11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 14 giugno 2020

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Con mirabile tempismo, tuttavia, un pesante colpo risuonò dalla porta che la guardia aveva chiuso alle proprie spalle, un tonfo che lasciò facilmente intendere l’idea di qualcosa, o di qualcuno che, dopo essere stato fatto volare per aria per diversi piedi, era alfine andato a sbattere contro tale superficie lignea, prima di ricadere, pesantemente, a terra in un secondo, meno riecheggiante, suono. E se sul volto grassoccio di lord Masshiad ebbe a palesarsi un’espressione di curiosità, nel non comprendere cosa potesse essere stato; ben diversa fu l’espressione che ebbe a dipingersi sul viso altresì smunto della propria guardia, e di quella guardia che, storcendo le labbra verso il basso, ebbe a dimostrare l’evidenza di un lungo brivido lungo l’intera estensione della propria colonna vertebrale, nell’aver, al contrario, ben intendo qual genere di evento potesse aver scatenato tutto ciò.

« Vostra grazia… » gemette quindi, ancora una volta reiterando la propria supplica, nel mentre in cui, tuttavia, ebbe a prepararsi psicologicamente al peggio, nel muoversi lateralmente, a scivolare lontano da quella porta, in una profetica intuizione nel merito di quanto, allora, avrebbe potuto occorrere « … invoco il vostro perdono. » soggiunse alfine, chinando il capo in evidente segno di scuse, e di scuse per quella che avrebbe quindi potuto apparire qual pavidità nei propri gesti, nelle proprie azioni « Ma non sono pagato abbastanza per tentare di oppormi alla Figlia di Marr’Mahew. »

E quasi quelle ultime parole avessero avuto lo scopo di annunciarne l’ingresso in sala, un nuovo, violento, colpo ebbe allora a risuonare, e a risuonare or non qual evidenza di una qualche colluttazione, quanto e piuttosto di una manata, e di una pesante manata che, con la delicatezza propria di un bufalo in piena carica, si abbatté contro la porta. Una porta di legno massello, una porta pesante, una porta importante, degna del feudatario a capo di una delle sei capitali kofreyote. E una porta che, tuttavia, dietro quel colpo, venne letteralmente scardinata dal muro, nell’interezza delle proprie due ante, ricadendo pesantemente in avanti e offrendo, in ciò, apprezzabile ragione alla guardia, e a quella guardia che, se soltanto non si fosse spostata di lì, sarebbe allor stata travolta da tutto ciò.
Un gemito di spavento fu, allora, quello con il quale la guardia accolse la benevolenza che gli dei gli avevano dimostrato nell’ispirarlo a quel movimento di utile ripiego. Un gemito quasi soffocato che, tuttavia, venne allor completamente sovrastato, nella propria formulazione, da un gridolino decisamente poco virile, emesso al contempo dalla gola del signorotto, in una ridicola alterazione del tono altresì pieno e profondo con il quale, fino a un attimo prima, si era espresso a diniego di ogni insistenza da parte del proprio interlocutore.
E dalla porta così abbattuta, con incedere assolutamente tranquillo, e a modo proprio persino distratto, quasi non si fosse realmente resa conto di quanto avesse lì appena compiuto, una piccola donna avanzò all’interno della stanza, seguita, a breve distanza, da altre due compagne contraddistinte da un’altezza superiore alla sua, oltre che da caratteristiche fisiche completamente diverse dalla sua, in misura tale da creare un trio quantomeno variegato in forme, proporzioni e, persino, colori…
… già. Colori. Perché se la prima donna avrebbe potuto vantare una pelle chiarissima, eburnea; e una delle sue compagne, altresì, una carnagione degna di una figlia dei regni desertici centrali della parte settentrionale del continente di Qahr; la terza parte di quell’insieme avrebbe invece presentato un verde incarnato.

“… verde?!” si ritrovò a pensare lord Masshiad, strabuzzando gli occhi nel confronto con quanto sembrava essere il colore della carnagione di quella terza figura, evidentemente un abbaglio conseguenza dell’ansia propria di quel frangente.

Ma nessun abbaglio avrebbe avuto a dovergli essere imputato, quanto e piuttosto un quieto spirito d’osservazione o, in effetti, l’evidenza propria dell’assenza di qualunque tipologia di problema alla vista o eventuale daltonismo, nel non aver travisato quanto soltanto in tal caso sarebbe stato giustificato a non cogliere nella propria palese evidenza.

