11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 29 dicembre 2012

1805



La compatta squadra d’assalto costituita dalle tre Midda Bontor soprannominate Treccia, Corazza e Destra, prosegui nel proprio cammino tentando di rendere proprio il maggior impegno possibile nell’avanzare all’interno di quel templio sotterraneo, nell’inoltrarsi nei suoi corridoi e nelle sue vie dimenticate e forse mai conosciute, rinunciando, proprio malgrado, a cercare di ritrovare un qualunque riferimento fra quanto ora loro offerto e quanto precedentemente visto, esplorato, in occasione della loro prima visita all’interno di quel luogo fortunatamente dimenticato dal mondo.
Ora come allora, tutte e tre ebbero ragione di che sorprendersi, di che stupirsi di quanto in profondità potesse essere stato realizzato quel complesso, quella struttura, incredibilmente articolata, straordinariamente complicata, al punto tale da rendere difficile riuscire a giustificare l’edificazione di tutto ciò a sola opera dell’intervento umano. Tuttavia, nel corso della loro professione, in anni, lustri dedicati alla riscoperta di epoche passate attraverso vestigia di epoche la cui memoria si era completamente perduta, tutte loro avevano avuto occasione di perdere, in parte, quello sguardo innocente e quasi infantile che avrebbe potuto altresì caratterizzarle di fronte a tutto quello e a ben altro ancora, ragione per la quale, ormai, difficilmente avrebbero potuto attribuire una spiegazione sovrumana, un’origine semidivina, a ciò che non erano in grado di giustificare altrimenti, come, abitualmente, i più sarebbero stati portati a compiere. E, in verità, addirittura una chiave di lettura positiva avrebbe dovuto essere riconosciuta dietro a tutto ciò, dal momento in cui, in tal modo, all’uomo e alle sue capacità era attribuita una potenzialità normalmente negatagli, una prerogativa a torto considerata soltanto divina, qual quella di poter creare, di poter plasmare il mondo secondo i propri capricci, per dare vita a qualcosa di straordinario così come a qualcosa di terribile, a seconda della volontà di colui che, in tal senso, si sarebbe impegnato.
Ogni bivio, ogni svolta, appariva per loro nuova e inesplorata, tale per cui avrebbero potuto vagare all’interno di quel labirinto per giorni, settimane addirittura, senza riuscire a districarsi in esso, senza riuscire in alcun modo a raggiungere l’obiettivo desiderato. Una situazione, in verità, non originale, rispetto alla loro prima esperienza in quello stesso luogo, e pur, malgrado tutto, vagamente frustrante, laddove avrebbero certamente preferito non doversi ritrovare costrette a ricominciare tutto da capo, quasi entro quelle vie sotterranee non si fossero mai sospinte, non avessero mai avuto occasione di rischiare la propria vita. Purtroppo per loro, la conferma di quanto tutto quello avesse da considerarsi nuovo e sconosciuto, oltre che, ovviamente, potenzialmente letale, venne loro riservata nel confronto con una trappola della quale alcuna fra le tre avrebbe potuto vantare ricordo, malgrado l’indubbia unicità del contesto in cui questo ebbe a proporsi.

« Oh, bella. » commentò Destra, aggrottando la fronte innanzi allo spettacolo loro offerto al termine dell’ennesimo corridoio, e a distanza ormai considerevole dall’ultima svolta compiuta, dall’ultima decisione affrontata nel merito di quale via scegliere qual propria « Se non avessimo fretta di concludere, potrei trovarlo anche divertente… » soggiunse, a spiegare le ragioni della propria ultima esclamazione.

Il concetto di divertimento, che quella Midda Bontor volle dichiarare qual proprio, e che, in verità, era tutt’altro che disapprovato dalle sue compagne, dalle sue pari, prevedeva, qual soggetto al centro di tale entusiasmo, uno scenario contraddistinto da un lungo e stretto percorso, almeno settanta, forse ottanta piedi per non più di sei, alla base del quale non era stata disposta alcuna pavimentazione, nel lasciar scoperto un profondo e oscuro baratro, impossibilitato a essere rischiarato nella propria intera estensione dalla luce di quel capillare sistema di illuminazione, e sol disturbato, nella propria omogeneità, da una rada sequenza di strette piattaforme, pilastri di pietra che, dalle tenebre di quell’abisso, emergevano sino a porsi allo stesso livello da loro stesse ancora occupato, offrendosi qual possibile, e possibilmente letale, percorso utile a passare da un fronte a quello opposto. Un invito, pertanto, sufficientemente esplicito, quello loro rivolto a proiettarsi dal vertice di uno di quei pilatri al successivo, compiendo salti perfettamente calibrati, dosando in maniera impeccabile le proprie energie, laddove un solo, lieve errore le avrebbe viste mancare lo spazio appena sufficiente a ospitare un singolo piede, precipitando conseguentemente nel vuoto, in quel baratro dal quale, sicuramente, non era stata supposta possibilità di uscita.

