11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 27 dicembre 2012

1803


Quando le parole del portavoce della Progenie raggiunsero Monca e Amazzone, le due donne avevano appena finito di confrontarsi in merito alle scelte di vita della prima, al suo matrimonio con Desmair e, fortunatamente, alla morte di quest’ultimo, ove pur, quasi, una strana nota di malinconia aveva animato la voce della narratrice nel riferire di questo, particolare, evento. Ove anche, infatti, ella mai l’avrebbe ammesso; la scomparsa del semidio immortale non avrebbe potuto rallegrarla… non nelle dinamiche in cui essa era occorsa, quantomeno: quasi a volerle offrire l’estremo torto, il signore della fortezza fra i ghiacci dei monti Rou’Farth si era infatti sacrificato per la sua salvezza, per la sua sopravvivenza, imponendole in tal modo una folle ragione di rimpianto per un mostro, per una creatura, che ella stessa avrebbe voluto uccidere, da anni. E per tutto ciò, per quanto non avrebbe desiderato, ella non riusciva a concedersi ancora quiete, non era ancora in grado di dimostrare quello stesso livello di indifferenza che avrebbe preferito rendere proprio.
Malgrado molti, troppi fossero i morti che ella aveva accumulato alle proprie spalle, la maggior parte per proprio diretto intervento, infatti, coloro che, al pari di Desmair, erano trapassati per cause a lei esterne e pur a lei ricollegabili, sacrificandosi più o meno volontariamente per lei, pesavano ancora, e sempre avrebbero continuato a pesare, sul suo animo in maniera straordinaria, e del tutto incontrollata, così come le era stata concessa, recentemente, piena evidenza all’interno di un luogo incantato definito con l’inquietante nome di Pozzo del Sangue. E il fatto che proprio Desmair fosse riuscito a porre il proprio nome non solo qual elemento di tale schiera, quant’anche nell’elenco di coloro che ella avrebbe desiderato ardentemente vedere morti, aveva creato per lei una spiacevole, e assolutamente inedita, sensazione di incoerenza, tale da non permetterle, serenamente, di valutare il suo decesso così come avrebbe avuto sicuramente piacere a compiere, allo scopo di non riservargli, in morte, maggior potere di quanto già non avesse avuto in vita. Un disagio del quale Amazzone ebbe assoluta trasparenza, e che, obiettivamente, poté comprendere, consapevole di quanto, se solo le parti fossero state invertite, anch’ella ne avrebbe sicuramente sofferto.
Fortunatamente per entrambe, comunque, quel monologo non richiesto, quelle minacce vane e quasi divertenti, le raggiunsero prima che la piega emotiva di quel confronto potesse spingerle verso emozioni ancor più cupe. E, nella propria arroganza, il portavoce della Progenie offrì loro nuove ragioni di discussione, di dialogo, nonché un nuovo obiettivo in direzione al quale sfogare ogni ansia repressa…

« Probabilmente è un eunuco... » commentò la rossa dai corti capelli, ridacchiando e canzonando in ciò il loro non meglio presentatosi avversario, nel porre in dubbio la sua virilità non soltanto qual gratuito sberleffo, ma anche, e soprattutto, qual riferimento all’ambiguità intrinseca della sua voce, probabilmente maschile e pur non sì assolutamente definita nella propria tonalità.
« Sicuramente è un frustrato… » soggiunse la mora dai capelli corvini, scuotendo il capo a critica contro il loro interlocutore « Solo un frustrato potrebbe accettare di far parte di un’organizzazione simile. »
« La Progenie della Fenice. » enunciò, continuando a muoversi a fatica nel cunicolo sempre più soffocante, pregando in cuor suo per una sua imminente conclusione, e non qual chiuso budello, nel mentre in cui, in tali chiacchiere, tentò di distrarsi dal pensiero di cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario « Dai… vogliamo parlarne?! Stando ad ascoltare quello che blaterano, dovrebbe essere loro merito quello della storica sconfitta di Anmel. »
« Stando ad ascoltare quello che blaterano, dovrebbero essere in qualche modo imparentati con la fenice. » puntualizzò, scuotendo il capo « Ma tu credi veramente che la nostra vecchia amica possa avere qualcosa a che fare con questi esaltati? »
« Beh… tutto ha da comprendersi in quale misura, effettivamente, vogliamo considerarla ancora nostra amica. » sospirò Amazzone, tutt’altro che entusiasta all’idea di ritenerla propria antagonista, malgrado fosse giunta lì, come ogni altra Midda Bontor, alla ricerca di spiegazioni e, ove non soddisfacenti, di morte, per quella creatura divina.

