« ... che macello di gente... » sussurrò con un filo di voce, sopraggiungendo sulla soglia della locanda di sua comproprietà.
Sarebbe stato sciocco negare l’evidenza così dimostrata dalla realtà dei fatti: il suo allontanamento da “Alla Signora della Vita” era sicuramente stato la salvezza di quella stessa locanda, e di quella locanda che, nei tempi successivi al suo ritorno in città dal proprio lungo peregrinare fra le stelle, si era vista trasformata in qualcosa di estremamente vicino a un’abitazione privata ancor prima che, per l’appunto, a una locanda. Una trasformazione non conseguenza di un qualche effettivo desiderio volto a danneggiare la locanda stessa, quanto e piuttosto alla volontà di mantenere tutti insieme coloro i quali costituivano la sua cerchia di amici e collaboratori, la sua famiglia, il suo clan, sotto un solo tetto, sfruttando, in tal senso, il tetto sotto il quale ella già viveva sin dal proprio arrivo in Kriarya. Però, se in passato, ella non aveva mai mancato di pagare la propria giusta quota per mantenere la propria camera riservata all’interno della locanda, da quando ella ne era divenuta comproprietaria e, soprattutto, da quando la sua residenza si era trasferita nella camera di Be’Sihl Ahvn-Qa, storico proprietario di quell’edificio, ella aveva ovviamente smesso di partecipare ai ricavi della locanda, estendendo, via via e in maniera involontariamente dannosa, tale diritto a tutti coloro a lei più vicini... coloro che, nel corso del tempo, erano sempre più cresciuti in numero, in termini tali da finire per occupare, in buona sostanza, l’intera locanda.
In conseguenza, tuttavia, al ritorno di Nissa, e alle distanze venutesi a creare all’interno del loro gruppo di amici, Midda aveva così deciso di abbandonare “Alla Signora della Vita” in quanto propria residenza e, suo pari, anche altri avevano preso la medesima decisione, trasferendosi altrove e lasciando, ai pochi rimasti, la possibilità di avere a iniziare a contribuire ai ricavi di quell’esercizio commerciale riconoscendolo finalmente in quanto tale, e non qual impropria sede della loro comunità. E venutisi a creare nuovamente degli spazi all’interno della locanda, essa non aveva mancato di tornare al proprio antico prestigio e, forse e persino, a qualcosa di più di un tempo, proponendosi, comunque, qual la locanda della signora di Kriarya e, in questo, sicura attrattiva per i più.
« Zia! » l’accolse la voce di una delle proprie nipoti gemelle, le figlie di Nissa, che dopo un fugace istante riconobbe essere Namile, impegnata a condurre seco un pesante vassoio pieno di boccali, per avere a servire un gruppo di avventori attorno a un tavolo poco distante dall’ingresso sul quale ella aveva così fatto la propria apparizione « Che ci fai qui...? »
« Dovrei essere io a farti questa domanda, Nami... » replicò la Figlia di Marr’Mahew, rasserenata dal trovare in buona salute la prima del gruppo degli “scomparsi”, e di quel gruppo che, chiaramente, si era quindi semplicemente attardato, senza che altre, e negative, interpretazioni avessero a dover prendere il sopravvento... con buona pace per quella metà paranoica della propria mente « Tua madre e io vi stavamo aspettando per andare a cena. » soggiunse poi, a metterla al corrente della situazione « Finisci di fare quello che stai facendo e recupera tua sorella, mentre io vedo di ritrovare Be’S e i tuoi cugini... »
Il fatto che una qualunque interpretazione negativa degli eventi avesse avuto così a essere esclusa non poté che rasserenare immediatamente il cuore della donna guerriero, la quale non poté ovviare a darsi della sciocca per la preoccupazione che aveva allor dimostrato, in misura tale, addirittura, da muoversi in quella direzione.
