In un tal scenario, pertanto, avere a confrontarsi con la minaccia rappresentata da quei due enormi cani di fuoco non avrebbe avuto a potersi in alcuna maniera fraintendere qual gradevole, soprattutto a confronto con l’evidente disparità fra loro così esistente. Ma, del resto, Midda Bontor non era divenuta la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya e di Lysiath avendo a confrontarsi con sfide che, sulla carta, avrebbe potuto facilmente affrontare e vincere. E, allo stesso modo, proprio loro che sui passi di quella leggenda vivente avevano sempre operato, nella speranza di poterla, se non superare, quantomeno eguagliare; non avrebbero allor potuto lasciarsi dominare dallo sconforto e dal pessimismo, per così come pur troppo facile sarebbe potuto avvenire se soltanto avessero dato retta ai propri umori più viscerali.
Ovviamente fra lasciarsi dominare dallo sconforto e dal pessimismo e, altresì, avere ad agire in maniera autolesionista e suicida, avrebbero avuto a doversi riconoscere esistenti diverse sfumature di grigio. Ragione per la quale, pur motivati a non cedere allo sconforto e al pessimismo, nessuno di loro ebbe allor a tentare un nuovo assalto diretto in assenza di una qualche soluzione apprezzabile, e una soluzione che potesse loro non garantire, ma quantomeno suggerire, la possibilità di abbattere quelle creature senza, necessariamente, avere a morire nel tentativo.
« Ci servirebbe una balestra… » commentò M’Eu, a denti stretti nel cercare di ignorare il principio di ustione che aveva allor coinvolto le sue mani e i suoi avambracci.
« Ci servirebbe uno di quei cannoni al plasma di Duva e Lys’sh! » riformulò Howe, aggrottando appena la fronte « Peccato solo che ci siano stati rubati. »
« Io mi accontenterei anche e solo di un estintore… » sorrise Maddie, cercando di banalizzare la questione per ironizzare a tal riguardo.
« E che roba sarebbe…?! » domandò lo shar’tiagho, del tutto estraneo a quella parola e al suo possibile significato, benché, allora, avesse ad apparire qual il nome di un’arma particolarmente potente, per essere nominata in quel momento e in quel particolare contesto.
« E’ un grosso contenitore di metallo con all’interno della polvere speciale, o della schiuma, che serve per soffocare le fiamme a fronte di principi di incendio. » semplificò ella, senza scendere eccessivamente nel dettaglio, là dove, comunque, non utile in quel momento, per quella che avrebbe avuto a doversi intendere in fondo qual una semplice battuta « All’occorrenza lo puoi tirare in testa anche agli imbecilli… per soffocare le idiozie che potrebbero voler dire. »
Quello scambio di battute, sul fronte della metà del gruppo costituita allora da Howe, Maddie e M’Eu, ebbe a dover essere riconosciuta qual contestuale alla ripresa di quella ritmica ritirata da un’arca all’altra, con conseguente scoperchiatura della stessa, nel riadottare una tattica indubbiamente non risolutiva a confronto con la situazione corrente e, ciò non di meno, neppur peggiorativa, per così come già precedentemente dimostrato.
Un movimento parimenti condotto anche sul fronte di H’Anel e di Be’Wahr, fra i quali, tuttavia, gli scambi verbali avrebbero avuto a doversi piuttosto riconoscere quali dei monologhi, là dove, ancora, per il biondo impegnarsi a parlare avrebbe significato avere a imporsi delle scariche di dolore attraverso tutto l’addome per così come avrebbe quietamente preferito evitare accadesse in maniera del tutto gratuita e immotivata.
Fu proprio Be’Wahr, tuttavia, che ebbe allor a notare qualcosa all’interno dell’ultima arca scoperchiata, e qualcosa che lo convinse a prendere voce, malgrado l’investimento in termini di dolore che, da ciò, non avrebbe potuto ovviare a derivare per lui così facendo…
« … armi! » gemette, indicando l’arca nel momento stesso in cui, purtroppo, lui e H’Anel si ritrovarono costretti a retrocedere, per ovviare alla carica del mostro di fuoco.
« Come…?! » esitò H’Anel, incerta di aver compreso correttamente, là dove, comunque, la concitazione del momento non avrebbe potuto avere a permetterle di prestare sufficiente attenzione a quel gemito, e a quel gemito del tutto inatteso.
« … c’erano… delle armi là dentro… » esplicitò Be’Wahr, indicando l’arca sopra la quale stava allor troneggiando il loro antagonista di fuoco, preparandosi a un nuovo balzo a loro discapito.
La presenza di armi, in senso lato, non avrebbe dovuto necessariamente essere considerata qual qualcosa degna di nota. Ma la presenza di armi in un contesto come quello, in quel sotterraneo così accuratamente sorvegliato e, soprattutto, all’interno di una di quelle arche, non avrebbe tuttavia avuto a doversi banalizzare… non nel confronto con l’evidenza di quanto non avrebbe avuto alcun senso avere a premurarsi di seppellire lì sotto delle armi se queste non avessero avuto un peculiare valore intrinseco, in termini economici, storici o, meglio ancora, bellici.
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