11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 24 aprile 2020

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Inutile a ribadirsi, alla giovane donna rettile non sarebbe potuto interessare di meno nel merito del giudizio di quegli uomini. Anzi.
Da un certo punto di vista, forse e addirittura, la mancanza di apprezzamento propria di quei sacerdoti y’shalfichi non avrebbe avuto a doversi fraintendere sì negativa quanto, piuttosto, le reazioni di discriminazione razziale alle quali, in passato, si era ritrovata a essere sottoposta da ben altre fonti. Là dove, infatti, in quel mondo l’ignoranza propria della popolazione autoctona avrebbe potuto essere quietamente giustificata nel confronto con la palese evidenza di quanto inedita avrebbe avuto a dover essere giudicata la sua figura, e una figura lì altresì accomunata, per l’appunto, all’idea di un sanguinario mostro omicida; altrove, e in quei mondi in cui, al contrario, la consapevolezza dell’esistenza di vere e proprie civiltà non umane non avrebbe avuto a doversi intendere nulla di sorprendente, decisamente più grave, indubbiamente più ingiustificabile, avrebbe avuto ad accusarsi l’antagonistica ostilità della quale sovente si era ritrovata oggetto per il semplice fatto di esser quello che era: una giovane donna ofidiana e, peggio che mai, neppur di sangue puro, in quanto una pur minima parte del suo corredo genetico avrebbe avuto a doversi intendere umano. Chimera per gli uni, per così come erano sempre stati soliti definire gli umani tutte le specie non umane, mezzosangue per gli altri, per così come venivano pregiudicati gli incroci ibridi fra specie diverse, Har-Lys’sha era stata costretta ad affrontare il pregiudizio delle persone fin dalla più tenera età. Ragione per la quale, allora, ben misero valore avrebbero potuto riservarsi gli insulti così a lei rivolti da parte di quegli stolidi ignoranti… definibili ignoranti, nel dettaglio, non in virtù di qualche facile volontà d’insulto, quanto e piuttosto in virtù della loro obbligata ignoranza nel merito dell’esistenza, nella vastità infinita del Creato, di una realtà molto più complessa rispetto a quanto mai avrebbero potuto immaginare: e una realtà nella quale, quindi, anche quel “mostro” non avrebbe avuto, in effetti, a doversi intendere nulla di più, né nulla di meno, rispetto a qualunque altra donna umana o non.
Poi, per carità: nel considerare quanto male da parte di quei sacerdoti y’shalfichi, una donna avrebbe avuto a dover essere intesa anche e semplicemente in quanto donna… ogni possibile elucubrazione nel merito di tutto ciò, purtroppo, avrebbe avuto a dover essere considerata alla stregua del ridicolo!

« Ti sembra che io me la stia prendendo…?! » commentò quindi per tutta replica la giovane donna rettile, stringendosi appena fra le spalle, in quello che avrebbe avuto a potersi intendere qual un semplice gesto di minimizzazione nel merito del discorso in corso, e che pur, con squisita scelta di tempi, ebbe a servirle, anche, ad accompagnare l’ennesima evasione dall’aggressione dell’ennesimo antagonista, il fendente del quale, in conseguenza a quel gesto e a una lieve torsione del di lei busto, ebbe a piombare su vuoto che ella lasciò in luogo alle proprie sinuose forme, solo per poi andare a colpire, con l’elsa di uno dei propri pugnali, il polso avversario, costringendolo ad abbandonare la presa sulla propria lama e a farla precipitare al suolo con un gridolino di dolore « In effetti, non mi potrebbe interessare di meno del loro giudizio. Ma anche se così non fosse, mi è stato detto molto di peggio, in passato… » puntualizzò, ammiccando verso Midda un istante prima di guidare l’elsa dell’altro proprio pugnale a impattarsi dietro il collo dell’antagonista, così stolidamente sbilanciatosi in avanti, per porre pietosamente fine al suo dolore, e a quel dolore che non mancò di essere obnubilato nelle tenebre dell’incoscienza nelle quali così precipitò.
« Sei sempre troppo serafica, mia cara! » protestò tuttavia Duva, intromettendosi nel discorso « Possibile che nulla ti scalfisca…?! »

