Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 5 novembre 2011
1389
Avventura
029 - Menzogna e fiducia
E al centro di tale straordinaria e terrificante scena, a rendere con la propria presenza straordinario quanto altresì il rettile marino avrebbe fatto apparire solamente terrificante, avrebbe dovuto essere riconosciuta Nissa Bontor, impegnata a difendere non solo la propria vita, ma anche e ancor più la propria nave e il proprio equipaggio, il popolo a capo del quale era volontariamente ascesa. Un impegno, il suo, nel quale ella volle porre un impeto non solo degno di una regina pirata quale era divenuta, quanto, e ancor più, della stessa Figlia di Marr'Mahew sua gemella, già leggenda per i meriti delle proprie imprese, degli incredibili risultati conseguiti per la brama d'avventura, per il piacere della sfida, ancor prima che per il denaro con il quale, nonostante tutto, quasi sempre era solita farsi ricompensare… e ricompensare più che abbondantemente.
« Avanti, maledetti figli d'un cane… » stava esortando la voce di quella condottiera, risuonando incredibilmente chiara nonostante il frastuono a lei circostante, fra i versi assordanti della creatura loro avversaria e, ancor più, i suoni prodotti dalla distruzione dalla tale mostro predicata con tanta veemenza, a discapito della nave e del suo equipaggio « Avanti, combattete! Combattete come solo chi benedetto da Thyres, signora di tutti i mari, potrebbe combattere e dimostrate a questa lucertola troppo cresciuta qual madornale errore ha commesso nel momento in cui ha deciso di affrontarci! »
Un ruolo da protagonista, quello così volontariamente richiesto qual proprio da parte della donna, che avrebbe dovuto esserle riconosciuto qual tale non in semplice conseguenza di simili parole, di tale impeto verbale capace di imporsi su tutto e su tutti, quanto, e piuttosto, della propria audacia, del proprio valore, del proprio impeto fisico nel proiettarsi con maggiore aggressività di qualsiasi altro membro dell'equipaggio in contrasto a quel colossale mostro, richiedendone in ciò la resa o la morte.
Non solo ammirevoli, ma addirittura incredibili, avrebbero dovuto essere infatti apprezzate le sue movenze, apparentemente parte di una complessa coreografia studiata e provata per lunghi giorni, settimane, addirittura mesi prima di quello scontro, a non concedere alcun margine d'errore, a non permettere la benché minima possibilità di esitazione. Non un solo passo, non una singola torsione del busto, non un semplice movimento del destro o del sinistro, avrebbe potuto essere creduta qual improvvisata, sebbene, ovviamente e necessariamente, tale era e sarebbe comunque stato, nel confronto epico con una minaccia a lei trasparentemente superiore e contro la quale, nonostante tutto, non avrebbe mai accettato una qualche ipotesi di resa. E così, ove un istante prima ella sembrava essere prossima all'incontro con la propria cara dea Thyres, posta alla pericolosa conclusione della traiettoria di un movimento offensivo da parte del gigantesco avversario, un attimo dopo ella ricompariva da tutt'altra parte, lasciando precipitare un tridente forgiato nella stessa speciale lega metallica dagli azzurri riflessi già propria delle spade abitualmente appartenenti alla propria gemella, in una comune predilezione per tale pregiato materiale. Tuttavia, benché forgiata secondo procedimenti noti solo a pochi fabbri figli del mare e capace di concedere al metallo una resistenza superiore a quella di qualsiasi altra arma, offrendogli la stessa incommensurabile forza delle onde del mare, almeno secondo il dire comune, simile lega non parve concedere all'arma propria di quella sovrana guerriero alcuna speranza di sopraffazione a discapito dell'antagonista, la cui pelle, corazzata da spesse placche di un blu intenso, quasi brillante, appariva impenetrabile a qualsiasi ipotesi d'offesa, a qualsiasi eventualità d'attacco a suo discapito. Ciò non di meno, Nissa Bontor non volle far propria alcuna esitazione, alcun timore, nel proseguire, imperterrita e violenta, nella propria ardita, o forse solo cieca, offensiva, in impaziente ricerca per un'improbabile vittoria.
