11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 22 novembre 2010

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B
rote, a quelle parole, si chiuse in un lungo, assoluto silenzio, qual solo avrebbe potuto mai accompagnare una simile affermazione, una tale dichiarazione da parte della donna amata. Nei suoi occhi, inalterato, e probabilmente inalterabile, permase il sentimento d'amore che lo aveva caratterizzato sino a quel momento, offuscandosi, fuggevolmente, con un velo di malinconia, quasi di disperazione, ma subito ritornando al proprio massimo fulgore nell'occasione di godimento allora riservatogli nel contatto visivo con il viso della propria meravigliosa sposa e, ancor più, nel contatto fisico con le sue dolci forme, alle quali tornò ad abbracciarsi con maggiore forza, con sincera foga, necessitando realmente di quell'unione, quale sola ragione d'esistenza, qual solo sprone ancor utile a essere.
Fu solo in grazia di quel suo sguardo, di quella sua energia tanto chiaramente avvertibile, in quel momento così come in ogni giorno della sua vita, che la stessa Nass'Hya, pur latrice di un tanto tragico messaggio di morte, ritrovò nel contatto con il marito prediletto una ragione di forza, emotiva e spirituale, tale da permetterle di scuotersi dall'apatia nella quale, pargolo o no, vendetta o no, si stava inevitabilmente lasciando precipitare, umana e indubbiamente comprensibile reazione di fronte a tanto dolore, a tanto patimento quale quello che ella avvertiva imposto su di sé, sul proprio cuore e sul proprio animo, nel confronto con il ricordo della tragedia occorsa e, peggio ancor, del ruolo attivo proprio di Midda in quelle orrende circostanze.

« Non… non capisco. » ammise ella, mostrando in occhi ora rossi e colmi di lacrime tutta la propria pena, pur mascherata al loro piccolo in un dolce e continuo cullare imposto dalle sue braccia e dal proprio intero torso, non desiderando imporre empaticamente anche allo stesso, così come già occorso, la propria angoscia, nel renderlo altrimenti, in misura ancor maggiore rispetto all'attuale, succube e vittima di quelle circostanze a lui, sì innocente e sol bisognoso di cure e d'affetto, del tutto estranee e pur avverse « Quella… quella donna, in un sol gesto, ha distrutto ogni cosa… ha distrutto tutte le nostre vite. E tu, tu insisti a volerla difendere, a voler tessere lodi attorno al suo nome, a riservarle un sentimento che non ho dubbi a definire reale, concreto, palpabile non diversamente da quello che pur riversi verso di me e verso nostro figlio, il nostro meraviglioso erede. Perché, amor mio? Perché, mio prediletto? »
« Perché non è stata Midda. » negò egli, in una replica priva di esitazioni, scandita dalle sue labbra con il massimo candore, nel mentre in cui non mancò di spingere le medesime ad accarezzare le ginocchia dell'amata, e da lì le sue splendide cosce, con quella delicata dolcezza mista a sfrenata passione che aveva da sempre contraddistinto il loro rapporto, la loro vita coniugale.

