Il resto della giornata trascorse come di consueto tanto per Midda, quanto per Nissa.
Midda, conclusa la colazione in orario quasi prossimo a quello di pranzo, ebbe a dare appuntamento alle proprie discepole per il tardo pomeriggio, quando avrebbero avuto a riprendere le proprie esercitazioni, per potersi nel contempo di ciò dedicare all’amministrazione della città, e a quel ruolo che, con buona pace di ogni possibilità di tedio, ormai gravava solo e unicamente sulle sue spalle, nel non poter più fare affidamento su lord Brote qual primo e più importante filtro a tal riguardo. E sebbene non richiesto, e, anzi, persino osteggiato da parte della stessa signora di Kriarya, tre delle proprie allieve non mancarono di volerla seguire a tutti i costi anche in quel frangente: Raska, figlia della trecentoventiquattresima; Losil, figlia della quattrocentoottantottesima; e Pemir, figlia della cinquecentotrentesima.
Non che a Midda potesse dar fastidio la loro presenza in quanto tale e, anzi, nell’assenza di Duva e Lys’sh quelle tre figliastre avrebbero avuto a doversi intendere qual una compagnia indubbiamente gradevole: ciò non di meno, il fatto che ella avesse a muoversi per la città, soprattutto nelle proprie vesti istituzionali, perennemente accompagnata dalla presenza delle desmairiane avrebbe potuto offrire un messaggio sbagliato ai suoi concittadini, suggerendo l’idea che esse avessero a svolgere una funzione di guardia d’onore, di paladine, preposte alla sua difesa, a sua protezione.
Un messaggio sbagliato, quello, almeno sotto due diversi punti di vista: per il fatto che, in tal maniera, ella avrebbe potuto apparire timorosa di un confronto diretto con la medesima città del peccato, quasi fra gli abitanti della città del peccato avesse a doversi fraintendere un qualche pericolo a suo potenziale discapito; e per il fatto che, peggio ancora, ella avrebbe potuto apparire bisognosa della protezione di qualcuno, quasi non potesse essere in grado di difendersi autonomamente da qualunque minaccia. Insomma: Midda Bontor, signora di Kriarya, non voleva apparire al pari di una lady qualsiasi, circondata da una schiera di scagnozzi pronti ad agire violentemente in suo nome. Non laddove, ammesso ma non concesso vi sarebbe mai potuta essere necessità di agire in maniera violenta, ella non avrebbe mancato di essere più che pronta a farlo, anche senza quelle tre semidee immortali a proprio supporto.
Purtroppo però, sebbene non figlie sue, quelle tre desmairiane avrebbero avuto a doversi intendere contraddistinte da una testardaggine degna del suo stesso sangue, motivo per il quale, con buona pace, ella aveva compreso già da diversi giorni quanto inutile sarebbe stato avere a tentare di opporsi loro.
Nissa, dal canto suo, reso il giusto saluto ai propri compagni, non mancò di fare ritorno al di fuori delle mura della città, e, in particolare, al cantiere della nuova residenza della propria gemella, per avere a ingannare il tempo nel supervisionare il proseguo delle attività lì in corso d’opera. Non che qualcuno le avesse chiesto di agire in tal maniera, né, tantomeno, che qualcuno si sarebbe potuto attendere ella avesse a farsi carico di tale attività. Semplicemente, nel mentre in cui le sue figlie si dedicavano al proprio impiego lavorativo presso “Alla Signora della Vita”, e mentre sua sorella volgeva la propria attenzione all’amministrazione della propria città, ella non avrebbe avuto assolutamente nulla da fare.
Non “nulla di meglio”, quanto e piuttosto proprio “nulla” in senso assoluto. In termini tali per cui, fra il restare a rimirare il volo degli uccelli in cielo e l’impegnarsi in qualcosa di pratico, e, dopotutto, anche di utile, ella non avrebbe avuto a riservarsi esitazione alcuna. E, del resto, in quanto ex-regina dell’isola di Rogautt, là dove aveva edificato la capitale del proprio regno marittimo, qualche credito avrebbe potuto vantarlo nella gestione di simili incombenze. Anzi: a onor del vero, ella avrebbe potuto persino impegnarsi nella gestione dell’intera Kriarya in termini probabilmente più competenti rispetto alla propria stessa gemella. Ma nel considerare le difficoltà relazionali già esistenti, improbabile sarebbe stato per lei avere la possibilità di candidarsi a un qualche ruolo amministrativo senza in questo rischiare di suscitare una vera e propria rivoluzione da parte di tutti coloro che già non tolleravano la sua presenza lì.