« Avanti! » insistette, tentando di penetrare con il proprio tridente un muscolo tricipite di uno degli arti superiori della creatura, salvo, ravvisando evidenza d'insuccesso, decidendo estemporaneamente per una mossa più folle che coraggiosa, nel cercare di inerpicarsi lungo quella stessa estremità per tentare di raggiungere una posizione più propizia per un qualche tentativo d'offesa « Se fra tutti voi, dannati, vi è uno solo che mi ama realmente, mi segua ora… o si non si aspetti, poi, clemenza da parte mia… »
E a quel nuovo richiamo, forse neppur in reale conseguenza razionale al medesimo ma sicuramente in immediata conseguenza temporale, una nuova figura femminile si slanciò sulla scena, per affiancare la propria regina in quella che, se gli dei si fossero dimostrati impietosi, sarebbe stata la loro ultima lotta, ma che, ciò nonostante, non l'avrebbe vista lì retrocedere…
« Questa sera, grigliata di carne per tutti! » esclamò Tahara, gettatasi in irrefrenabile corsa contro quell'enorme, smisurato avversario, benché neppure armata con i propri due corti pugnali, lasciati ancora a riposo nei propri foderi, nel ritrovarsi a essere giudicati qual, purtroppo, sostanzialmente ridicoli in una situazione al pari di quella lì presentatale « E che Tarth possa negare qualunque benevolenza a coloro che non si dimostreranno degni del suo nome e della nostra regina… » sancì, proiettandosi al di sopra della stessa lunga coda che aveva trafitto e ucciso lo sventurato Ma'Grohu, negandogli l'occasione di essere lì presente per poter, a propria volta, proclamare parole in simili toni.
Sicuramente in conseguenza del richiamo della loro signora, e pur, forse, e in minima parte, anche in reazione all'esempio loro lì concesso dall'ultima arrivata a bordo della Mera Namile, nessuno fra coloro lì presenti sul ponte della nave, e ancora in grado di muoversi, ipotizzò di intraprendere un cammino diverso da quello così indicato, slanciandosi, a propria volta, con rinnovato furore, in contrasto al loro nemico, decisi a propria volta a vincere o a morire combattendo, per guadagnarsi, così come anche loro ricordato dalle parole di Tahara, un posto accanto al proprio dio prediletto, nell'essersi dimostrato degno di condividere la sua ricca tavola imbandita insieme a tutti i più prodi, i più grandi eroi di tutti i tempi. Un entusiasmo, quello che contagiò tutti a tale basso livello, il quale non mancò, allora, di diffondersi anche a quote maggiori, imponendo ad almeno due fra i pirati arroccatisi in cima all'albero di maestra di scuotersi dalla propria apatia e, in tal senso, di lasciarsi ricadere verso il basso, a tentare un qualche approccio con l'enorme capo del dragone, magari lì giungendo a sorprenderlo e a sopraffarlo prima di essere, altresì, dallo stesso spazzati via.
« Che Thyres ti accolga nella sua gloria almeno quanto io, ora, ti accolgo nella mia, Tahara! » commentò Nissa, apparentemente correndo in senso opposto alla naturale attrazione del proprio stesso peso verso il basso, nell'inerpicarsi rapidamente lungo la pelle del mostro, pur senza, in tal senso, perdere coscienza del mondo a sé circostante, ma, al contrario, mantenendone fermo controllo « Se questo ha da essere il nostro ultimo giorno, che gli dei ci accolgano a loro qual sorelle, unite dalla propria volontà in un comune fato di morte… » benedisse, con vocazione quasi sacerdotale nella scelta di tali parole, di simile linguaggio in un momento tanto difficile, potenzialmente letale.
« L'idea di invecchiare lentamente e lentamente marcire non mi ha mai attirato, mia regina… » replicò, per tutta risposta, colei così interpellata, muovendosi con non meno agilità rispetto alla prima lungo l'irregolare superficie rappresentata dalle forme del dragone, cercando di compensare ogni movimento del medesimo, ogni tentativo di ribellione da parte sua, con repentini balzi e cambi di baricentro per il proprio stesso peso, non sprecando il proprio tempo nel tentare vanamente di violare quelle placche con i propri pugnali e, in ciò, facendo proprio un obiettivo ben diverso, un traguardo che, almeno sperava, sarebbe riuscita a riservare qual proprio se solo ne avesse avuto il tempo « Se la morte mi deve avere, che mi prenda, forte e combattiva, nel mentre di una battaglia, e non, debole e inerme, in un sudicio letto odorante urina e feci. »
E, quasi volesse realmente offrirsi apertamente in pasto alla morte, qual tributo a tale forza superiore, forse divinità, forse principio universale e trascendentale qualsiasi pantheon, nel ravvisare, alfine, un movimento in sua aperta opposizione da parte della medesima coda lungo la quale, ancora, si stava cercando di arrampicare, ella non cercò occasione di fuga da quella terribile e letale estremità che già aveva veduto all'opera, ma, anzi, decise di arrestarsi, restandone in quieta attesa, come se il suo solo scopo avesse da intendersi quello di condividere la stessa prematura e violenta fine già propria del primo ufficiale deceduto.
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