« Chiedo scusa per la porta! » esordì la donna dalla chiara carnagione, appena turbata nel proprio candore, da un’amplia spruzzata di efelidi, e contornata da rossi capelli utili a giustificarne tanto impressionante tonalità, accennando un lieve sorriso a metà fra il divertito e l’imbarazzato nel ritrovarsi a passeggiare sopra le due pesanti ante così divelte « Per inciso, complimenti all’artigiano che l’ha intagliata: ha fatto davvero un ottimo lavoro. Spero che non si sia rovinata troppo e che vogliate rimontarla presto al suo posto… »
« Chi… sei… tu…?! » domandò lord Masshiad, formulando, fra tutte le domande che mai avrebbe potuto allor scandire, proprio quella meno sensata, soprattutto alla luce di tutto l’impegno che la guardia aveva posto nel preannunciarne l’arrivo e la relativa richiesta di colloquio.

La guardia in questione, a margine di tutto ciò, stava impegnandosi a tentare di fondersi con l’arredo circostante, cercando di divenire un tutt’uno con quegli orridi arazzi kofreyoti con i quali il padrone di casa aveva voluto arredare quell’edificio di altresì evidente foggia tranitha, e un edificio che, in conseguenza alla loro presenza, non avrebbe potuto che risultare quasi violentato nella propria stessa natura.

« Il mio nome è Midda Bontor. » ribadì ella, in un annuncio che, a quel punto, non avrebbe avuto a dover suscitare sorpresa di sorta nel proprio interlocutore, e in un annuncio allor quantomeno doveroso da parte sua, soprattutto in risposta a quell’interrogativo, e un interrogativo che ella non manco di rigirare direttamente al mittente « E tu sei Masshiad, signore di Lysiath… non è vero?! »

E se l’assenza di ogni formalismo verbale non poté che incontrare il disappunto nello stesso Masshiad, trattato quasi da semplice plebeo da quella donnicciola, l’evidenza di quanto quella stessa donnicciola avesse appena scardinato le due ante della propria pesante porta, probabilmente in grazia all’inquietante braccio in lucente metallo cromato che sfoggiata sul fronte destro del proprio corpo, non poté che frenarlo nel dar voce al proprio scandalo per tutta la confidenza che ella si stava riservando nei suoi riguardi.
Anzi… in effetti non poté che frenarlo a dar voce a qualunque genere di replica, lasciandolo muovere le labbra in maniera muta, quasi le sue corde vocali, con maggior saviezza rispetto a quanto egli non avrebbe potuto altresì dimostrare, avessero lì a preferire un più conveniente silenzio a qualche incauta parola di troppo, di cui, a posteriori, avrebbe potuto spiacevolmente avere di che pentirsi.

« … direi che potremmo prenderlo per un sì… » osservò divertita la donna dalla carnagione bronzea, al suo fianco, inarcando maliziosamente un sopracciglio al confronto con l’evidente pavidità di quell’ipotetico, potente feudatario kofreyota.
« Comprendo come il mio approccio possa apparire un po’ sbrigativo… » proseguì allora Midda Bontor, condividendo l’opinione della propria amica sororale « … ma ho necessità di assumere il ruolo di Campionessa della città, con pieni poteri su tutti i suoi abitanti e tutte le sue forze armate. » dichiarò, ovviando per l’appunto a qualunque particolare giro di parole, nella quieta consapevolezza di quanto il tempo avesse allor a doversi intendere qual una risorsa troppo preziosa per poter essere altrimenti sprecato « So che la richiesta potrebbe apparire un po’ insolita, ma ho necessità di impartire ordini e di essere ascoltata senza perdermi eccessivamente in chiacchiere o ragionamenti con chicchessia. O, in caso contrario, entro domani sera di questa intera urbe sarà trasformata in una necropoli. » si giustificò, scuotendo appena il capo, con tono assolutamente serio nel proclamare quel terribile annuncio « Puoi provvedere in tal senso, per cortesia…? » concluse, non negandogli, in quell’ultima formulazione, quel minimo di educazione utile, dal proprio punto di vista, a salvare le apparenze.

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