Consapevole di ciò, pertanto, la ritornata si era ripromessa di tenere per sé ogni propria considerazione nel merito di qualunque scelta amministrativa compiuta dalla propria gemella, concedendole spazio sia per crescere, sia per sbagliare nel proprio percorso formativo; limitandosi a indulgere giustappunto nei lavori per quella nuova dimora, e per quella nuova dimora l’esigenza della quale, dopotutto, avrebbe avuto a doverle essere addebitata.
Solo poco prima del tramonto, quindi, le due gemelle ebbero occasione di tornare a riunirsi, e a riunirsi per la sessione di addestramento serale che Midda non avrebbe potuto negare alle proprie discepole. Sessione alla quale, in maniera pressoché costante ormai, Nissa si prestava volentieri, sol indirettamente a beneficio delle stesse desmairiane, quanto, e piuttosto, a beneficio diretto di se stessa e della propria gemella, offrendole, e offrendosi, l’occasione di un costruttivo scambio di esperienze, di strategie e di tattiche belliche, nonché di stili e di tecniche di combattimento, andando ad accrescere la propria formazione in misura non inferiore a quella che, parimenti, permetteva all’altra di accrescere la propria, in un reciproco impegno a colmare le distanze fra loro esistenti.
E se, in effetti, il dialogo ancora avrebbe avuto a potersi riconoscere particolarmente forzato fra loro, quel confronto fisico avrebbe avuto a doversi intendere un vero e proprio momento di sincero incontro fra le due ex-antagoniste, e fra quelle due ex-avversarie che, malgrado tutto, non avrebbero potuto che riconoscere il valore guerriero l’una dell’altra, nella quieta consapevolezza, comunque, di quanto alcuna delle due avrebbe mai potuto realmente prevalere sull’altra, per così come una vita intera di conflitto, comunque, non avrebbe potuto mancare di dimostrare.
« Devo essere sincera... questa cosa del tridente ero convinta fosse soltanto una questione di mera apparenza scenica. » osservò Midda rivolgendosi verso la propria gemella, al termine di quel lungo confronto fra loro, quando, ormai, quell’allenamento avrebbe dovuto avere a cedere il passo alla cena, prima di nuove proteste da parte di qualcuno delle desmairiane « E, invece, sei veramente in gamba nel maneggiarlo... »
« La spada è un’ottima arma... molto duttile nelle proprie possibilità di impiego. » riconobbe Nissa, non disegnando a prescindere la spada come arma con la quale accompagnarsi, benché, in quel particolare frangente, stesse per l’appunto impugnando un tridente, non dissimile a quello da lei adoperato anni prima, quand’ancora in vita « Ciò non di meno, e, anzi, proprio per questo, a volte risulta persino inflazionata... benché esistano molte altre armi di non minor valore bellico e, soprattutto, di non minor efficacia in combattimento. » argomentò, a sostegno della propria scelta « Il tridente, in particolare, oltre a possedere una sua indubbia e originale eleganza, è una risorsa potente, che può essere impiegato efficacemente tanto nella difesa quanto nell’offesa, e tanto nell’offesa nel corpo a corpo, quanto in quella a distanza. »
E, quasi a non permettere alle proprie parole di apparire fini a se stesse, frutto di mera retorica, ella ebbe allora a muoversi con un gesto fluido e potente, nello scagliare il tridente innanzi a sé, a fendere l’aria e ad attraversare la folla delle desmairiane, non prive di sorpresa a confronto con tale gesto, prima di andarsi a conficcare contro una delle impalcature in legno del nascente complesso residenziale a non meno di novanta piedi di distanza da sé, trapassandola da parte a parte e, soprattutto, per così come tutti ebbero a rendersi conto solo qualche istante più tardi, nel constatare da vicino la situazione, andando a segnare la prematura fine di una lucertola, e di una lucertola da lei volutamente presa di mira a titolo esemplificativo di quel concetto tutt’altro che teorico.
« Thyres... » commentò immediatamente la Figlia di Marr’Mahew, aggrottando la fronte innanzi non priva di una certa sorpresa « ... non vorrei esserci io al posto di quella trave. » suggerì, ancor inconsapevole della piccola vittima così mietuta dalla proprie gemella a sostegno della propria dimostrazione pratica.
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