11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 11 novembre 2010

1035


P
er amore di sincerità, nel voler essere onesto con me stesso e, soprattutto, con te, mia dolce sposa, ammetto che, anche io, in quel momento, in quella particolare situazione, non rinnegai in alcun modo l’abituale propensione maschile a delegare il raziocinio ai propri lombi, ancor prima che al proprio celebro, ragione per la quale, probabilmente, posto nelle vesti di Cemas, probabilmente io stesso non avrei reagito in modi particolarmente più originali, sebbene, spero, mi sarei comunque dimostrato meno volgare rispetto a quel vecchio laido. Dopotutto umanamente difficile sarebbe stato, per qualsiasi uomo degno di essere definito tale, non riservare alcun genere di attenzione nei confronti di una tanto procace figura, una donna sì esageratamente esuberante nelle proprie proporzioni, quale ella era, e fortunatamente ancora è. Così fu anche per me, e non ho vergogna a riconoscere come probabilmente, in assenza di tanta sensuale generosità, la sua stessa presenza all’interno del locale sarebbe altresì passata del tutto inosservata… almeno nei primi istanti di quel confronto, di quel dialogo del quale, in tal modo, mi ritrovai a essere, al contrario, spettatore sin da subito, sinceramente incuriosito, se non addirittura stuzzicato, dalla possibile identità di quella misteriosa figura.
Quanto, tuttavia, successivamente accadde, lo sviluppo a cui, suo malgrado, condusse il sarcasmo proprio del signore lì coinvolto, non sarebbe potuto essere trascurato neppure fosse ella stata anche priva di caratteristiche femminili tanto evidenti, ragione in grazia della quale, accanto a una mia immediata bramosia fisica per lei, non poté essere negato un sincero interesse professionale…

« A tuo avviso, pertanto, le mie capacità di combattimento dovrebbero essere considerate inversamente proporzionali alla mia circonferenza toracica… » commentò la mercenaria, avvicinandosi maggiormente al tavolo del mecenate suo interlocutore, e, nel far ciò, appoggiando la punta delle proprie dita sul bordo della sedia di uno dei suoi luogotenenti, per piegarsi, con fare volutamente provocante in avanti, andando a sfiorare, in ciò, la nuca stessa del fortunato, o tale apparve in un primo istate, lì così coinvolto « … non è così? »
« In verità, no… dolcezza. » sorrise Cemas, non cogliendo l’evidenza del pericolo pur incombente, allora, su di sé, in diretta conseguenza alla stolidità di quelle proprie espressioni verbali « A mio avviso, pertanto, le tue capacità di appagamento dovrebbero essere considerate direttamente proporzionali alla tua circonferenza toracica… » corresse, riproponendo parole estremamente prossime a quelle da lei pocanzi enunciate, se pur in significati del tutto opposti « … non è così?! »

Non so in che misura, oggi, una qualsiasi meretrice operante entro queste mura accetterebbe quietamente una provocazione tanto gratuita, per quanto, comunque, pur potenzialmente meritata. Probabilmente, rispetto a quindici anni fa, adesso sarebbe estremamente pericoloso per chiunque, anche per un mecenate, riservarsi tanta irriverenza persino nei riguardi di una propria stessa protetta, dal momento in cui nulla vi potrebbe essere giudicato di più dannoso rispetto all’ira derivante dall’orgoglio ferito di una donna.
Quel che, tuttavia, è certo, e fu tale già all’epoca, ha da giudicarsi quanto Midda Bontor si premurò allora di dimostrare: il terribile errore derivante dal rivolgere una tale offesa nei riguardi di chi proclamatasi qual guerriera e candidatasi al ruolo di mercenaria, soldato di ventura, avventuriera, sì disposta a porre i propri servigi alle dipendenze di un qualche ricco signore, e pur tutt’altro che pronta ad accettarne, per questo, le beffe, soprattutto ove non conseguenti a una propria colpa, a una propria mancanza, quanto, semplicemente, a una mentalità sessista, incapace di accettare l’eventualità di porsi a confronto con una donna emancipata qual ella era. E sebbene, nel mio ruolo di veterano, di guerriero esperto, reduce di molte guerre, di molte battaglie, avrei dovuto considerarmi più che confidente con certi spettacoli, quanto accadde negli istanti seguenti a quell’ultima asserzione, quel retorico interrogativo, fu tale non solo da colpirmi, ma da irretirmi, affascinarmi, addirittura eccitarmi, nel confronto con una perfezione e un’eleganza mai osservate prima di quel giorno.

