11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 24 ottobre 2013

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Mi può essere perdonata un’altra piccola parentesi?
Immagino che qualcuno, nel leggere questo mio resoconto che, da qualche pagina, si sta concentrando su una lunga serie di chiacchiere fra Duva e me, starà iniziando a sbuffare domandandosi per quanto io possa avere intenzione di proseguire in questo modo, trascurando l’elemento per il quale, in questi anni, ho maturato una certa fama nella mia terra natale: l’azione.
Verso questo eventuale qualcuno, mi si conceda, quindi, la possibilità di rispondere. E di rispondere in due semplici punti.
Punto primo. Come avevo premesso all’inizio di questo… boh… capitolo?... mio scopo nel selezionare questi estratti da una settimana di duro lavoro in miniera accanto a Duva, ha da intendersi la volontà di offrire, in maniera un po’ discorsiva e meno possibile didascalica, una serie di informazioni che anche a me furono concesse in egual maniera. Informazioni sul contesto a me circostante, e obiettivamente nuovo, così come sulle persone a me vicine, e fondamentalmente prima di allora sconosciute, a eccezion fatta per l’anteprima concessami in grazia a un sogno ricorrente nel merito del quale ho già offerto sufficiente riferimento. Se poi, fra coloro nelle mani del quale finirà questa mia testimonianza, esisterà chi avrà già a doversi considerare edotto nel merito di queste informazioni, per carità… buon per lui o per lei, chiunque sia. Con il mio più sincero invito a proseguire oltre e a cercare scene più idonee ad appagare qualunque eventuale sete di sangue e violenza possa aver sospinto a questa lettura.
Punto secondo. Come già ho avuto occasione di sottolineare, io non sono un bardo, non sono un cantore, né, tantomeno, ho mai avuto velleità di divenirlo. Questo mio testo, in ciò, non desidera essere un’opera letteraria degna d’alcunché, quanto e piuttosto una sincera occasione, per la sottoscritta, di fare ordine nella propria mente, nei propri pensieri e nei propri ricordi e, in ciò… perché no?... tenere traccia degli eventi straordinari di cui sono stata partecipe nel mio viaggio al di fuori dei confini propri dell’unico mondo che avessi mai conosciuto prima dell’inizio di questa grande avventura. Difficilmente, quindi, riuscirò a dimostrarmi capace di competere con chi della narrazione ha fatto il proprio mestiere, la propria professione, soprattutto nel ricordare quanto, da parte mia, l’unica arte in cui mi sia mai realmente impegnata abbia a doversi considerare quella della guerra. Che mi si possa chiedere di uccidere in qualche dozzina di modi diversi, pertanto, è assolutamente legittimo… e, vi posso assicurare, che la fantasia in tal senso non mi manca. Che mi si possa chiedere, altresì, di curare i tempi della mia prosa al fine di meglio intrattenere possibili lettori o ascoltatori, mi spiace, ma esula dalle mie competenze.
Ovviamente, se fra voi esistesse qualcuno interessato a cogliere questa mia testimonianza e a rielaborarla al fine di tradurla in un testo avvincente come molti fra quelli che, in passato, hanno trovato occasioen di intrattenere persino me stessa, nel rinarrarmi quanto da me vissuto e combattuto… prego, si faccia avanti e si consideri in tutto e per tutto autorizzato dalla sottoscritta in tal senso.
Per intanto, comunque, io continuerò a scrivere nell’unico modo in cui sono capace…

Detto questo, e ci tenevo veramente tanto a farlo, arrivo finalmente a quanto, immagino, la maggior parte, fra voi, stava attendendo da qualche tempo: il ritorno di Nero.
Trascorsa, infatti, un’intera settimana di apparente tranquillità all’interno di quella sfibrante e ripetitiva realtà di lavoro, che, senza l’occasione di distrazione offerta dalle chiacchiere con Duva, difficilmente mi avrebbe vista non dare di matto; apparentemente senza ragione la mia compagna di cella e io fummo castigate con un paio di ore di straordinario in più. E benché, almeno all’inizio, né lei, né tantomeno io, riuscimmo a capacitarci del perché di quella punizione tanto mirata e, parimenti, immotivata, nel momento in cui fummo, finalmente, accompagnate alle docce, lì ritrovando, in nostra attesa, proprio il succitato…

« … Nero! » esclamai, colta in contropiede, nel ritrovarlo, a braccia conserte, appoggiato contro una parete dello spazio che avrebbe dovuto essere riservato all’intimità mia e della mia amica, o, tuttalpiù, di altre ritardatarie, donne e umane, nostro pari; ma non, certamente, a un uomo, né, tantomeno, a un uomo chimera, come lui.

