Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
domenica 30 dicembre 2012
1806
Avventura
037 - Eufonia
Sebbene non fossero mancate occasioni di giuoco, di scherzo, fra loro, nel merito dell’infermità di Corazza, non tanto al fine ultimo di canzonarla, quanto più per dimostrarsi a lei solidali, a lei vicine, in misura sufficiente da non compatirla, da non lasciarla sentire considerata qual una mezza donna, quanto e piuttosto da riconoscerla qual loro pari, e in questo possibile bersaglio di sberleffi come chiunque altro, non favorita né sfavorita dalle proprie condizioni; Treccia e Destra non avevano né dimenticato, né trascurato il problema della compagna, benché, in ciò, non lo avessero mai, neppure, considerato realmente limitante per lei. Dopotutto, ella era pur sempre una Midda Bontor, era pur sempre una di loro, che aveva corso e combattuto al loro fianco esattamente come avrebbe fatto chiunque altra fra loro, e partire dal presupposto che sarebbero esistite azioni per lei proibite, per lei impossibili, sarebbe equivalso a mancarle di rispetto, a discriminarla, così come mai, alcuna fra loro, avrebbe apprezzato riconoscersi qual tale.
Quanto né Destra né Treccia, tuttavia, avevano considerato, era quant’ella avrebbe dovuto essere considerata oggettivamente discriminata dalla sorte avversa, dal fato che, in sua opposizione, si era particolarmente sbizzarrito, tanto da mutilarla orrendamente nell’animo oltre che nel corpo, permettendole sì di apparire a tutte loro eguale, a tutte loro pari, e pur, al tempo stesso, negandole di potersi effettivamente riconoscere qual tale, ignorando, ella stessa, i limiti derivanti dalla propria infermità.
« D’accordo… » annuì la mora dai lunghi capelli composti in una stretta treccia « Cambiamo strada. » proclamò, parlando anche a nome della terza compagna, consapevole di esprimere, in tal senso, anche la sua posizione, la sua opinione.
« No! » protestò Corazza, scuotendo il capo e levando entrambi le mani, in nero metallo dai rossi riflessi, allo scopo di arrestare, metaforicamente, l’avanzata della coppia nella propria direzione « La vostra analisi è corretta: quella deve essere la via giusta e sarebbe assurdo rinunciarvi solo per venir dietro a me e alle mie paranoie… »
« Sarebbe assurdo, per noi, non rinunciarvi e lasciarti sola con le tue paranoie, sorella. » respinse la rossa, a sua volta offrendo cenno di diniego con il capo, accompagnata in ciò da un quieto e caldo sorriso privo di critica o di qualunque addebito a discapito della controparte « Ricordati che noi siamo te… e tu non lasceresti mai una di noi indietro solo perché impossibilitata a seguirti, a percorrere i tuoi stessi passi. »
« Certo che lo farei, nel considerare quanta poca distanza potrebbe separarmi dal mio obiettivo! » tentò di negare la donna, nel rifiutare la chiave di lettura così propostale.
« Siamo brave a mentire… tutte noi. » strizzò l’occhio destro Treccia, con fare complice « Tuttavia non possiamo pensare di arrivare a mentire a noi stesse senza, in questo, essere individuate. » sorrise accomodante « Per favore, Corazza… o si prosegue tutte insieme, o si torna indietro tutte insieme. Ma nessuna sarà abbandonata. Né ora, né mai. »
Per un lungo, lunghissimo istante, un pesante silenzio ricadde fra le tre, in attesa della replica che l’interessata avrebbe offerto in risposta a quelle parole, a quella provocazione invero priva della volontà di apparir e di essere tale. Una quiete assoluta, contraddistinta da un immobilità completa, imperturbabile, nel confronto con la quale, tutte loro avrebbero potuto allor essere fraintese quali perfette riproduzioni inanimate delle loro stesse fattezze, se non fosse stato per quella minimale, e pur sempre presente, contrazione e distensione pettorale caratterizzante il loro stesso respiro. Una tensione sincera, reale, concreta, quella così impostasi fra loro, qual solo avrebbe potuto esser loro propria nel confronto con l’ipotesi di una battaglia, di un violento e imminente scontro, qual pur, ovviamente, mai alcuna avrebbe allor lì ricercato: perché per quanto i loro corpi potessero suggerir tale eventualità, per quanto le loro menti potessero essersi disposte qual pronte a ogni eventualità, a ogni qual genere di tenzone, alcuna di loro avrebbe potuto riconoscersi qual tale, qual desiderosa di porsi in competizione con se stessa, senza neppure una reale motivazione a sostegno di ciò.
