11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 7 ottobre 2010

Speciale Mille

NOTA INTRODUTTIVA: Il seguente episodio, autoconclusivo, ha da considerarsi quale un evento speciale estraneo alla consueta continuità narrativa della serie e concepito nella sola volontà di festeggiare il raggiungimento di un traguardo importante come quello rappresentato dal millesimo episodio, oggi pubblicato.

Accadde in una notte buia, nei tortuosi meandri di una foresta tetra.
Una donna stava lì camminando con passo stanco, costringendosi a non trascinare i propri piedi unicamente in virtù di un non ancora perduto orgoglio personale. Avrebbe dovuto riposare e, di questo, ella era perfettamente consapevole. Ma, in quel momento, in quel luogo, non avrebbe potuto riservarsi simile occasione a meno di non essere intenzionata a prolungare il proprio sonno per l'eternità. E i suoi occhi color ghiaccio, lucenti quasi di luce propria in una notte tanto cupa da intimorire persino la pallida luna e tutte le stelle del firmamento, avrebbero potuto promettere qualsiasi saldo sentimento, avrebbero potuto trasmettere qualsiasi silente messaggio, nella sola eccezione di un'emozione di arrendevolezza innanzi al fato, per quanto avverso, di una dichiarazione di sconfitta di fronte al destino, per quanto nemico.
Una luce, in lontananza, attrasse improvvisamente l'attenzione di quella donna dal volto bianco come il latte e dai capelli neri come le piume di corvo, al contempo avvertendola di un possibile pericolo e, tuttavia, anche invitandola ad avvicinarsi. Pur bramosa, in cuor suo, solo dell'abbraccio che le avrebbe potuto riservare la calda acqua di una vasca traboccante, il dolce gusto della sfida, il meraviglioso sapore della lotta, non avrebbe potuto evitare di tradursi sulle sue labbra qual un piacere privo d'eguali, nettamente superiore a quello derivante da qualsiasi pur prelibato nettare, da qualunque pur estasiante vivanda. E così, ella si mosse, con incedere ora tanto deciso quanto silenzioso, attraverso le tenebre di quella notte, lungo le contorte vie di quella foresta, pronta a sfoderare la propria spada e, con essa, a imporre una gloriosa firma di morte su qualsiasi nemico avesse osato schierarsi sul suo cammino, nell'ipotesi di frenare il suo moto, travolgendolo come solo la Natura stessa, in lei incarnata nella propria violenza più primordiale, avrebbe saputo fare in contrasto a qualsiasi folle avesse voluto sfidarne la forza, l'impeto, la potenza.
Raggiunto il proprio obiettivo, quel nuovo traguardo sì prefisso con fermezza tale da poter esser considerato al pari, per lei, di una ragione di vita, dello scopo stesso della propria intera esistenza, allo sguardo abitualmente freddo e distaccato della donna venne allora proposta un'immagine che costrinse le sue nere pupille, sino a quel momento dilatate all'interno delle azzurre iridi, a restringersi alle dimensioni di una capocchia di spillo, nell'esprimere, in tal modo, i propri sentimenti, la propria angoscia più viva per tale spettacolo: un uomo, affiancato alla sua destra e alla sua sinistra da due pargoli, era disteso al suolo, nel mentre in cui le sue budella si mostravano riverse in gran parte a breve distanza, ai piedi di un quarto protagonista di tale scena, chiaramente a loro avverso e bramoso di imporre la propria spada, sorretta nella destra, e la propria scure, altresì stretta nella mancina, non solo contro il primo, ma anche contro agli innocenti bambini a lui ancora stretti. Sebbene priva di naturali istinti materni, la donna lì sopraggiunta non avrebbe potuto umanamente ignorare l'orrore di tale sequenza e, per questo, in contrasto a ogni propria abituale diffidenza, a quella consueta paranoia che le avrebbe impedito gesti eccessivamente azzardati, levato un alto grido per attrarre a sé ogni intenzione ella palesò la propria presenza e si gettò, subitaneamente, in contrasto al barbaro avversario.
Ornato a sua volta da lunghi e neri capelli corvini e da due occhi chiari, azzurri al pari di quelli di lei, il capo dell'uomo così richiamato si voltò rapido verso l'origine della disfida e, in un fugace istante, tutti i muscoli del suo smisurato e possente corpo furono contratti, guizzando sotto una pelle segnata dal sole, nella propria abbronzatura, e dall'acciaio, nelle numerose cicatrici, segno della sua partecipazione a grandi battaglie, di cui egli faceva, in quel momento, chiaro, e forse involontario, vanto, in conseguenza all'assenza di qualsiasi abito a celare tali forme, nella sola eccezione di un cingilombi utile a coprirne le parti più intime. Gli stivali in pelle morbida, ai suoi piedi, sembrarono allora fondersi con il terreno lì sotto, tanto solida si impose la sua postura nel confronto con una donna della metà del proprio peso e del proprio volume, non esitando di fronte a lei, non arretrando innanzi alla mortale minaccia della spada bastarda da lei impugnata, e, anzi, lì attendendola, allo stesso modo in cui i massi di una scogliera sono soliti restare immobili nel confronto con la pur tremenda furia del mare. Così, quando ella lo raggiunse, tanto meravigliosa quanto oscena fu la pioggia di scintille prodotta dallo scontro delle loro armi, o, forse, dei loro stessi corpi, fieri e vigorosi, atletici e prestanti, massima espressione, tanto in lui, quanto in lei, delle potenzialità fisiche umane.