« No. » sussurrò, scuotendo appena il capo ornato da arruffati capelli corvini « Non è così. »

Il primo a cadere fu colui che, probabilmente, si era già considerato, sino a quel momento, qual benedetto dagli dei nel contatto concessogli con le forme conturbanti e generose dei seni di lei, colui sul quale ella si era maliziosamente adagiata, quasi casualmente appoggiata. Attorno al suo capo, ai lati del suo viso necessariamente divertito non solo per le parole del proprio signore, quanto, piuttosto, per la situazione stesso in cui si era venuto a trovare, ella condusse rapidamente le proprie mani, forzando, subito dopo, quella stessa testa a un’innaturale e violenta torsione, senza particolare enfasi, con una freddezza incredibile, da perfetta assassina, che impose una raccapricciante frattura sulla colonna vertebrale dell’uomo, del muscoloso luogotenente di Cemas, lasciandolo ricadere privo di vita, simile a una bambola rotta, sul tavolo innanzi a sé.
In conseguenza di tale atto, solo uno stupefatto, attonito silenzio, ebbe allora ragione di essere posto in vece del precedente e divertito chiasso che pur aveva accompagnato l’atmosfera allegra della taverna sino a quel momento, quasi il suono di quella vita infranta, pur tanto lieve, fosse echeggiato fra quei tavoli simile a cupo rintocco di una campana di morte. Una tesa quiete, una spaventata tranquillità, nei limiti della quale la giovane donna non volle concedersi, allora, alcuna possibilità di soddisfazione, di requie, ben lontana dal definirsi qual paga per quel primo facile successo, soddisfatta per quel risultato pur riconosciutole, e, in ciò, ancor incredibilmente rapida nei propri movimenti, perfettamente controllata nei propri gesti, assolutamente equilibrata nelle proprie posture, ella agì conducendo un violento calcio, con il tallone del piede sinistro, in contrasto alla gamba della sedia di un secondo luogotenente, posto alla mancina rispetto al primo già ucciso, nello stesso mentre in cui si spingeva a colpire un terzo uomo ugualmente a sé prossimo, posizionato sul fronte opposto, con il proprio pugno destro, che all’epoca consideravo semplicemente rivestito, e che poi scoprii essere addirittura formato solamente, da nera armatura. Una duplice offensiva, la sua, per grazia della quale entrambe le nuove vittime in tal modo coinvolte si videro sbalzate a terra, proiettate con violenza al suolo: una giungendo con il proprio capo addirittura in prossimità delle gambe della sua stessa avversaria e l’altro, al contrario, venendo sospinto in lontananza, già privato di sensi, o forse addirittura morto, mai mi fu concesso di scoprirlo con precisione, qual reazione al contatto con la violenza di quel colpo tanto rapido e diretto. E se anche, allora, un qualche dubbio sarebbe potuto essere associato al fato di colui precedentemente proposto alla destra della donna guerriero, alcuna incertezza si rivelò associata, altresì, a suo compare, il quale, dopo essere precipitato ai piedi della sua antagonista senza neppur avere effettiva occasione di apprezzare uno sviluppo tanto subitaneo degli eventi, fu freddamente invitato all’incontro con le proprie divinità da un secondo calcio dello stesso piede sinistro di lei, questa volta direzionato in contrasto al proprio stesso collo, tanto generosamente così presentatole.
Pochi istanti, fuggevoli momenti, scanditi da due, forse tre, battiti di un cuore umano, appena colti alla vista e pur perfettamente impressi nella memoria, che videro, in tal modo, essere prodotte ben due, forse tre, vittime fra coloro che avrebbero dovuto essere considerati quali i migliori uomini al servizio di lord Cemas, lasciando, attorno al quel tavolo, solo altri cinque commensali, fra cui, inutile a sottolinearsi, lo stesso mecenate, impetuosamente lì privato di ogni volontà di derisione, o di malizioso ammiccamento, a discapito della propria interlocutrice, di quella donna tanto rapidamente deprecata nel proprio candidato ruolo di mercenaria, nella propria natura di guerriera, e pur tanto espressamente rivelatasi più incline alla guerra e alla morte ancor prima che alla vita o all’amore.

« Gorl… » sussurrò l’uomo, sgranando gli occhi e rispondendo, nel mentre di quel gemito, a un naturale istinto di conservazione, di sopravvivenza, tale da spingerlo a balzare all’indietro, allontanandosi rapidamente da quel tavolo e dalla minaccia così a lui presentata « Fermatela… uccidetela… presto! Pagherò qualsiasi cifra per la sua testa… » ordinò ai quattro subalterni ancora a lui affiancati, nell’indicare con mano tremante colei verso la quale ogni pensiero lussurioso aveva da intendersi ormai qual perduto, dimenticato in favore di semplice e timorosa bramosia di sangue.

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