11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 14 maggio 2020

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Quando quella notte Be’Sihl raggiunse la propria camera da letto, dopo la chiusura de “Alla Signora della Vita”, Midda era ancora sveglia, intenta, in sua quieta attesa, a fare un minimo di manutenzione al proprio braccio artificiale. Nel ben considerare, del resto, quanto tutt’altro che facile sarebbe stato ripararlo o sostituirlo laddove si fosse rotto o danneggiato, avendo abbandonato il progresso tecnologico proprio della sua passata parentesi siderale, ella avrebbe dovuto prestare massima attenzione e cura al proprio arto destro, affinché non avesse a fare la fine dei precedenti due: per fortuna, ella aveva già appreso da tempo tutte le corrette operazioni di manutenzione e, in ciò, salvo incidenti, l’aspettativa di funzionamento di quella protesi avrebbe avuto a doversi intendere decisamente superiore alla di lei aspettativa di vita. Vedendola intenta ad armeggiare con il proprio braccio destro, Be’Sihl ovviò a distrarla e, con passo quieto e leggero, si mosse verso il catino, versando dalla brocca un po’ d’acqua per darsi una rinfrescata prima di ipotizzare di coricarsi a letto per poter godere delle proprie consuete quattro ore di sonno, ora più, ora meno.
Anche per lui, dopo aver vissuto insieme a Midda per un lustro fra le stelle del firmamento, godendo di comodità imparagonabili a quelle loro lì concesse nel proprio pianeta natale, il ritorno a casa non avrebbe avuto a doversi fraintendere così banale come, forse, aveva un tempo ipotizzato sarebbe potuto essere: la comodità propria dell’acqua corrente, e, soprattutto, di una bella doccia prima di andare a dormire, non avrebbe potuto avere a conoscere rivali. E i suoi capelli lunghi capelli, ordinati in sottili treccine non dissimili da quelle proprie di Duva, avrebbero avuto quietamente a comprovare tale disagio. Ma ormai quello avrebbe avuto a doversi intendere qual un capitolo chiuso della loro vita e, giustamente, ogni rimpianto avrebbe avuto a doversi considerare gratuito, nella scelta consapevole che pur essi avevano compiuto definendo il proprio ritorno a casa, tanto nel bene, quanto nel male.
Fu Midda a prendere allora voce verso di lui, nel concludere il proprio intervento di manutenzione e nel risollevare lo sguardo in favore al proprio amato, osservandone il torno allora denudato e dovendo ammettere di amarlo…

« Hai visto che brava sono stata…? » domandò ella, in cerca di una qualche conferma da parte sua in favore di quell’affermazione « Questa sera non ho scatenato alcuna rissa nel locale… » puntualizzò, a porre l’accento su quello che, per chiunque altro, sarebbe stata considerata normalità, e che, altresì, per lei avrebbe avuto a doversi intendere quasi una sorta di eccezione « Consideralo un segno dell’amore che provo per te. »
« Meglio di no… » ridacchiò egli, scuotendo appena il capo « Anche perché sennò, la prossima volta, sarò costretto a considerare l’ineluttabile rissa come un segno dell’odio che provi per me! » argomentò, esplicitando il perché di quel diniego e ottenendo, da parte della propria compagna, una reazione estremamente matura e composta, quale ebbe a essere, lì, una linguaccia.

Be’Sihl scoppiò a ridere e Midda rise con lui, aprendo poi le braccia per invitarlo a sé e accoglierlo, così, sul loro talamo. E lo shar’tiagho non si fece pregare in tal senso, muovendosi con delicatezza fino a lei, per in lei avere allor ad affondare amorevolmente.

« Come stai? E’ andata bene la serata…? » questionò quindi ella, a cercare un’occasione di dialogo con lui, e un dialogo forse banale, e pur di quella squisita banalità propria di una comune quotidianità, e di quella quotidianità che, per loro, avrebbe avuto sporadicamente a potersi effettivamente giudicare comune.
« Sì. Molto bene, direi… » confermò egli, lasciando poggiare il capo sopra al di lei petto, e alla generosità delle sue curve in quella particolare area « Al solito, la notizia del tuo ritorno in città ha portato il pienone, fra coloro che avrebbero voluto sapere di più di quanto ti è accaduto e coloro che, ineluttabilmente, avrebbero avuto piacere a sfidarti. » osservò l’uomo, in un’equazione che avrebbe avuto facilmente a tradursi in facili ricavi per lui « Sembra che, malgrado il passare del tempo, e i lunghi anni di assenza, questa città non si sia mai dimenticata di te… in positivo o in negativo. »
« E tu che ti dimentichi sempre che vai a letto con una persona importante…. » sospirò ella, fingendosi addolorata a tal proposito.
« Davvero?! » esclamò egli, strabuzzando grottescamente lo sguardo « … e io che credevo di andare a letto con te! » la canzonò, amorevolmente.

