Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
martedì 26 maggio 2020
3288
Avventura
063 - Il peso dei propri errori
« Io credo che sarebbe meglio se voi mi uccideste… »
Parole pronunciate non a cuor leggero, le sue, che avrebbero avuto a doversi intendere più che trasparenti del profondo disagio conseguente a quella situazione, e alle scoperte occorse.
Parole pronunciare non a cuor leggero, le sue, che tuttavia ebbero a veder Duva esplodere in una fragorosa risata, più che esplicita della sua personalissima posizione sull’argomento.
« Non era una battuta la mia… » tentò di evidenziare la donna guerriero, aggrottando la fronte innanzi a quella reazione, e a quella reazione atta a suggerire quanto, da parte sua, potesse esservi stata una qualche volontà di scherzo a favore delle compagne.
« Non importa. » scosse il capo l’altra, smuovendo l’abbondante criniera di sottili treccine « Faceva comunque ridere! »
« Se davvero ho tutto questo potere, se davvero in me vi è la capacità di Creare e di Distruggere a questi livelli… probabilmente la cosa più sensata che voi potreste mai fare sarebbe quella di uccidermi. » ribadì la prima, storcendo le labbra verso il basso « E probabilmente proprio in questa direzione aveva a intendersi l’ultima prova utile per recuperare la corona perduta di Anmel, la stessa prova con la quale mi guadagnai il diritto di succederle: una prova di sacrificio, a verificare se sarei stata disposta a morire per il bene dei miei compagni… »
« Non ho mai offerto particolare credito alle logiche a scoppio ritardato… » minimizzò tuttavia Duva, stringendosi appena fra le spalle « … una cosa o appare immediatamente logica, o non lo diventa tale a posteriori. E l’idea che tu abbia a dover morire e quanto di più illogico potremmo mai ipotizzare… »
« Quindi preferiresti correre il rischio che io abbia a poter distruggere l’intero Creato piuttosto che prevenire tale eventualità…?! »
« Scusami… » intervenne allora Lys’sh, dimostrandosi a propria volta quantomeno titubante a tal riguardo, nel merito delle motivazioni così sostenute dall’amica sororale « … ma non mi è particolarmente chiaro per quale ragione tu dovresti distruggere l’intero Creato. Finora non mi pare che tu abbia mai espresso particolari smanie nichilistiche… »
« A parte che, finora, non ero l’Oscura Mietitrice… » ricordò la donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco « … ma, oltretutto, non è che non abbia le mie belle responsabilità pregresse in tal senso. Non a caso vi ho chiesto di accompagnarmi fino a qui proprio per tentare di riportare indietro la Biblioteca di Lysiath, dopo che io l’ho distrutta! » sottolineo ella « E, ora, vi prego di non chiedermi di rifare l’elenco di tutte le stragi delle quali mi sono resa più o meno consapevolmente protagonista nel corso degli anni! » incalzò, a tentare di stroncare, sul nascere, l’eventualità di quell’osceno censimento.
« Mettiamola così… » tentò ancora di ragionare la donna rettile, piegando appena il capo di lato « Hai mai fantasticato sull’eventualità di distruggere il mondo…? Di sterminare tutte le creature che lo abitano…? Di porre la parola fine sulla vita per così come la conosciamo…?! »
« Mi sembra un ragionamento francamente ridicolo… » obiettò tuttavia Midda, non condividendo quell’approccio al problema.
« Disse la donna che aveva appena domandato di essere uccisa. » sorride Duva, trattenendosi a stento dall’esplodere nuovamente in una fragorosa risata « Per lo meno concordi con noi sul fatto che sia una questione ridicola… »
« E’ ridicolo partire dal presupposto che solo perché non abbia mai supposto di distruggere un pianeta io non mi potrei ritrovare a farlo in futuro… »
« E’ ridicolo, piuttosto, partire dal presupposto che solo perché in un qualche futuro non meglio definito potresti avere a distruggere un pianeta, allora tu possa meritare la morte. » prese voce Rín, cercando di intervenire a sua volta nella questione « E per quello che può concernere il mio umilissimo punto di vista, negli universi che ho avuto occasione di visitare prima di arrivare qui, e di incontrarvi, non ho mai avuto occasione di incontrare delle tue versioni alternative psicotiche con manie distruttive. »
« Forse perché, nell’infinita varietà propria del multiverso, questo è quell’universo nel quale una Midda perde la testa e distrugge ogni cosa! »
« Oh, cielo! » sospirò Duva, volgendo gli occhi verso le stelle sopra di loro « Ma che ti è preso oggi…? Non è che mi stai entrando in menopausa…?! » la canzonò, non sapendo in quali altri termini giustificare tanta depressione da parte sua.