Per quanto sempre e sinceramente attratto anche dalla sua vivace intelligenza, da quella sua trasparentemente percettibile bramosia di emancipazione anche all'interno dei confini di un regno privo di ogni speranza in tal senso, quale quello di Y'Shalf caratterizzato, ove possibile, da una cultura segnata da un modello ancor più patriarcale rispetto alla loro, egli non aveva mai ignorato il superbo corpo di lei, di fronte al quale, oggettivamente, nessun uomo avrebbe opposto alcuna esitazione, alcuna ritrosia. Mai Brote si era dimostrato indifferente a quelle forme, a quelle dolci curve, naturalmente cariche di sensualità ed eleganza, euritmia e voluttà, impegnandosi con lei non solo in qualità di propria sposa e compagna, ma innanzitutto di propria complice e amante, in un'unione vissuta quotidianamente al massimo delle proprie possibilità, così come alcun altro lord di Kriarya, o, probabilmente, alcun altro nobile di tutta Kofreya, o, ancora, sovrano del mondo conosciuto, si era mai riservato occasione nei riguardi di colei pur eletta al proprio fianco, nel preferire abitualmente al suo abbraccio quello di altre concubine, cortigiane asservite ai propri desideri, alle proprie lussurie. Per il signore di quella torre, Nass'Hya aveva sin da subito rappresentato e incarnato il concetto stesso di donna nella propria massima pienezza, nel proprio senso più completo e appagante, espropriando senza alcuna difficoltà il posto prima riservato nelle sue fantasie proprio a Midda, nei riguardi della quale mai si era spinto al di là del loro giusto rapporto mecenate-mercenaria, e che pur, in un misto fra convenienza e lussuria, egli non aveva evitato di proporre intime brame. E quel rapporto, tanto pieno, sì completo, incredibile e, forse, persino esterno a ogni concreta possibilità di comprensione da parte della quasi totalità dell'umanità, fra il lord e la sua lady non era, in effetti, venuto meno neppur a seguito dei sanguinari fatti occorsi, ritrovando la coppia di sposi ancor appassionatamente uniti nella propria quotidianità, e nelle proprie notti, quasi nulla fosse occorso, non solo nella risposta agli inviti capricciosi del loro dolce figlioletto, ma anche all'interno del loro stesso talamo.
Una relazione, un'unione, quella di Brote e Nass'Hya, così come, anche in quello stesso momento, espressa dai baci dell'uomo sempre più insistenti sulle gambe di lei, sulle sue cosce, in una lenta ma irrefrenabile ascesa verso il ventre della stessa, che, per la propria stessa natura, probabilmente chiunque non avrebbe avuto alcuna esitazione a definire qual perverso, osceno, blasfemo, in conseguenza al quale imporre su quell'intera torre solo l'azione purificatrice delle fiamme, e che pur, i due complici e amanti, non desideravano negarsi, non volevano rifiutarsi, in sfida non solo all'intero Creato e alle sue leggi naturali, ma forse, persino, agli dei tutti. E se, dell'opinione di chiunque, né l'uno, né l'altra, non si erano mai riservati alcun interesse, non avevano voluto farsi cruccio alcuno, arrivando persino, ultimi fra numerosi atti di irriverenza sociale, a convolare a giuste nozze, rispettivamente, con una nemica del regno, con una principessa della stessa nazione giurata avversaria di Kofreya da epoche immemori, e con un nemico del regno, con un signore criminale della stessa nazione giurata avversaria di Y'Shalf, neppure di tutti gli dei, immortali e ineffabili, quell'uomo o quella donna, non si erano mai posti particolare timore, preferendo confidare nelle proprie forze, e nelle forze delle persone a sé vicine, amici o alleati, per affrontare ogni giorno della propria esistenza. Niente e nessuno, neppure l'imprescindibile appuntamento caratteristico di qualsiasi mortale, pertanto, avrebbe potuto negare loro di continuare a vivere la propria quotidianità con lo sposo adorato, con la sposa adorata, almeno sino a quando fosse stata loro concessa una qualsivoglia possibilità in tal senso: un legame, una complicità, la loro, che non avrebbe mai rinunciato a dimostrarsi non solo emotiva, spirituale e intellettuale, ma anche fisica, carnale… persino ove la carne fosse ormai venuta meno.

« Io… » esitò la donna, socchiudendo gli occhi qual sola, naturale e irrinunciabile risposta ai gesti del proprio compagno, non riservandosi la benché minima occasione di imbarazzo in conseguenza degli stessi o, più semplicemente, della presenza dell'infante fra le sue braccia, il quale, lì, ora, si mostrava quietamente addormentato e del tutto indifferente al mondo esterno, non disturbato e, forse, persino appagato dall'amore percepito alla base del legame fra i propri genitori.

Semplice, elementare, sarebbe stato per ella lasciarsi andare alle premure del proprio sposo, innanzitutto lì, su quella stessa sedia ove ora si trovava a essere, per poi, posto nuovamente a riposo il pargolo nella propria culla, proseguire nell'intimità delle loro stanze, nella camera già teatro di ormai incalcolabili appassionati incontri d'amore fra loro, in una completa estraneazione da ogni realtà qual solo, del resto, ella non avrebbe potuto evitare di bramare, nel profondo del proprio cuore.
Ma su di lei, su di loro, in quel momento ormai gravava l'ombra da lui evocata della donna guerriero, di colei che ella non avrebbe mai potuto smettere di considerare qual propria avversaria, nemica, nemesi, nel confronto con la sgradita presenza della quale, la giovane sposa e madre non avrebbe potuto dimostrarsi sì superficiale da concedersi un tanto rapido oblio, una sì piacevole dimenticanza qual pur quella bramata.

« No. » gemette, risollevandosi in piedi a imporre, e imporsi, un distacco dal marito e amante, nel mentre in cui l'infante, in tal modo disturbato, ritornò a essere nuovamente vigile e attento, e, in ciò, inevitabilmente pronto alle lacrime, nell'ansia generata da un movimento tanto brusco e inatteso in contrasto a quello che era stato un momento di conquistata quiete « Non così, non ora. » scosse il capo, a sottolineare il proprio rifiuto verso le carezze del marito « Più tardi… forse. » aggiunse, a correggersi, nel non voler escludersi a propri simile occasione « Ora stavamo parlando. E tu non mi hai ancora risposto… »

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