11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 30 maggio 2020

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L’alba di un nuovo giorno giunse e trovò, alfine, Midda Bontor profondamente addormentata.
Proprio malgrado ella avrebbe dovuto ammettere di aver perso parte della propria antica abitudine volta a non concedersi, mai, occasione di sonno profondo e, forse per la non più giovanissima età, forse per le cattive abitudini di pigrizia maturate nel corso del proprio periodo siderale, ella non avrebbe potuto che riconoscere di aver abbassato di non poco la propria consueta guardia, in termini tali da dover essere più che lieta di avere, accanto a sé, delle fedeli amiche e sorelle d’armi su cui poter fare cieco affidamento. In caso contrario, infatti, la situazione avrebbe sicuramente finito per dimostrarsi estremamente più complicata.
Così, in parte per la stanchezza fisica, ma, soprattutto, per la stanchezza emotiva, ella finì per addormentarsi realmente, profondamente. Un sonno profondo, certo, e che pur non si riuscì a dimostrare scevro di inquietudini e disagi, che non mancarono di tradursi in incubi.
Fu in questo modo che Midda tornò a trovarsi all’interno della Biblioteca di Lysiath, dopo averla riportata indietro, dopo averla restituita al mondo intero, e lì, tuttavia, in luogo ad ambienti solari e ricchi di speranza per il futuro, e di quella speranza che soltanto la gioia della conoscenza avrebbe potuto loro concedere, ella si ritrovò a confronto con qualcosa di diverso, di più inquietante. Uno scenario non dissimile alla palude di Grykoo, e uno scenario, in ciò, popolato dall’orrore proprio di tutti i morti che ella, nel corso della propria lunga esistenza, si era lasciata alle spalle. Morti recenti e morti antichi, morti apparentemente integri e morti orribilmente dilaniati, che fra quei corridoi, fra quelle stanze, fra quegli scaffali, si muovevano in maniera disordinata e priva di una reale direzione, di un qualche effettivo scopo, esattamente al pari degli zombie che, abitualmente, popolavano quella palude maledetta.  O, per lo meno, in tal maniera essi avrebbero potuto essere riconosciuti agire nell’immediato, laddove, dopo la sua apparizione, il suo ingresso in scena, nessuno di loro poté mancare di rivolgerle tutta la propria più sincera attenzione, tutto il proprio più motivato interesse, nella ricerca di una qualche occasione di vendetta, e di vendetta per l’impietoso fato di morte al quale si erano quindi visti destinati per merito suo. E alla testa di quell’orda di non morti, ineluttabile forse, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta proprio sua sorella Nissa, la sua amata gemella e quella gemella che aveva incontrato la propria fine lungo il filo della sua spada bastarda, e di quella lama che, ormai, ella non possedeva più.

« … Thyres… » gemette ella, invocando, in quell’incubo non poi così inverosimile, l’aiuto della propria dea prediletta.

All’alba di quel nuovo giorno, comunque, non soltanto Midda stava dormendo. Anche la versione alternativa della sua stessa gemella, Nóirín Mont-d'Orb, avrebbe avuto a doversi intendere quietamente e profondamente addormentata, senza neppure poter vantare, a margine di tutto ciò, un qualche, eventuale, senso di colpa, ancor psicologicamente estranea ai pericoli del mondo, e di quel particolare mondo fra tutti, un mondo nel quale ci si sarebbe potuti risvegliare con la gola tagliata da orecchio a orecchio non in conseguenza a chissà quale profondo antagonismo, quanto e piuttosto per un puro e semplice capriccio.
Ma se pur, Rín non avrebbe potuto vantare particolare confidenza con quel mondo e con le sue regole, più di chiunque altra fra le presenti, e probabilmente più di chiunque altro in senso generale, ella avrebbe potuto allor vantare un senso di confidenza con il tempo del sogno, e quella dimensione a confronto con la quale, fin dalla propria prima esperienza onirica, aveva offerto dimostrazione di una quieta capacità di conscia e costruttiva interazione. E forse fu proprio in grazia a tale affinità elettiva con tale dimensione primigenia che ella poté rendersi conto, prima di chiunque altro, che qualcosa non stava andando, non per merito di chissà quale improprio senso del pericolo, quanto e piuttosto per l’inatteso aiuto da parte di un imprevisto collaboratore, e di un collaboratore che, allora, ebbe a raggiungerla nella profondità più recondita della propria psiche, là dove ella aveva appena iniziato a sognare, e a sognare un galante incontro con uno sconosciuto, ma indubbiamente piacevole, accompagnatore.
Purtroppo il tempismo che contraddistinse l’evolversi della situazione non fu dei migliori, e nel mentre stesso in cui ella si stava ponendo avvinghiata al proprio inedito amante, l’inquietante voce di secondo-fra-tre ebbe a sorprenderla, raggiungendola alle spalle e invocando la sua attenzione…

