11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 7 dicembre 2012

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Se nell’osservare una Midda Bontor combattere, chiunque avrebbe potuto ritrovarsi quantomeno affascinato dall’immagine da lei offerta, quel quadro di incredibile maestosità, straordinaria eleganza, assoluto controllo che, in ogni suo più semplice movimento era offerto; porsi a confronto con tre Midda Bontor, contemporaneamente, avrebbe probabilmente rappresentato, per i più, una sorta di sogno erotico proibito, un sogno di violenza, sangue e morte, ma, ciò nonostante, comunque intriso di passionalità, trasudante emozione al punto tale da sfociare, troppo facilmente, quasi inevitabilmente, nell’erotismo. E non per le sue curve particolarmente generose; non per dei seni tanto prosperosi da poter essere considerati archetipo per qualunque dea madre; non per glutei così tondi e sodi da suggerire, anche nella mente più innocente, la bramosia di assaggiarli con un morso quasi altro non fossero che succosi frutti maturi… quanto, e piuttosto, per il fascino che da lei si irradiava con forza quasi devastante, annichilendo qualunque possibilità di autocontrollo, qualunque speranza di freddo distacco. Anche e soprattutto in un contesto di battaglia, nel cuore di un combattimento, qual quello che, in quel particolare momento, stava vedendo coinvolte Treccia, Corazza e Destra in opposizione a otto mastini della morte.
Malgrado l’apparente semplicità con la quale Destra era stata in grado di terminare uno dei loro avversari, ritenere quelle bestie quali prive di un potenziale negativo, sarebbe equivalso, sostanzialmente, a condannarsi a morte, e a una morte lenta ed estremamente dolorosa. Da qualunque osceno regno demoniaco esse fossero spuntate, infatti, quelle orride creature erano caratterizzate non solo da una velocità straordinaria e da una forza disumana, ma anche, e peggio, da una resistenza spropositata, assicurata, manco a dirlo, dall’esoscheletro che le ricopriva completamente, assicurando loro una quasi completa indifferenza alla maggior parte dei colpi ipotizzati in loro offesa, a loro discapito. Motivo per il quale, per le pur conturbanti e sensazionali donne guerriero, quella sfida ebbe a doversi riconoscere indubbiamente impegnativa, visto e considerato, fra l’altro, un ambiente a loro tutt’altro che favorevole, per non dire, più esplicitamente, ostile.
A complicare, infatti, la situazione, non avrebbe potuto essere trascurata la dimensione indubbiamente compatta del corridoio entro i confini del quale stava venendo condotto quel confronto armato, spazio limitato nel quale anche solo gestire una spada, senza minacciare la sopravvivenza di chi a loro in prossimità, sarebbe risultato ben lontano dal riconoscersi qual ovvio…

« Sgualembro lungo… » avvertì Corazza, un attimo prima di spingere la propria spada a far capolino nel punto ove, senza quell’avviso, avrebbero potuto trovarsi pericolosamente il retro delle cosce della propria compagna dai lunghi capelli corvini, la quale, tuttavia, nell’essere stata così avvisata, prestò attenzione a sottrarsi, e a sottrarsi per tempo, dalla potenziale minaccia involontariamente a lei rivolta.
« Tondo largo! » esclamò, per tutta risposta, la stessa Treccia, anticipando di poco il movimento che l’avrebbe portata a guidare la propria arma nelle reni della propria sodale dalla rossa chioma, se solo questa non si fosse prudentemente allontanata da lei di quella sola spanna sufficiente a ovviare a simile rischio, a tanto sgradevole eventualità.
« Affondo. » puntualizzò, pertanto, la medesima Destra, chiudendo l’ideale cerchio così tracciato insieme alle due sue pari, nel destinare la punta della propria lama ai glutei, pur protetti da nera armatura, di colei che, annunciando il proprio sgualembro lungo aveva convogliato il tondo largo a proprio discapito, costringendola, di conseguenza, a deviare il proprio stesso affondo di qualche piede rispetto al punto a discapito del quale era stato originariamente previsto.