Se Monca era ritornata al tempio della fenice sospinta dalla volontà di fare chiarezza nel merito di allucinanti visioni a lei imposte dal contatto con gli scettri del faraone, e tali da suggerire un coinvolgimento della fenice nel complottare per privarla della libertà di decidere nel merito del proprio destino, del proprio fato, per come lei, altresì, aveva da sempre lottato per essere indipendente; Amazzone, che mai aveva visitato Shar’Tiagh insieme a Be’Sihl e mai aveva recuperato le reliquie in questione, aveva lì fatto ritorno incitata in tal senso proprio dalle offensive che la stessa Progenie aveva riservato a discapito suo e dei suoi cari, attentando persino alla vita del proprio amato sposo, Ma’Vret. Un’offesa, quella in tal modo rivoltale, che ella non avrebbe mai potuto tollerare, non avrebbe mai potuto sopportare, e che, ineluttabilmente, l’aveva portata al confronto con l’ipotetica mandante di tali fanatici, per cercare spiegazioni e, laddove necessario, vendetta.
Ma se l’ira di Amazzone nei confronti della fenice avrebbe dovuto essere considerata qual semplicemente riflessa, nel trovarsi originariamente indirizzata a discapito della sua Progenie; quella di Monca avrebbe dovuto essere considerata genuina e sincera, in quanto alimentata da solide ragioni tali da non poter permettere ampio margine di discussione fra loro. Ragione per la quale, entrambe, nel confrontarsi su quell’argomento, tentavano di soffocare le proprie emozioni, in favore o in contrasto a colei un tempo considerata, forse frettolosamente, qual propria amica, per rispettare le reciproche posizioni, comprendendo quanto, oggettivamente, nelle convinzioni della propria alternativa non vi sarebbero potute essere lette considerazioni assolute, in una misura tale da costringere le proprie stesse a un’obbligata revisione, a una necessaria moderazione, allo scopo di non trarre conclusioni almeno sino a quando non sarebbe stata loro concessa possibilità di ottenerne senza margine di errore, senza possibilità di fraintendimenti, tanto a favore quanto in contrasto alla fenice e a ciò che ella, forse, rappresentava nel loro cuore.
Entrambe, dopotutto, erano a lei particolarmente legate sin dal giorno in cui, con il proprio fuoco, essa le aveva rigenerate, le aveva permesso di dimenticare ogni affanno, ogni stanchezza, ogni problema, abbracciando una serenità qual mai, in tutta la propria esistenza, era stata loro concessa. E, in ciò, entrambe non sarebbero state entusiaste nello scoprirla a sé avversa, benché non avrebbero potuto permettersi di minimizzare ogni sospetto nei suoi riguardi, riducendolo a mera paranoia priva di fondamento… non, per lo meno, nel considerare quanto potere, comunque, quella creatura conservava in sé: potere per creare e potere per distruggere, come all’epoca aveva sottolineato il folle signore che aveva voluto tentare di rendere propria tale energia, propria tale prerogativa divina.

« Questo sarà proprio lei a deciderlo… sulla base delle proprie risposte. » sospirò Monca, qual unico, obbligato commento alle parole della propria compagna, non più entusiasta di lei a quella prospettiva, ma, inevitabilmente, più disillusa nel confronto con la stessa « Ammesso che mai riusciremo a uscire da questo dannatissimo budello… ovunque esso sbucherà! »

E quasi qualche dio beffardo fosse in ascolto delle sue parole, o quasi, forse, la stessa fenice desiderasse restringere i tempi necessari al loro confronto, per così come annunciato, qualcosa si mosse e, improvvisamente, tutto attorno a loro mutò nella propria apparenza e nella propria sostanza, assumendo una forma completamente diversa e offrendo loro, in ciò, un’occasione di improvvisa e incredibile vicinanza con l’obiettivo più volte invocato, chiaramente desiderato.
Una mutazione che, tuttavia, non ebbe a doversi considerare conseguenza di un qualche incanto, di una qualche stregoneria, ma, semplicemente, di un crollo tanto inatteso, quanto irrefrenabile, del terreno sotto di loro, sotto i loro corpi striscianti, che le vide sprofondare senza possibilità di controllo all’interno di una nuova voragine oscura e da lì, in pochi, pochissimi istanti, tali da non concedere loro neppure l’occasione di comprendere quanto stesse avvenendo, di ricadere violentemente in un’ambiente ben noto a entrambe e, a modo suo, anticamera per l’accesso al cuore del tempio e, con esso, alla fenice… la prova del fiume di lava!

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