« Invero, credo proprio che avremo occasione di divertirci un po’, vecchia mia… » replicò Treccia, affiancandola nell’osservare l’itinerario loro così suggerito, e proponendole un sorriso complice e divertito, qual propria, personale opinione nel merito del medesimo « Ammesso di non aver perso improvvisamente la mia capacità di giudizio, sono pronta a scommettere che tutto questo abbia da considerarsi una conferma di quanto, dopotutto, non ci siamo ancora completamente perse. E che, addirittura, siamo sulla buona strada per giungere dalla fenice. »
« Tu dici…?! » questionò Corazza, dimostrando un certo dubbio a tal proposito.
« Certamente! » annuì allora la rossa, prima ad aver preso voce in tal senso « Che senso avrebbe disporre qualcosa del genere lungo una via errata, lungo un vicolo cieco destinato a non condurre da alcuna parte e, anzi, concepito al solo scopo di dirottare eventuali invasori verso morte certa?! » spiegò, comprendendo perfettamente le ragioni addotte dalla compagna in suo sostegno e a favore di quell’occasione di ludo.
« Ragionevole. » approvò a malincuore la mercenaria in armatura, ritraendosi verso lo stesso percorso lungo il quale erano lì sopraggiunte, offrendo dimostrazione di volersi porsi nuovamente in cammino in tal direzione « Voi proseguire pure da questa parte… io cercherò un’altra via. » annunciò, priva di inflessioni utili a suggerire una qualche volontà di giuoco, di scherzo nei loro riguardo.

Per un istante, malgrado la serietà dimostrata dalla compagna, entrambe le altre restarono immobili, quasi interdette, non riuscendo a cogliere il senso di quella provocazione, il fine ultimo di quello scherzo, qual necessariamente avrebbe dovuto essere, non giudicando possibile che ella potesse realmente rinunciare a un’occasione qual quella lì loro offerta, e che, secondo lo spirito comune che sino a quel momento le aveva viste perfettamente allineate, avrebbe dovuto entusiasmarla almeno quanto loro.
Purtroppo però, fu presto chiaro come alcuna provocazione, alcuno scherzo, avrebbe dovuto essere inteso dietro a quell’intento, al punto tale che, se non fosse stato per l’intervento dell’unica mano rimasta a Treccia, e rapidamente serratasi attorno al braccio mancino della compagna, per arrestarne il movimento, questa si sarebbe certamente già allontanata, sarebbe già scomparsa alla loro vista, nella volontà di individuare una diversa strada per proseguire in quella comune missione.

« Ehy! » esclamò la donna orrendamente ustionata, trattenendola senza una qualche reale volontà di imposizione a discapito della medesima, e pur bramosa di comprendere il perché di quell’improvvisa ritirata « Cosa succede? Se non sei d’accordo possiamo pure cercare tutte insieme un’altra soluzione, senza per questo dividerci… »
« No. No. Per essere d’accordo sono assolutamente d’accordo con voi. » sorrise Corazza, ora rivelando una profonda malinconia a contorno di quelle parole « Purtroppo non credo di potervi seguire lungo questa strada… »
« Perché? » obiettò la rossa, non cogliendone ancora le ragioni, per un istante, proprio malgrado, dimentica delle particolari condizioni in cui riversava la propria interlocutrice, solide motivazioni per le quali non ambire a porre la propria vita in giuoco in un simile percorso.
« Per la stessa ragione per la quale da quasi vent’anni non mi sono più potuta neppure permettere di avvicinarmi al mare, che tanto amiamo. » esplicitò, così obbligata, senza rendere proprio alcun malanimo nei confronti della propria altra se stessa, ben consapevole di quanto difficile sarebbe stato comprendere la propria posizione senza viverla, qual lei era costretta a fare da troppo tempo « Con questo surrogato di braccia e di gambe mi posso permettere di camminare e di menar colpi, di spezzare ossa e di aprire crani, ma è meglio che io eviti di impegnarmi in qualche passo di danza… così come una bella nuotata in mare. » scosse il capo, mestamente « Non ho la sensibilità utile a muovermi con la leggerezza dovuta. E sono troppo pesante per poter sperare di restare a galla. »

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