11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 25 novembre 2010

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M
idda Bontor, evidentemente, non desiderava essere ulteriormente raggiunta da quell'inseguitore, e, per tal ragione, non gli riconobbe più alcuna occasione in tal senso, malgrado ogni sforzo da lui sinceramente posto a simile riguardo, a tale scopo.

In tanta giostra, in simile, stressante giuoco, Ebano si ritrovò a essere trascinato per oltre tre settimane, attraversando longitudinalmente l'intera area della principale penisola tranitha, prima di vedersi riconosciuto il diritto, l'occasione di un nuovo incontro, in una sera come tante altre, quando, ormai, alcuna speranza avrebbe potuto esser più per lui propria nel confronto con l'idea di poter effettivamente raggiungere la propria preda, di essere nuovamente in grado di porsi in relazione con lei.
Nel corso di tale arco temporale, in quella ventina di giorni, in maniera estremamente radicale ebbe allora ragione di mutare il sentimento dell'uomo al ricordo della propria sconosciuta avversaria, di quella figura che tanto lo aveva umiliato e che, per tal ragione, mai avrebbe dovuto poter perdonare, avrebbe dovuto voler accettare di giustificare nelle proprie azioni, nei propri gesti. Tanta intima trasformazione, in verità, non fu tale in maniera consapevole, quale conseguenza di un qualche percorso mentale in simile direzione, quanto, piuttosto, qual frutto spontaneo e inconscio, nel profondo del suo essere, di minuscoli semi da lei distrattamente, o forse abilmente, gettati a quello stesso scopo: nel ritrovarsi a vivere, per tre settimane, nella costante e mai appagata volontà di raggiungere quella figura femminile, sì carismatica e conturbante, qualcosa, in lui, incominciò a rinnegare il primo, inevitabile, astio per lei maturato, in favore di sentimenti di ammirazione, di rispetto, per l'abilità da lei in tutto ciò dimostrata, per l'incredibile capacità da lei palesata nel proprio continuo successo su di lui; così come, parallelamente, anche le memorie per lui allora proprie nel merito della notte del fallito agguato, si ritrovarono a essere poste in discussione, non più ponendo la sua sconfitta qual solo derivante da proprie disattenzioni, da proprie leggerezze, pur effettivamente per lui caratteristiche e fatali in quel primo confronto, quanto, piuttosto, riconoscendo in tutto ciò un indubbio merito nella propria controparte, nelle sue abilità guerriere sì insolite per una principiante, per una mercenaria novella qual ella pur era e non avrebbe potuto evitare di essere riconosciuta; e, ancora, l'iniziale, carnale, ricerca di sangue, tributo pur necessario a lavare con il proprio calore e la propria oscena abbondanza, la macchia da lei imposta sul suo orgoglio personale, non poté evitare di cedere lentamene il passo a emozioni altrettanto carnali, e pur più lussuriose, in un sempre più ossessivo, e pur istintivo, desiderio di scoprire fino a qual punto quel corpo sarebbe stato in grado di dimostrarsi qual quello di un guerriero e oltre quale limite, al contrario, si sarebbe concesso quale quello di una donna.
Difficile è escludere come, allora, fu proprio in grazia di tutto questo, di simile, inconsapevole maturazione, che, quando egli si ritrovò innanzi all'immagine della propria preda, ipotizzata vittima, certa avversaria, Ma'Vret mancò di gettarsi contro di lei, così come superficialmente ancora continuava a ripromettersi avrebbe fatto, inveendo puntualmente, a ogni ora, in contrasto al pur ignoto nome di quella giovane, limitandosi, semplicemente e al contrario, a restare immobile ed eretto nella propria posizione, a osservarla con sorpresa, con stupore e, forse e persino, con delusione, nell'idea di quanto in tutto ciò avrebbe perduto la quotidianità per lui divenuta consueta in quell'ultimo periodo.

« Stavo iniziando a preoccuparmi… » osservò la donna dagli occhi color ghiaccio, offrendo nel mentre di tali parole un lieve sorriso al proprio avversario e non dimostrando, innanzi a lui, alcuna particolare ansia, agitazione, nel restare, altresì, tranquillamente seduta innanzi al fuoco da lei acceso meno di mezz'ora prima, quando lì aveva deciso di stabilirsi per la notte imminente « … temevo che non saresti venuto e che, per questo, mi sarei ritrovata a mangiare da sola queste due lepri. » esplicitò, a non concedere dubbio alcuno nel merito delle ragioni alla base del sentimento da lei così enunciato, in quella che, per quanto simile a ironia, non sarebbe potuta essere accolta qual tale, nell'evidenza offerta da due animali già uccisi, spellati ed eviscerati posti ad arrostire lentamente sopra le fiamme.