« Secondo me tu hai fatto male a lasciar perdere l’idea di possedere una spada… » intervenne la donna rettile, offrendosi pensierosa a tal riguardo « E’ questo che ti sta condizionando. E ti sta condizionando nel male ancor prima che nel bene… »
« Cosa intendi dire…? » domandò Rín, anticipando di poco anche la stessa Midda e, probabilmente, persino Duva, con quell’uscita così apparentemente priva di qualche palese riferimento alla situazione corrente.
« Nel senso che tu hai rinunciato a possedere una spada partendo dal presupposto che avendo una spada avresti rischiato di adoperarla e di uccidere qualcuno… ragione per la quale, a minimizzare tale eventuali, hai deciso di non affiancarti più con alcuna arma. » ragionò l’attenta Lys’sh, seguendo il filo logico di quel pensiero « Tuttavia, così facendo, tu sei partita da un presupposto fallace, errato: dall’idea che, soltanto perché possiedi un’arma, tu abbia a doverla utilizzare. E soltanto perché tu non possiedi un’arma, tu non abbia a poter uccidere qualcuno… direttamente o indirettamente. »
« Beh…. » esitò la Figlia di Marr’Mahew, inarcando un sopracciglio « La questione mi pare obiettivamente abbastanza retorica. »
« Certo… » annuì l’altra, con aria quantomeno critica a tal riguardo « Come sarebbe retorico evirare un qualunque uomo in quanto tale, perché qual possessore di un membro potrebbe altrimenti trasformarsi, un giorno, in uno stupratore. » continuò ad annuire, a dimostrare sarcastico sostegno al ragionamento dell’amica, applicandolo a un diverso punto di vista e a un punto di vista che potesse rendere più palese l’assurdità del medesimo.
« Ottimo esempio! » approvò Rín, ridacchiando e accennando un applauso in direzione della donna rettile.
« Che spreco smisurato… » sospirò Duva, scuotendo appena il capo nell’immaginarsi una tanto drastica risoluzione a livello globale « … che poi neppure risolverebbe il problema, giacché certamente troverebbero ugualmente il modo di sfogare i propri desideri malati anche senza più... un’attrezzatura adeguata. »
« Probabile… » confermò Lys’sh, non escludendo simile eventualità.
« Credo che stiate un po’ travisando la situazione… » tentò di controbattere Midda, salvo poi lasciar sfumare la propria replica nel nulla, nella consapevolezza di quanto, alla fine, quel discorso non avrebbe mai portato a un qualche risultato utile… non, quantomeno, nella direzione propria di quanto da lei desiderato.
E se pur, in quel frangente, la fedeltà, l’amicizia, l’affetto proprio delle sue amiche sororali non avrebbe dovuto mancare di compiacerla, ritrovandola ben felice di quanto esse non avessero a potersi fraintendere desiderose di accontentarla nel proprio desiderio suicida; una parte di lei non poté mancare di riconoscersi quantomeno insoddisfatta per la mancanza di attenzione, di ascolto, che esse le stavano riservando, banalizzando la questione in una maniera così superficiale in misura tale da offenderla a confronto con tutto ciò. In fondo ella non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual una mera invasata improvvisamente impazzita e, in ciò, desiderosa di morire: ella era ben attaccata alla propria vita… e in virtù di simile attaccamento, ella non avrebbe potuto mancare di desiderare di morire, se non per il proprio bene, quantomeno per quello delle persone a lei più care, fra le quali sarebbero dovute essere annoverate anche quelle medesime amiche.
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