La domanda così rivolta alla giovane donna rettile, purtroppo, manifestò un nuovo, or spiacevole, tempismo da parte dei loro antagonisti, e di un nuovo antagonista, appena sbucato, in quel preciso istante, dalla stanza alla loro destra, da dietro la porta chiusa, il quale, non mancando di intervenire in supporto dei propri compagni, si avventò sulla prima figura che ebbe a distinguere innanzi al proprio cammino, e alla figura, allora, della stessa Lys’sh. E se pur, con un nuovo, rapido volteggio ella riuscì a sottrarsi, miracolosamente, agli effetti più negativi di quell’affondo, il filo perfetto di quei pugnali ondulati non mancò di accarezzarle una spalla, la mancina, lì aprendole un tanto inatteso, quanto doloroso, taglio, che costringe la giovane a un gemito di dolore.
Prima che, tuttavia, Lys’sh potesse anche soltanto ipotizzare una qualunque replica a discapito dell’antagonista, Midda intervenne in scena e, chiaramente preoccupata, per non dire alterata, alla vista del sangue dell’amica, afferrò il braccio armato del sacerdote con il proprio destro e, senza battere ciglio, serrò le dita a pugno. Un gesto apparentemente banale e che pur, così, vide imprimere sulle carni e sulle ossa di quel malcapitato pressione sufficiente  ad abbattere un muro, in grazia ai potenti servomotori celati all’interno di quell’arto meccanico e alimentati dall’energia propria di un nucleo all’idrargirio, secondo tecniche… anzi, tecnologie addirittura inimmaginabili in quel mondo. E un gesto che, nella propria apparente banalità, si manifestò quindi a dir poco devastante per quel disgraziato, il quale si vide, letteralmente, strizzare il braccio fino all’osso e, ancor più, al midollo, ritrovando macerati tessuti, pelle, membra e, appunto, persino il medesimo osso in quella stretta, al punto tale che, in uno straziante grido di dolore e, ancor più, di orrore, egli assistette alla caduta al suolo del proprio stesso arto, e di quell’arto, in maniera tanto violenta, tanto brutale, reciso dal resto del suo corpo.

« Giù le mani dalla mia amica… » ringhiò quindi la Figlia di Marr’Mahew, giustificando la propria reazione qual palese risposta alla violenza da lui imposta a discapito di Lys’sh, e di quella violenza che, in tal maniera, gli era stata restituita cento… forse mille volte tanto, e che, per il trauma di quanto accaduto, lo vide necessariamente piombare a sua volta al suolo, non distante dai resti del proprio braccio staccato, privo di sensi, privo di ogni ulteriore coscienza nel merito di quanto sarebbe quindi potuto accadere.
« Midda! » protestò Lys’sh, preoccupata da quell’impeto di collera da parte della propria sorellona, e di quell’impeto di collera del quale, oltretutto, non avrebbe potuto ovviare a considerarsi responsabile, e a considerarsi spiacevolmente responsabile in conseguenza alla ferita che, purtroppo, aveva appena scioccamente subito « Calmati, ti prego… è solo un taglietto! »

Quanto occorso era stato così subitaneo che, all’attenzione di tutti gli altri presenti in quel corridoio, e di tutti coloro che, ancora, avrebbero potuto vantare una qualche consapevolezza di sé e del mondo circostante, fu necessario un istante di troppo per riuscire anche e soltanto ad acquisire coscienza di quell’ultima, raccapricciante evoluzione, e quell’evoluzione che, all’interno del pugno metallico della donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, stava lì ancor palesando brandelli insanguinati di stoffa, carne e ossa di quello che, solo un attimo prima, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un braccio.
Ma quando, alfine, i sacerdoti ancora intenti a combatterle compresero l’accaduto, e compresero come quella donna avesse appena mutilato, a mani nude, uno di loro, ogni precedente baldanza non poté che essere abbandonata in favore della ricerca di una precipitosa occasione di fuga, e di fuga lontano da colei che, senza troppe possibilità di fraintendimento, sembrava desiderosa di promettere loro un fato di morte…

« Dannazione… » sospirò Duva, nel ritrovarsi travolta dalla carica degli antagonisti, così desiderosi di allontanarsi da Midda da non riuscire neppure a rivolgerle una qualche ulteriore attenzione, e spingendola bruscamente da parte, semplice intralcio sulla loro via di fuga, e di fuga ad allontanarsi da quella terribile minaccia mortale.
« Ecco… ora stanno scappando! » sbuffò Lys’sh, levando gli occhi al cielo e non potendo neppure avere a dedicare attenzione alla ferita appena riportata, nella necessità, al pari di Duva, di rincorrere quella mezza dozzina di disgraziati, prima che potessero darsi alla macchia e, peggio, prima che potessero allor decidere di suonare l’allarme.

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