Una frase semplice, e un gesto ancor più modesto, quello da lei così proposto, che pur volle definire in maniera chiara, univoca e inequivocabile come, ancora una volta, per una propria mancanza, o per un incredibile merito del proprio interlocutore, avrebbe dovuto essere considerata l'occorrenza di quell'incontro, quanto, piuttosto, per una esplicita volontà in tal senso, a tal fine, utile, addirittura, a voler creare non, ora, una nuova occasione di conflitto fra loro, qual sarebbe dovuta essere giudicata forse inevitabile, quanto, diversamente, una più quieta possibilità di confronto verbale, di dialogo attorno a un fuoco allestito proprio per simile scopo, per tal fine.
Innanzi a tutto ciò, il colosso nero non ebbe pertanto possibilità esterna al disconoscere, repentinamente, tutti i propositi che pur, formalmente, ancora dominavano nella sua mente, e animavano il suo corpo, in favore di nuove e diverse emozioni, emergenti con prepotenza, con violenza, dal profondo del proprio cuore e del proprio animo, tali da non ritrovare più, in lei, una nemica, quanto, semplicemente, una propria pari, se non, addirittura, un traguardo ambito, una meta desiderata.

« Hai sempre saputo che ti stavo inseguendo, quindi? » domandò Ebano, in maniera del tutto retorica, nell'evidenziare, in ciò, solo quanto assolutamente ovvio, e nel restare, nel mentre di tali parole, ancora immobile là dove arrestatosi nel proprio avanzare verso di lei.
« Hai mai avuto dubbi a tal riguardo? » gli domandò ella, piegando appena il capo da parte e allungando, ora, la propria destra, in nero metallo, a raccogliere uno dei due lunghi spiedi in legno, per toglierlo dal fuoco e verificare, con la punta dell'indice della mancina, la consistenza effettiva di quelle carni selvatiche « Se così fosse, mi ritroverei costretta a rivalutarti in negativo, mio buon Ma'Vret. »

Ove retorica era stata la propria domanda nella propria formulazione iniziale, retorica sarebbe allora stata qualsiasi possibile replica a simile risposta, ragione per cui, nel porsi quale perfettamente consapevole di ciò, l'uomo preferì evitare di dimostrarsi sostanzialmente ridicolo di fronte alla propria controparte e interlocutrice, limitandosi ad accogliere l'invito tanto cordialmente riservatogli, nell'avanzare verso il bivacco, e, lì giunto, nell'accomodarsi innanzi a lei, dal lato opposto rispetto a quello da lei occupato, a mantenere una necessaria e adeguata distanza fra sé e chi, formalmente, avrebbe ancora dovuto considerare quale propria nemica. Come egli non ebbe successivamente difficoltà ad ammettere, tuttavia impossibile sarebbe stato ritenerla effettivamente tale, non tanto in conseguenza dell'offerta di cibo lì presentatagli, banale espediente che avrebbe potuto, e probabilmente non mancò di, riservargli una qualche trappola, quanto, piuttosto, per tutto ciò che, solo allora riuscì a comprendere di provare verso di lei: non più astio, non più rancore, non più vendetta, ma, incredibile e, probabilmente, inaccettabile, rispetto, ammirazione e bramosia.

« Saranno cotte a breve… » commentò ella, in riferimento alle lepri, nel riposizionare lo spiedo alla propria collocazione iniziale e nel portare, contemporaneamente a ciò, l'indice, precedentemente coinvolto nell'operazione di valutazione, alle labbra, in un gesto istintivo, consueto per chiunque in una simile situazione e, in questo, indubbiamente privo di malizia alcuna, che pur non mancò di apparire incredibilmente carico di erotismo agli occhi del proprio ospite, nel confronto con un'innegabile sensualità intrinseca in lei « Spero che il finocchietto selvatico ti sia gradito: quando qualche giorno fa siamo scesi verso la costa, ne ho trovate molte piante e ho pensato bene di farne incetta. »
Nel confronto con tanta tranquillità, tanta familiarità che quella donna sembrò allora impegnarsi a proporgli, quasi fossero amici di vecchia data e non due nemici contrapposti l'uno all'altra da diversi incarichi, in nome dei quali non si sarebbero dovuti concedere dubbio alcuno nello sgozzarsi a vicenda, Ma'Vret non poté evitare, a quel punto, una questione, un interrogativo, forse banale, e pur necessario per poter comprendere come confrontarsi con tutto ciò: « Perché?! »

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