L’ansia che Midda Bontor si era negata nel momento in cui aveva incontrato una delle proprie nipoti all’ingresso della locanda ebbe a tornare a fare capolino, con piena soddisfazione della metà più paranoica della sua mente, nel momento in cui, giunta alla dispensa, ebbe a trovarla vuota, senza ivi ravvisare alcuna traccia di Be’Sihl. Certo: il fatto che Be’Sihl non fosse lì sotto non avrebbe dovuto significare necessariamente nulla di male, là dove avrebbe potuto essere altrove, in qualunque altro posto della locanda. Tuttavia la sua metà più paranoica non era per nulla d’accordo a minimizzare quanto stava accadendo e, anzi, avrebbe fatto di tutto per far pesare sul suo cuore quell’assenza.
Decisa a riconquistare un po’ di fiducia nel presente, la Figlia di Marr’Mahew non si concesse ancor di dimostrare alcuna preoccupazione per l’accaduto, deviando dalla dispensa alla cucina, ipotizzando che magari potesse essere lì, in compagnia dei figli e della piccola Midda Elisee, come Seem aveva voluto chiamare la propria bambina per omaggiarla. Ma se pur, effettivamente, in cucina ella ebbe a incontrare Tagae e Liagu, nonché la piccola Eli, di Be’Sihl ancora nessuna traccia...
« Mamma?! » la accolsero con sorpresa i due pargoli, non attendendosi di vederla lì, al pari di alcun altro in quella sera.
« Zia Midda! » esclamò la piccolina, correndole subito incontro, con l’affetto sincero che, ogni volta, non le negava, chiamandola “zia” benché in effetti alcun legame di sangue avrebbe avuto effettivamente a collegarle.
« Ehi, piccoli... » sorrise ella, rifiutandosi ancora di mostrare preoccupazione di sorta per l’assenza di Be’Sihl, soprattutto davanti a loro « Cosa state combinando qui dietro...?! »
« Giocavamo con le biglie! » replicò la piccola Eli, non priva di quel caratteristico moto d’orgoglio proprio dei bambini a confronto con... beh... qualunque cosa avesse a offrire loro occasione di sfida.
Che quei tre stessero semplicemente giocando con le biglie non poté mancare di rasserenare il cuore turbato della donna guerriero, a confronto con quella che, per una volta tanto, avrebbe avuto a dover così essere riconosciuta qual un’immagine di quieta normalità, in una vita che, proprio malgrado, non sembrava volerle concedere mai alcuna occasione utile in tal senso e, peggio ancora, non sembrava desiderosa di voler concedere neppure a coloro attorno a sé alcuna occasione utile in tal senso.
Non troppo, del resto, era passato dal momento in cui proprio quei tre, insieme alle due figlie di Nissa e al figlio di lord Brote, si erano ritrovati addirittura a varcare i confini dell’aldilà, o, quantomeno, di una zona di confine con l’aldilà, in una personale disavventura alla ricerca dello scomparso Brote, quand’egli era stato, per sua fortuna impropriamente, conteggiato fra le vittime dell’attentato dinamitardo che aveva rivoluzionato l’assetto politico, e il profilo fisico, della città, portando alla nomina, a furor di popolo, della Campionessa della città qual nuova signora della stessa.
Un’avventura in cui, pertanto, quei tre, i suoi due figli e, soprattutto, la piccola Eli, si erano ritrovati a doversi confrontare con forze e pericoli ben oltre a qualunque ipotesi di normalità, e ben oltre a quanto mai dei pargoli delle loro età avrebbero mai dovuto avere a supporre di doversi ritrovare a confronto.
« Bravi, bambini. » annuì ella, sinceramente soddisfatta da tutto ciò e dall’idea di quanto normale e inoffensivo avesse quindi a doversi intendere quel giuoco « Ora terminate con calma la partita e poi, voi due, preparatevi a tornare a casa, che vostra zia Nissa e tutte le altre ci stanno aspettando per cena... » apostrofò alla volta di Tagae e Liagu, dispiaciuta di doverli togliere alla piccola Eli e, ciò non di meno, non potendo fare altrimenti là dove ormai erano finiti i tempi in cui tutti loro vivevano insieme sotto quell’unico tetto.
« Sì, mamma. » annuirono i due, nel mentre in cui, ovviamente e prevedibilmente, la piccola non mancò di imbronciarsi all’idea di veder così allontanarsi i suoi cuginetti.
« Avete visto vostro padre, per inciso...? » domandò quindi, cercando di tenere sotto controllo la propria ansia a tal riguardo e confidando nella possibilità che essi avessero a risponderle con assoluta serenità, indicando quanto egli avesse a trovarsi praticamente sotto il suo naso senza che ella avesse avuto a rendersene conto.