Il tempo stesso parve arrestarsi in quella collisione, bloccando in dinamico volo la donna e in statica attesa l'uomo quasi fossero elementi di una statua di marmo, ancor prima che creature viventi, di carne e ossa, entrambe animate da incredibili passioni e un amore per la vita sconosciuto ai più, nonostante nelle loro vite fosse la morte a prevalere costantemente e quotidianamente. Un attimo prima, la scure e la lama di lui, rapidamente levate a scopo difensivo, accolsero nella propria intersezione la spada di lei, negandole la possibilità di completare il proprio movimento in traiettoria fendente, diretto in contrasto al suo capo. E, in conseguenza di tal successo, un lieve sorriso di soddisfazione sembrò caratterizzare il rude volto di quel nerboruto gigante. Un attimo dopo, le gambe di lei rotearono elegantemente, quasi nella volontà di compiere un passo di danza, sino a risalire verso il mento di lui e lì andare a colpire con forza quel punto così scoperto, nonostante la fermezza della sua posizione di guardia. E, in conseguenza a tale successo, un ampio sorriso di scherno si mostrò sul volto di quella combattiva donna, il quale sarebbe sicuramente risultato ancor più femminile e gradevole in assenza di un profondo sfregio sul suo occhio sinistro.
Con una difesa riuscita e un'offesa ciò nonostante condotta a segno, ebbe allora inizio un violento e mortale scontro, nel quale quella donna e quell'uomo si ritrovarono coinvolti con tutte le proprie forze, tutte le proprie energie, come, forse, mai era stata riservata loro occasione di essere prima di allora, nel confronto con altri sfidanti semplicemente umani. Due volti di una sola medaglia, due aspetti di una sola realtà, egli ed ella sarebbero sicuramente apparsi, agli occhi di qualsiasi spettatore, quali estremamente diversi, nel proprio modo d'essere e di combattere, e pur incredibilmente simili, nell'animo, nel sentimento che, in quel momento, si imponeva alla base del loro stesso scontro. Al vigore degli incredibili muscoli di lui, si contrapponeva allora in maniera perfetta l'agilità caratteristica delle membra di lei; alla velocità felina del corpo della donna, si opponeva in modo assolutamente equilibrato l'inviolabile resistenza del fisico scolpito dell'uomo: per questo e in questo, quasi il mondo fosse stato eliminato attorno a loro, con una passione probabilmente neppur seconda a quella propria di un amplesso amoroso, i due incrociarono più e più volte le proprie armi, tentarono più e più volte di pretendere qual propria la vita dell'altro, senza però speranza alcuna di ottenere reale vittoria, concreta occasione di predominio l'altro sull'altra, finendo con l'essere quindi dimentichi di tutto al di fuori di quella stessa lotta, di quella sfida forse destinata a proseguire per l'eternità, al pari di quella fra il giorno e la notte, fra il sole e la luna, per la contesa del pur vasto cielo.
Forse per brevi istanti, forse per lunghe ore, quel combattimento al limite dell'erotismo impegnò la donna e l'uomo, coinvolgendoli in una giostra di brutalità sfrenata qual mai, alcuno, avrebbe potuto considerare umanamente possibile, fisicamente accettabile. Ancora per ore, o, addirittura, settimane, invero, ella avrebbe gradito duellare con quell'avversario, ormai non più considerato quale lo scellerato assassino colto a sovrastare un uomo morente e i suoi due piccoli protetti, quanto, piuttosto, un compagno di ventura, se non un amante, dal quale non volersi più separare. Tuttavia, la donna era allora anche perfettamente consapevole della stanchezza accumulata sulle proprie membra, della spossatezza già propria del suo corpo ancor prima dell'inizio di quel duello e, in ciò, comprese di non potersi impegnare ancora a lungo in tale danza, là dove, per quanto simile a giuoco, avrebbe potuto pretendere qual prezzo la sua stessa vita nel caso in cui ella si fosse piegata di fronte a lui. E, per tale ragione, ella fu costretta a malincuore, con sincera tristezza e concreta malinconia, a pretendere la conclusione dell'incontro.
Uno scorretto, e pur sempre efficace, colpo diretto all'altezza dei genitali del colosso, non gli permise altra possibilità rispetto a quella di piegarsi in due e, proprio malgrado, offrirsi in tal modo a qualsiasi offesa avversaria, fosse questa, persino, destinata a negargli definitivamente ogni nuova occasione di scontro. Nel confronto con il potere di vita e di morte in tal modo ottenuto, tuttavia, la donna guerriero non ebbe coraggio di lasciar ricadere, sul taurino collo dell'antagonista, la propria lama, in un atto che l'avrebbe definitivamente privata di qualsiasi possibilità di nuova sfida con lui. Così, alla spada bastarda, ella preferì sostituire il proprio braccio mancino, in nero metallo dai rossi riflessi, sufficientemente solido, abbastanza robusto, da privare di coscienza la propria, potenziale vittima, senza, in ciò, imporre danni permanenti.
Sollevando e riabbassando ripetutamente il proprio generoso seno, nel ritrovarsi a essere ovviamente ansimante per l'impegno del quale era stata protagonista sino a quel momento, la donna osservò con tristezza il suo fiero antagonista ricadere a terra, prima di riuscire a focalizzare la propria attenzione, i propri pensieri, nel merito delle ragioni proprie di quella sfida, rimembrando l'esistenza di tre, forse due, potenziali vittime malcapitate da porre in salvo. Incredibilmente, però, non tre, forse due, potenziali vittime malcapitate furono riservate al suo sguardo, non appena ella si voltò verso di loro, quanto una coppia di piccole e orripilanti creature, impegnate a sfogare la propria fame sul ventre dell'uomo che ella aveva stupidamente creduto essere un loro parente, forse, addirittura, genitore. E non appena tali esseri si resero conto di come lo scontro in atto fosse alfine terminato, i loro piccoli occhi rossi e le loro lunghe zanne sporche di sangue, si rivolsero verso colei stolidamente autoproclamatasi quale loro salvatrice, nel desiderio di offrirle tutta la propria gratitudine, se in tal modo, per lo meno, sarebbe potuto essere definito un tanto vorace sentimento.