Credo sia quasi superfluo sottolineare come, da parte di Duva o mia, al di là della sorpresa di trovarlo lì, non vi fu il benché minimo imbarazzo in conseguenza al nostro essere pressoché nude, coperte solo da una coppia di asciugamani, innanzi a lui. Né ve ne sarebbe potuto essere anche nel caso in cui fossimo state completamente nude, laddove, sufficientemente confidenti con i nostri corpi, non ci saremmo mai permesse alcun senso di inibizione o di pudore per essi innanzi a un estraneo, e soprattutto innanzi a un potenziale nemico qual difficilmente egli non avrebbe potuto evitare di apparire.
Al di là, tuttavia, di ogni possibile, facile e pur giustificato, timore volto a riconoscere quella qual una trappola, Nero non si presentò accompagnato da alcun guardaspalle in tale occasione, né, in effetti, si scompose dalla postura di quieta attesa nella quale ci aveva accolte per dimostrare un qualche intento offensivo a nostro discapito. In ciò, due avrebbero potuto essere le logiche conseguenze da trarre: o egli avrebbe dovuto essere riconosciuto qual un antagonista ancor più temibile di quanto non avevo potuto inizialmente supporre, oppure egli non si era spinto fino ai nostri bagni animato da un intento a noi apertamente ostile.
Beninteso che la seconda alternativa non avrebbe, in alcun modo, inficiato l’eventuale valenza della prima.

« Midda Namile Bontor. Un anno di lavori forzati in attesa di processo per aggressione a pubblico ufficiale, oltre che rissa, clandestinità e altre amenità varie. » commentò per tutta risposta, rafforzando, se possibile, la sorpresa che già era riuscito a impormi con la proprie presenza lì nel chiamarmi per nome… e per nome completo « Si dice che tu provenga da un pianeta primitivo, per quanto tutto ciò abbia a considerarsi quantomeno assurdo. E si dice anche che tu abbia aggredito un gruppo di marinai della Midela Niseni dopo averli adescati presentandoti a loro completamente nuda. » soggiunse, non negandosi uno sguardo incuriosito in direzione delle mie forme, cercando di scrutarle attraverso l’asciugamano nel quale pur ero ancora avvolta.
« … Namile?! » ripeté Duva, aggrottando la fronte nel guardarmi con aria interrogativa, in attesa di eventuali conferme o smentite.
« E’ il mio secondo nome… il nome di mia nonna… » le spiegai, senza troppi giri di parole « Ma l’ho detto soltanto all’accusatore Zafral. Come fai a saperlo, tu?! » questionai, in direzione dell’intruso.
« Duva Nebiria. Sei mesi di lavori forzati in attesa di processo per omicidio di primo grado, aggravato da finalità politiche. » riprese Nero, dedicandosi allora, in tale esposizione di informazioni a nostro riguardo, alla mia compagna, quasi non desiderasse lasciarla priva di riconoscimento per la propria partecipazione a quell’incontro clandestino e, soprattutto, non voluto « E… sì. Lo so che non hai strappato il cuore di un uomo perché picchiava sua moglie. Anche se non posso negare di aver apprezzato la suggestiva immagine da te in tal modo suggerita. »
« Sei mesi soltanto…?! » fu il mio turno di ripetere, inarcando un sopracciglio nel fissare, con aria contrariata, la mia compagna di cella, riflettendo attorno a quell’informazione « Perché tu soltanto sei mesi mentre a me un anno? Non è giusto! »
« Ehy… il mio reato è più grave. » protestò ella, di rimando, minimizzando la questione « Non puoi paragonare un omicidio di primo grado a semplice aggressione a pubblico ufficiale… per quanto quel pubblico ufficiale fosse l’accusatore in persona. » soggiunse, per non offrire spazio a dubbio alcuno.
« Come vedete mi sono informato su voi due… » proseguì il nostro ospite, mantenendo imperturbabilmente la posizione nella quale lì lo avevamo trovato « E per quanto su una abbia trovato molti più dettagli che sull’altra, non si può negare che siate entrambe soggetti estremamente interessanti, anche alla luce di quanto ho avuto modo di verificare in prima persona in occasione del nostro ultimo incontro. »


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