Purtroppo, però, Be’Sihl non si trovava sotto il suo naso. E, loro malgrado, i bambini non avevano la benché minima idea di dove egli fosse, non vedendolo da un po’.
E il fatto che nessuno sembrasse essere consapevole della posizione attuale di Be’Sihl non poté ovviare a galvanizzare la sua metà paranoica, dandole motivo di gridare nella sua mente un divertito “Ah... ah!”.
Lasciando i bambini, e facendo ritorno alla sala principale della locanda, là dove si era estemporaneamente separata da Raska e dalle altre due proprie discepole, Midda ebbe a guardarsi rapidamente attorno, pregando di avere a incrociare con lo sguardo l’immagine del proprio amato. Ma, ancora una volta, il profilo dello shar’tiagho del suo cuore non ebbe a emergere nella folla lì presente.
« Maestra...?! » l’apostrofò Raska, cogliendo l’evidenza della sua insoddisfazione, così dipinta sul suo volto.
« Non riesco a trovare Be’Sihl... » ammise verso le proprie allieve, inspirando ed espirando profondamente aria dal naso, a cercare di tranquillizzarsi « Per favore: separatevi e cercatelo a ogni piano dell’edificio... »
Per quelle tre semidee, poter essere utili all’Ultima Moglie avrebbe avuto a doversi considerare uno straordinario onore. Ragione per la quale, dopotutto, la seguivano con quell’assoluta costanza e ragione per la quale, ancora, nessuna di loro avrebbe avuto di che sollevare obiezioni di fronte a quella richiesta, anche ove essa non fosse stata scandita con tanta gentilezza da parte sua.
E benché a Midda Bontor non piacesse l’idea di ricorrere alle desmairiane come una sorta di esercito privato, non nella loro totalità, e neppure nella quota minoritaria di coloro le quali avevano espresso desiderio di divenire sue allieve; stolido sarebbe stato non avere a sfruttare la loro presenza in quel momento. Così come stolido sarebbe stato non rivolgersi ai propri vecchi amici... o, per lo meno, a coloro i quali, ancora, avrebbero avuto a rivolgerle parola.
Così, nel mentre in cui, senza necessità di aggiungere altro, quelle tre colossali figure dalla pelle simile a cuoio rosso e dalle grandi corna bianche si ebbero a spargere nella locanda, pronte a perlustrarla una stanza alla volta per avere a ritrovare il locandiere mancante; Midda ebbe a muovere i propri passi in direzione di una coppia identificata a breve distanza da loro, e una coppia di compagne d’arme allor costituita da Nóirín, versione alternativa della sua gemella Nissa, e H’Anel, figlia maggiore del proprio antico amore Ma’Vret. Una coppia, in effetti, che fino a poco tempo prima sarebbe probabilmente stata all’interno di un gruppetto più amplio, comprendente anche Madailéin, la gemella di Rín nonché versione alternativa della stessa signora di Kriarya, e M’Eu, fratello minore di H’Anel, così come, sicuramente, anche Howe e Be’Wahr. Ma i dissapori interni venutisi a creare nel momento in cui Midda aveva deciso di riaccettare nella propria vita Nissa, avevano allor turbato anche tutto quello, vedendo Howe allontanarsi da lei, Be’Wahr, suo amico fraterno, essere costretto a seguirlo e, con lui, e proprio malgrado, anche la stessa Maddie, sottraendo in tal maniera metà del gruppo in una sola mossa. Una metà, poi, ulteriormente ridotta, nel proprio conteggio, dal fatto che M’Eu stesse conducendo un’imprevedibile relazione con Siggia, figlia della centotredicesima moglie di Desmair, ragione per la quale, a sere alterne, i due erano soliti o restare in locanda insieme ad H’Anel e a chiunque altro fosse lì presente, o restare con la famiglia di lei al di fuori delle mura, per quello stesso appuntamento a cui anche Midda non avrebbe mancato di partecipare volentieri.
« Guarda un po’ chi si vede...! » esclamò H’Anel, aggrottando scherzosamente la fronte con aria sorpresa innanzi alla comparsa della propria mancata madre, per così come avrebbe avuto piacere a considerarla se soltanto, molti anni addietro, ella lo avesse accettato « Hai forse deciso di porre fine a questa follia e di tornare finalmente a passare le serate con la tua famiglia, signora di Kriarya...?! » le domandò con fare volutamente critico verso di lei, e verso quello che, in fondo, non avrebbe potuto mancare di apparire qual un suo particolare capriccio, e un capriccio che aveva finito per incrinare spiacevolmente tutti i loro rapporti nel momento in cui, finalmente, avevano raggiunto una piacevole armonia.
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