Del resto, tanto per Be’Sihl, quanto per Mera Ronae e per Namile, quello alla locanda avrebbe avuto a dover esser riconosciuto qual un vero e proprio impiego, e un impiego retribuito, che non avrebbe potuto mancare di riconoscere il proprio momento di massima intensità esattamente in coincidenza con quella sorta di assurdo coprifuoco che il trasferimento da lei deciso all’esterno delle mura della città aveva purtroppo imposto su tutti loro, mutandone radicalmente le abitudini, e quelle abitudini che, almeno per quanto concernente Be’Sihl, avrebbero avuto a doversi comunque riconoscere proprie di una vita intera. Pretendere, quindi, che improvvisamente tutto ciò avesse a essere rivoluzionato, in fondo, avrebbe avuto a doversi intendere una bella prepotenza da parte sua. E una prepotenza a confronto con la quale, tuttavia, nessuno aveva avuto di ché recriminare, a dimostrazione, comunque, di tutta la fiducia e l’affetto che, comunque, essi le volevano.
Improbabile, se non impossibile, quindi, sarebbe stato per lei avere ragione di che rimproverare Be’Sihl o chi per lui per quel ritardo, malgrado il momento di ansia così involontariamente suscitato in lei.
« Mia signora...! » esclamò Seem, suo antico scudiero e ora gestore della locanda insieme a sua moglie Arasha, nel riconoscerla avanzare attraverso la folla in direzione del bancone « Non ti aspettavamo qui stasera, ma se lo desideri farò in modo di liberarti immediatamente un tavolo. » si propose, desiderando offrire al proprio ex-cavaliere, nonché proprietaria del locale e sovrana della città, ogni giusta premura.
« Non ti preoccupare, Seem... » escluse tuttavia ella, scuotendo il capo a escludere quietamente quell’eventualità « Siamo attesi fuori dalle mura. » puntualizzò, in quella che, detta ad alta voce, avrebbe avuto a doversi riconoscere obiettivamente qual una frase paradossale, nell’essere pronunciata, per l’appunto, dalla sovrana di quella città, nonché dalla comproprietaria di quello stesso locale « Devo solo recuperare Be’S e i miei figli e leverò il disturbo... »
« Tagae e Liagu stanno giocando con Elisee in cucina. » la informò quindi, celando in maniera sufficientemente convincente tutto il proprio disappunto all’idea che ella non si sarebbe fermata insieme a loro per cena « Be’Sihl... sinceramente non so dove sia. » dichiarò, dopo essersi guardato per un istante attorno senza riuscire a coglierlo là dove avrebbe potuto attendersi di avere a individuarlo « E’ possibile che sia sceso un momento in dispensa a prendere qualcosa... se aspetti un istante, vado a controllare! » si propose, più che desideroso di avere a esserle utile in tal senso.
« Non ti preoccupare: sei già abbastanza preso con la clientela e non vedo ragione di avere a nuocere, nuovamente, agli affari di questo luogo. » puntualizzò ella, scuotendo il capo nell’escludere l’eventualità che avesse a preoccuparsi proprio lui di ciò « Vado a cercarlo io. » soggiunse poi, annuendo convinta « Ti sembrerà strano... ma ricordo ancora la strada. » ridacchiò, ammiccando verso il proprio ex-scudiero, ironizzando sulla propria non estraneità rispetto a quel luogo.
Nel muoversi in direzione del retro del locale, punto di accesso al sotterraneo ove era collocata la dispensa, Midda Bontor non poté ovviare a provare un profondo senso di nostalgia per le proprie serate lì in locanda, e non soltanto in riferimento ai tempi più recenti, e alle serate in compagnia del proprio clan, quant’anche ai tempi più remoti, e a quell’epoca in cui, per lei, era abitudine avere a riservarsi puntualmente occasione di scatenare qualche bella rissa, soltanto al fine di concludere in allegria la serata e fare un po’ di esercizio fisico prima di andare a dormire, con buona pace di ogni preghiera in senso contrario da parte dello stesso Be’Sihl.
Sembrava trascorsa una vita intera da quei momenti. Eppure erano passati soltanto pochi anni. E pochi anni nel corso dei quali, tuttavia, la sua vita si era stravolta così tante volte, e in così tanti modi diversi, da far sembrare tutto ciò qual appartenente a un passato remoto, o forse alla vita di un’altra Midda Bontor, diversa da lei.
“E’ questo che significa invecchiare...?!” si domandò nell’intimità della propria coscienza, con un sorriso dolceamaro sul viso “E, soprattutto, quand’è successo che sono invecchiata...?!” soggiunse, ovviando a soffermarsi su quanti anni fossero passati dal proprio primo arrivo in quel di Kriarya, per non rischiare di avere a deprimersi troppo a confronto con tale dato.
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