Uno scherzo, il suo, che gli valse un repentino pizzicotto sul fianco destro, fortunatamente imposto dalla di lei mancina ma sufficientemente mirato, nella propria attuazione, da andare a cogliere un punto preciso molto sensibile fra il capezzolo e l’ascella, costringendolo così a un gridolino di dolore…

« Così impari! » puntualizzò la Figlia di Marr’Mahew, imbronciandosi « Non dimenticarti che non sono più la ragazza semplice di un tempo: adesso sono succeduta alla regina Anmel Mal Toise… sono la nuova Portatrice di Luce e la nuova Oscura Mietitrice! E, in questo, non è bene farmi indispettire! » lo minacciò, ovviamente a titolo di scherzo.
« Io però continuo a essere quello che ti riempie di acqua calda la vasca quando vuoi farti un bagno… » sorrise egli sornione « … e, rispetto al passato, ora mi concedi anche di lavarti la schiena. » puntualizzò, a ben evidenziare il progresso positivo del loro rapporto « Con un indubbio vantaggio, a margine di tutto ciò, per la tua igiene personale… »
« Vorresti forse insinuare che prima non mi lavassi bene…?! » sgranò gli occhi ella, calcando il tono a palesare tutta la propria scandalizzata sorpresa per tale ardire da parte sua « Hai forse deciso che vuoi davvero cambiare letto questa notte…? O, semplicemente, ti è venuto a noia vivere…?! »
« Sono già morto una volta, quindi risparmiami per favore le minacce di morte… » scosse il capo egli, in tal movimento affondando maggiormente, e con dolcezza, fra i seni di lei « … e, francamente, sto troppo bene qui dove sono, per voler cambiare letto. »

Probabilmente Midda avrebbe dovuto impegnarsi di più a reggere il giuoco con lui, magari catapultandolo di prepotenza lontano da sé, e intimandogli di levarsi di torno. Ma, francamente, ella non aveva alcun interesse ad agire in quel senso, abbisognando, al contrario, della sua presenza, del contatto fisico con quel corpo, a completare la perfezione di quella giornata, e di quella giornata, per lei, vissuta felicemente. Per davvero.
Così, rinunciando a ogni opportunità di proseguire in quel frangente, si limitò a scuotere appena il capo, con aria quietamente rassegnata, nel mentre in cui con la punta delle dita della mancina iniziò a giocherellare con i capelli di lui.

« Tutto bene…? » domandò Be’Sihl, domandò egli, voltandosi appena verso di lei, a osservarne il viso, con evidente sorpresa per l’assenza di qualsivoglia risposta più energica da parte sua « Non è da te lasciarmi vincere tanto facilmente. »
« Consideralo un esercizio d’allenamento. » replicò ella, ridacchiando appena « Mi sto allenando a non averla sempre vinta… »
« Ti dispiace non aver recuperato la spada di Kila? » questionò quindi l’uomo, cercando di meglio argomentare quel concetto e le implicazioni del medesimo « O si tratta di altro…?! »
« Mah… » esitò la donna guerriero, riservandosi un istante per valutare meglio la questione « Di quella spada, in verità, non è che mi importasse poi molto. Mi importava, sicuramente, la possibilità di applicare i suoi poteri taumaturgici per riscattare te e i nostri figli dalle vostre attuali condizioni. Ma non intendo farne un dramma… »
« E allora…?! » insistette egli, non cogliendo il punto.
« E allora niente. » sorrise l’altra, scuotendo leggermente il capo « Sto semplicemente iniziando a fare i conti con la felicità… e una felicità a cui, francamente, non credo di essermi mai psicologicamente predisposta in tutta la mia vita. » ammise, stringendosi fra le spalle « Tutto qui… »

Già. La questione era tutta lì: la straordinaria Figlia di Marr’Mahew, la temibile Ucciditrice di Dei, l’imbattibile Campionessa di Kriarya, erede della regina Anmel Mal Toise, nuova potenziale Portatrice di Luce e nuova potenziale Oscura Mietitrice, non si era mai immaginata felice.
Non da molto tempo a quella parte, quantomeno. Non da quando, parecchi anni prima, si era resa conto di aver commesso un errore, e un errore imperdonabile, l’errore che aveva marcato quella netta separazione dalla sua gemella e da tutta la propria famiglia.
Aveva dovuto attendere molti anni, lustri addirittura. Aveva dovuto viaggiare in lungo e in largo, per tutto il continente e anche al di fuori dei confini stessi del proprio mondo. Aveva dovuto compiere il possibile e anche l’impossibile. Eppure, senza ormai neppure cercarla, priva di qualunque illusione a tal riguardo, la felicità era giunta a lei.
Una felicità che possedeva il volto del suo amato Be’Sihl. Una felicità che possedeva i volti dei suoi adorati Tagae e Liagu. E una felicità che possedeva i volti delle sue due meravigliose sorelle Duva e Lys’sh. Una famiglia tutt’altro che elementare nella propria storia, tutt’altro che banale nei propri trascorsi e, probabilmente, anche nel proprio avvenire. E pur sempre una famiglia. E una famiglia straordinaria. Una famiglia sua. E una famiglia da cui non si sarebbe mai separata, per tutto il resto della sua vita.

« Sai… » riprese voce, con una treccina dell’amato arricciata attorno all’indice della mancina « Qualcuno potrebbe considerare questo quasi al pari del mio lieto fine… »
« Ed è così che tu vuoi considerarlo…? » domandò lo shar’tiagho, ben consapevole che ella non avrebbe mai potuto offrirgli una risposta affermativa, non a meno di non voler davvero considerare, in tutto ciò, concluso il suo viaggio e, con esso, la sua intera esistenza.

Un sol fugace istante di silenzio la contraddistinse a quell’interrogativo, a creare, volutamente, una certa tensione in attesa della di lei risposta.

Ma alla fine ella sorrise, lasciando rilucere i propri azzurri occhi alla fioca luce della lampada a olio accanto a loro e, scuotendo appena il capo, disse: « Assolutamente no. Per me questo è soltanto un lieto inizio… »

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