« Per Thyres… » imprecò ella, storcendo le labbra verso il basso e, solo allora, tardivamente, rendendosi conto dell'effettiva portata del proprio sbaglio, errore di valutazione tale da trasformare due berretti rossi, violenti folletti antropofagi, in una coppia di innocenti creature.

Quando l'alba sorse, scacciando ancora una volta le tenebre dalla terra e riportando il colore in ogni dove, quant'anche in quella foresta tetra, stuzzicato dai primi, caldi raggi di un nuovo sole, l'uomo dai capelli corvini e dalla pelle abbronzata, ritrovò improvvisamente contatto con la realtà, riaprendo i propri fieri occhi azzurri e rialzandosi, in ciò, immediatamente da terra, pronto a offrir nuova battaglia a chiunque si fosse a lui opposto, a qualsiasi creatura, umana o no, avesse ricercato la sua morte.
Per quanto ancora confuso, disorientato per gli eventi occorsi in quella notte, egli non ebbe comunque alcuna difficoltà a comprendere quanto, ormai, vana fosse ogni animosità, ogni impeto guerriero, dal momento in cui alcun nemico era lì rimasto a imporgli minaccia: non il brigante sulle cui tracce si era addentrato in quella selva maledetta… ormai morto; non i due folletti che avevano attaccato il suo stesso nemico… anch'essi morti; non la dea della guerra che era alfine intervenuta, a negargli ogni contatto con la realtà al solo, evidente scopo di sterminare personalmente le due orride creature… purtroppo scomparsa.

« Crom… » bestemmiò egli, aggrottando la fronte e massaggiandosi la nuca, là ove colpito « Che donna! »

NOTE DI COPYRIGHT: Conan e il dio Crom a lui collegato sono copyright © di Robert E. Howard, sommo Maestro del fantasy Sword & Sorcery, a cui tutta la produzione di Midda's Chronicles si ispira sin dal primo giorno di pubblicazione.
Tutti i diritti su Conan e sul dio Crom hanno da intendersi di proprietà esclusiva della Conan Properties, Inc..
L'utilizzo di Conan, implicito, e del dio Crom, esplicito, nel corso di questo episodio speciale non desidera violare in alcun modo la proprietà di chi avente diritto, ma soltanto rendere omaggio al Padre della Sword & Sorcery. Questo episodio speciale non sarà mai utilizzato a scopo di lucro, né la sua pubblicazione è affiliata o dipendente da eventuali editori.
Tutti i diritti su Midda e sull'universo a lei collegato restano ovviamente di proprietà esclusiva del rispettivo autore.


Illustrazione originale a opera di Giuliana Lagi,
per festeggiare il traguardo dei 1000 episodi
Tutti i diritti sull'immagine sono riservati


Grazie a tutti perla fiducia riconosciutami sino a oggi.
E grazie a Midda per essere ciò che è...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

AUGURI MIDDA!!!

Auguri Sean e mille mille mille complimenti!

Gio

Anonimo ha detto...

Augurissimi per il grande traguardo raggiunto! Sei grande Sean!!! ;)

Koukla

Sean MacMalcom ha detto...

Grazie a entrambe!!! :D
Per questi complimenti e auguri, ma anche per tutto il sostegno morale di questi mesi!