Attacchi sempre potenzialmente letali, quelli da tutte loro condotti a compimento, che, dalle stesse, erano così sempre evitati con incantevole maestria, coordinazione a dir poco assoluta, tale per cui alcuno dei loro movimenti sembrava poter essere considerato indipendente ed estraneo da quelli delle altre, quasi tutte loro altro non fossero che estensioni di un’unica mente, di una sola volontà collettiva. In altro modo, del resto, avrebbe potuto essere giustificata la perfezione di quei gesti, di quei movimenti, di quelle azioni, che non lasciavano trasparire l’evidenza della benché minima esitazione, della più effimera incertezza, e che, in ciò, si susseguivano con un ritmo a dir poco folle, in un crescendo tanto letale, quanto ipnotico: perché ove neppure tre circensi sarebbero stati in grado di destreggiarsi allo stesso in quella situazione, neppur con settimane, mesi e, addirittura, anni di preparativi; quelle tre mercenarie, quelle tre versioni alternative della medesima leggenda vivente, si stavano dimostrando capaci di compiere l’impossibile, e di compierlo con una naturalezza, con una semplicità a dir poco disturbante, nella propria assoluta perfezione.

« Roverso basso… » proseguì Corazza, riprendendo là da dove era stata costretta a interrompersi, e, nel proprio gesto, costringendo ora la propria rossa compagna a saltare, al fine di ovviare allo spiacevole imprevisto di assistere alla mutilazione delle proprie caviglie, incidente in conseguenza al quale difficilmente avrebbe potuto sopravvivere ma, certamente, non sarebbe neppur subito morta, ritrovandosi a soffrire ben più di quanto non ambisse a compiere… non, soprattutto, in conseguenza all’azione di un’alleata.
« Fendente! » esclamò Destra, costretta a saltare e, in ciò, a modificare ancora una volta il proprio attacco secondo una diversa evoluzione, destinata a centrare comunque un obiettivo fra quelli che avrebbero dovuto essere loro prefissi e, malgrado tutto, anche ad accarezzare pericolosamente la spalla sinistra della loro terza alleata, già sufficientemente offesa dal fato, come dimostrato da tutte le sue ustioni, per poter tollerare serenamente l’idea di poter essere ulteriormente ferita o menomata per mano di qualcuna fra loro.
« Colpito! » annunciò Treccia, roteando quanto sufficiente ad alienarla dal rischio di un incontro eccessivamente ravvicinato con la lama della propria pari, e pur non abbastanza per impedirle di testimoniare di persona al secondo successo riportato dalla stessa, nel riuscire, impossibile a dirsi se per abilità o per buona sorte, a colpire il mastino là dove, solamente, esso avrebbe potuto essere aggredito e, in ciò, nell’ottenere una seconda vittoria valida ai fini della disfida pocanzi scherzosamente proposta.
« Grande! » gioì la rossa, spingendo con tutto il proprio peso la spada entro il corpo della creatura, per assicurarsi, nuovamente, che non vi fosse, da parte della medesima, una qualche possibilità di ripresa, una qualche possibilità di recupero in conseguenza al quale rovesciare clamorosamente non solo quel conteggio, ma, peggio, le sorti del loro duello, trasformando la predatrice in preda, la vincente in perdente.
« Complimenti… non male. » riconobbe la mercenaria in armatura, non lasciandosi distrarre da quel successo e continuando a combattere, costretta in tal senso dalla volontà di non ritrovarsi vittima delle bestie che ancora l’assediavano, pretendendo il suo sangue, la sua carne e, soprattutto, la sua morte.
« Non male…?! » protestò la prima, dimostrando giocosa insoddisfazione per un così scarso riconoscimento dei propri traguardi, degli obiettivi raggiunti, da parte dell’interlocutrice « Ho già abbattuto due mastini della morte e l’unica cosa che sai dirmi è non male? » insistette, a difesa del proprio risultato, mentre con un colpo secco rigirò la lama all’interno della ferita, per devastarla definitivamente « Dovrei meritare qualcosa di più di un semplice… non male! »
« Due non sono nove. » tenne a precisare l’altra, sorridendo divertita da quel battibecco, quasi la loro avesse da intendersi qual una semplice attività ludica, e non una battaglia esito della quale avrebbe potuto essere la loro sopravvivenza o il loro abbattimento.

Del resto, e tuttavia, quegli ultimi commenti nulla volevano ottenere di più di una possibilità di contatto psicologico fra le tre donne, per permettere loro di ricordare quanto, ormai e, per lo meno, all’interno di quel delubro sotterraneo, quella situazione sarebbe perdurata ancora a lungo, probabilmente molto più di quanto chiunque fra loro avrebbe gradito e soprattutto molto più di quanto non ci si sarebbe potuti attendere da un confronto di quel genere, di quell’importanza, di quella pericolosità. Perché se tutte e tre non si fossero riservate la possibilità di distrarre la propria mente, risalassandola, la stanchezza avrebbe potuto prendere sopravvento su di loro in tempi molto più ristretti di quanto non avrebbero avuto piacere a dimostrare.

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