalla realtà dei fatti e di quei fatti a dir poco tragici, se non catastrofici; invero, il comportamento proprio del medesimo avrebbe potuto anche risultare, a modo suo, qual più che comprensibile e condivisibile.

« Eh… no. »

… no… cosa?...

« In tutto questo tempo, in tutti questi lunghi anni, io sono sempre e comunque risultata qual l’antagonista della situazione, senza che mai ci si potesse soffermare sulle mie ragioni personali, sulle motivazioni che mi hanno spinta ad agire per come ho agito.
Ora, solo perché entra in scena questo signor Nessuno, per inciso relegandomi improvvisamente a un ruolo secondario all’interno della storia di cui avrei dovuto essere protagonista indiscussa, vuoi anche dedicare del tempo a speculare nel merito delle sue di ragioni personali, di motivazioni, al suo punto di vista, quasi fosse più meritevole di essere ascoltato rispetto al mio.
Eh… no! Non ci sto proprio! »

… bontà divina.
Ti assicuro che c’è una ragione per la quale può aver senso, ora, dedicare tempo a lui piuttosto che a te. E che non vuole certamente essere una mancanza di rispetto nei tuoi riguardi… anzi.
Oltretutto, come hai giustamente sottolineato, è un signor Nessuno. Lasciagli avere il proprio momento di gloria ora, che tanto fra qualche settimana, qualche mese al massimo, sarà già dimenticato dalla Storia. Mentre tu continuerai a sussistere, come è stato fino a ora…

« Mmm… »

Non sei convinta…?

« No. Ma ti concederò ancora una possibilità. Affinché non si possa poi negare quanto io sappia essere magnanima nel confrontarmi con la plebe. »

… “plebe”… molto gentile da parte tua.

« Prosegui, or dunque. Non esitare oltre. »



… grazie…

Volendo, per un istante, sforzarsi in una sorta di esercizio di empatia nei riguardi del Progenitore, astraendosi dalla realtà dei fatti e di quei fatti a dir poco tragici, se non catastrofici; invero, il comportamento proprio del medesimo avrebbe potuto anche risultare, a modo suo, qual più che comprensibile e condivisibile.
Dal punto di vista proprio di colui che, con la propria specie, avrebbe potuto vantare di aver plasmato l’universo intero, o, comunque, una parte significativa del medesimo, al pari di un dio Creatore, il solo pensiero che una delle proprie creazioni potesse essersi riservata un’occasione sì significativa di emancipazione al punto tale da concedersi intraprendenza sufficiente dallo sterminare, letteralmente, la propria intera specie, dopotutto, non avrebbe potuto che apparir semplicemente qual folle. Folle nella stessa misura in cui, un qualunque ingegnere umano, ofidiani, canissiano o di qualunque altra specie senziente, avrebbe potuto osservare un’astronave da sé progettata e costruita levarsi autonomamente in volo per rivolgere, poi, i propri attacchi a discapito della sua famiglia, dei suoi amici, dei suoi concittadini: in tal caso, probabilmente, nessuno avrebbe potuto riservarsi ragione utile a provare empatia per il succitato ingegnere, nel momento in cui, a prevenire nuove stragi, questi, unico sopravvissuto, si fosse allor impegnato a tentare di rimediare all’errore iniziale, distruggendo ogni astronave mai progettata, estinguendone la programmazione e preparandosi, all’occorrenza, a ricominciare tutto da capo, assicurandosi, ora, di non commettere più nuovi errori, di non offrire più alcuna indipendenza alle proprie creazioni, affinché non potessero più ribellarsi in opposizione al proprio stesso Creatore.
Che, quindi, il Progenitore potesse aver le proprie ragioni per agire in quei termini, e in quei termini verso quanto, dal proprio punto di vista, non avrebbe avuto a dover essere inteso possedere la dignità propria di una coscienza, di un individuo, quanto e piuttosto avesse a dover essere riconosciuto qual un mero errore di progettazione, avrebbe avuto a dover essere considerato indubbio. Così come indubbio, riconoscendo al Progenitore, in quel proprio vendicativo approccio, emozioni paragonabili a quelle delle proprie creature, facile sarebbe stato per la Figlia di Marr’Mahew aver ad attrarre il suo interesse, la sua attenzione, costringendolo a seguirla non appena l’avesse potuta riconoscere e riconoscere qual, a tutti gli effetti, la prima responsabile, la maggior colpevole, per quanto accaduto.
E così avvenne.
Avvenne nel momento in cui, con la più importante riprova della propria bravura di pilota, Duva Nebiria riuscì a condurre il loro veicolo antigravitazionale in alto nei cieli almeno sino al punto là occupato dal Progenitore, e a quel punto utile, allo stesso, per avere lì, quindi, a condurre, seppur fugacemente, la propria attenzione su quell’indegno moscerino che, non diversamente da molti altri già cancellati dall’esistenza, aveva deciso di cercare la morte ronzandogli attorno. Avvenne nel momento in cui, prima di essere a sua volta eliminato per sempre dalla Creazione, quel moscerino ebbe a ronzare nei riguardi del Progenitore in maniera dissimile da qualunque altro prima di allora, e a ronzare qualcosa che non soltanto, per la prima volta dall’inizio di tutto ciò, apparve voler risultare intelligibile, ma anche, e ancor più, apparve sgradevolmente simile a un ricordo non lontano, e non lontano, soprattutto, per chi esistente da sempre, al confronto con la percezione del tempo del quale gli anni trascorsi dalla distruzione della propria gente avrebbero avuto a dover essere intesi, allora, qual ben misero e fugace intervallo temporale. Avvenne nel momento in cui, allora, la voce di Midda Bontor ebbe a risuonare nell’aria, opportunatamente amplificata dall’interno di quel veicolo, nel mentre in cui il volto della medesima, lì premutosi contro a un finestrino, tentò di palesarsi al meglio della propria presenza, offrendo addirittura un cenno di saluto con la destra…

« Ehilà! Bell’uomo! » lo apostrofò ella, sorridendo sorniona « Ti ricordi di me…? Sono la tizia decisamente arrabbiata che ha fatto fuori il tuo intero mondo, sterminando tutti i tuoi compagni di merende… » sancì, in termini tali per cui, se non fosse stato esattamente loro desiderio quello di attirare l’attenzione di quel mostro, tutti all’interno di quel veicolo le sarebbero allor saltati alla gola, per cercare di zittirla « Ora, d’accordo che ho eliminato tutta la tua specie, pseudo-divina ma, soprattutto, psico-patica, e che, per inciso, ero convinta di aver eliminato anche te… ma non ti sembra un poco esagerato reagire in questa maniera?! »
“Tu…?!” ruggì il Progenitore nelle menti di tutto il pianeta, dimostrando tutta la propria più concreta furia nei riguardi di quella donna, e di quella donna lì così perfettamente riconosciuta “… la tua intraprendenza sconfina nella follia, stolida creatura. Saresti dovuta restare nascosta sotto il sasso dove ti trovavi, così che la tua vita sarebbe terminata in maniera rapida e indolore, al pari di quella di chiunque altro su questo pianeta. Ma dal momento in cui desideri riservarti vanto per i tuoi misfatti, la tua fine non sarà così misericordiosa!”

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