« Lady Nóirín. » l’apostrofò, dimostrandosi, in quella forma di rispettosa cortesia verso di lei, di volerle anche riconoscere un certo rispetto, anche e soltanto in conseguenza alla di lei amicizia con la propria regina, se non, più direttamente, per l’aiuto che allora desiderava richiederle.
« Ommamma! » gridò ella, per un attimo comprensibilmente turbata, per non dire giustamente spaventata, da tutto ciò, e da quella sopraggiunta presenza in un momento tanto intimo.

Improvvisamente dimentica della passione che pur, lì, stava vivendo, a cavalcioni qual era del proprio occasionale compagno in quel sogno, ella scartò lateralmente, ruzzolando poco elegantemente a terra ma trascinando seco il lenzuolo, e quel lenzuolo con il quale si affrettò, pudicamente, a ricoprirsi, non potendo vantare il medesimo, e inesistente, senso del pudore della propria gemella alternativa, di Midda Bontor, la quale, certamente, in quella medesima situazione, non avrebbe riconosciuto ragione utile a celare il proprio corpo, le proprie forme, da sempre quietamente fiera delle medesime.
E se pur, in tutto quello, ella si era inizialmente mossa più per istinto che per una qualche effettiva e maturata consapevolezza nel merito di quanto potesse star accadendo, un ulteriore istante le permise di riordinare i propri pensieri in maniera sufficiente da comprendere di ben conoscere l’intruso all’interno della sua camera… o, per meglio dire, di quella camera che ella stava evidentemente sognando, per così come comprovato, fra tutti, proprio dalla presenza di quel peculiare interlocutore.

« Bob! » esclamò quindi, sgranando gli occhi e rialzandosi in piedi, nel mentre in cui, attorno a loro, il mondo parve bloccarsi… o, se non il mondo, quantomeno il sogno « Come accidenti sono finita nel tempo del sogno…?! »
« In verità non sei nel tempo del sogno, ma soltanto in un sogno. E un sogno tutto tuo. » puntualizzò egli,, escludendo la conclusione alla quale ella si era sospinta in maniera forse un po’ troppo precipitosa « Ciò non di meno, tu più di chiunque altro, puoi ben comprendere quanto labile sia il confine fra un sogno e il tempo del sogno… un labile confine attraverso il quale, quindi, io posso riservarmi l’occasione di muovermi, all’occorrenza. »
« Ah… » esitò l’altra, non sapendo se avere a essere più contenta di non essere finita nel tempo del sogno a propria insaputa, con tutti i pericoli a esso connessi, o essere più intimorita dall’idea che quel vicario potesse realmente muoversi attraverso i sogni delle persone, anche senza un maglione a spesse righe rosse e verdi, e un borsalino marrone calcato in testa « … ottimo… » commentò con un sorriso tirato, cercando di non palesare eccessivo disagio, per quanto, obiettivamente, ella non potesse mancare di sentirsi allor decisamente turbata da tutto ciò « … e a cosa debbo il… piacere… di questa tua visita?! »
« Devi svegliarti, Nóirín. » le comandò egli, con tono serio « Devi svegliarti e devi svegliare la mia regina prima che sia troppo tardi… »
« … troppo tardi per cosa?! » domandò ella, non comprendendo di cosa egli potesse star parlando.
« Anch’ella sta dormendo. Ma il suo sogno sta venendo manipolato dall’altro vicario, dall’altro secondo-fra-tre, che fa capo alla vostra avversaria… » tentò di esplicitare la questione nella maniera più semplice e coincisa possibile, anche a costo di banalizzarla eccessivamente nella propria complessità « Con i suoi poteri, e l’avverso intervento del mio corrispettivo, i suoi attuali incubi potrebbero presto tradursi in realtà. E non credo proprio che ciò le potrebbe fare piacere! »

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