Psicologico, pertanto, avrebbe dovuto essere considerato quel loro confronto, intima quella loro battaglia, non destinata a sfociare sul piano fisico, non concepita per tradursi nell’appassionata realtà della competizione fra il freddo metallo delle loro lame e la calda carne dei loro corpi, quanto e piuttosto desiderosa di stabilire chi avrebbe dovuto compiere un passo indietro nelle proprie motivazioni, nelle proprie decisioni: se Corazza, nella propria scelta di proseguire da sola quel cammino a ritroso sui propri passi, affidando alle compagne l’obbligo di tirar oltre, di spingersi al di là di quell’interessante percorso a ostacoli; o se Treccia e Destra, nella propria decisione di non permettere alla loro altra se stessa di trarsi indietro da sola, accompagnandola in qualunque percorso ella avrebbe desiderato rendere proprio.
E quando la donna in nera armatura riprese voce, a esprimere la propria nuova posizione, non volle concedere ad alcuna la soddisfazione di una vittoria, neppure a se stessa, abbracciando, a tal fine, una terza via estranea al loro dibattito, alla loro contesa, qual miglior soluzione alla questione… per quanto a lei, comunque, terribilmente avversa.
« E sia. » accettò, chinando appena il capo con fare rassegnato « Se queste sono le alternative, proseguiremo tutte insieme. » annunciò « Per lo meno, se mi dovessi ammazzare precipitando in quel dannato baratro, lo farò con la consapevolezza che la colpa della mia morte vi resterà sulla coscienza per lungo tempo, quasi mi aveste spinta voi stessa laggiù! » soggiunse ed esplicitò, con macabra ironia, a dimostrare quanto, dal proprio punto di vista, non dovesse essere inteso alcun risentimento per quanto così pattuito, benché le parole scelte potessero lasciar intendere l’esatto contrario.
« Ma se proprio desideri che qualcuna fra noi ti dia una spinta, hai solo da chiederlo… » replicò Treccia, con fare sornione e giocoso, a dissimulare, in tal senso, quanto in verità ora avesse di che temere per il futuro della compagna, non desiderando, certamente, vederla compiere uno sgradevole, e letale, volo alla ricerca dell’esistenza, o meno, di un fondo ai piedi di quella voragine, di quelle tenebre insondabili.
Una grassa risata, a quelle parole, non poté che sorgere dalla gola della mercenaria in armatura, la quale, addirittura, ebbe ragione di cercare un appoggio, un sostegno sulle pareti a lei più prossime, per ovviare al rischio di una poco elegante caduta al suolo. Una risata alla quale, inevitabilmente, anche le altre due donne presero parte, per un fugace momento dimentiche di tutto e di tutti tranne che della serenità, in fondo, per loro derivante da quel bizzarro rapporto, da quel confronto che, probabilmente, avrebbe fatto perdere il senno alla maggior parte degli uomini e delle donne, e che pur, ancora una volta, si dimostrò essere per loro occasione di straordinario appagamento, nel ritrovarsi in assoluta armonia con le proprie compagne di avventura, e, in ciò, con se stessa, così come da troppo tempo non le era concesso di essere. In tempi recenti, infatti, tutte loro si erano troppo spesso colpevolizzate ingiustamente, per tutte le pieghe negative nelle quali, il mondo a loro circostante, aveva avuto occasione di evolversi, con particolare riguardo per la loro gemella Nissa, per la loro ultima avversaria Anmel e per tutte le drammatiche morti che, anche a causa di tali figure, si erano susseguite nella sua quotidianità, privandola della presenza di molte, troppe figure care, per la prematura dipartita delle quali non avrebbe potuto evitare di considerarsi in primo luogo responsabile, qual principale, se non unico, fattore comune fra tutte loro.
L’occasione concessa loro, pertanto, in quella folle avventura, di riconciliarsi a se stesse, sebbene attraverso quella particolare forma ben distante da qualunque chiave di lettura metaforica, avrebbe dovuto essere riconosciuta qual di estremo valore, e valore positivo, per permettere loro, forse, di ritornare a confrontarsi con il mondo, e con le loro due grandi antagoniste, Nissa e Anmel, con rinnovata fiducia in sé e nelle proprie possibilità, così come, forse anche inconsciamente, da troppo tempo avevano smesso di avere.
« Proviamoci. » invitò Corazza, riprendendo alfine voce « E vada come vada… in barba a quei maledetti vigliacchi che mi hanno fatta letteralmente a pezzi! »
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