Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 20 giugno 2020
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Avventura
063 - Il peso dei propri errori
Ovviamente né Duva, né Lys’sh attesero un invito per seguire l’amica, entrambe già portando le mani alle proprie armi, per essere pronte, nell’immediato, a estrarle e a combattere, per così come, purtroppo, stava apparendo evidente sarebbe stato necessario compiere, di lì a breve: l’una, al solito, armata con una spada, appesa al fianco sinistro per poter essere rapidamente sguainata dalla destra; l’altra con una coppia di pugnali dalle lunghe, ma sottili, lame, quasi degli stiletti, legati dietro la schiena in maniera simmetrica, a poter soddisfare tanto la destra, quanto la sinistra.
In effetti, nel loro variegato trio, la sola a non presentare, paradossalmente, alcuna arma al proprio fianco avrebbe avuto a dover essere intesa proprio colei che per prima avrebbe avuto a dover essere riconosciuta famosa per la propria propensione alla guerra, al punto tale da essersi visto attribuito, anche, il titolo di figlia della dea della guerra, la Figlia di Marr’Mahew. Non una casualità, comunque, quell’insolita mancanza, quanto e piuttosto una specifica scelta da parte sua, e una scelta di cui, pur, ella stava iniziando francamente a pentirsi, nel non voler certamente garantirsi facili occasioni per cedere nuovamente alla violenza, e alimentare, di conseguenza, la propria indole da Oscura Mietitrice, ma, ciò non di meno, ben consapevole di quanto, nel corso del tempo, per lei le armi non fossero mai state semplicemente degli strumenti, quanto e piuttosto delle estensioni del proprio stesso corpo, estensioni di cui, attualmente, ella si era imposta proibizione con tutto il conseguente disagio fisico e psicologico che non avrebbe potuto mancare di conseguire a ciò. Oltre che, talvolta, anche un non banale svantaggio pratico in certe, talune situazioni di conflitto, e in quelle talune situazioni di conflitto nelle quali, con indubbia frequenza, ella si ritrovava sovente a essere coinvolta.
« Lord Masshiad… » apostrofò, per prima, la stessa Midda Bontor, appellandosi in ciò direttamente al signore della città « … sono lieta che tu stia tenendo fede al nostro accordo. » annunciò, enfatizzando volutamente quel riferimento al discorso rimasto in sospeso fra di loro, e quel discorso che, pur, ella temeva essere ormai completamente sfumato « Perché, ovviamente, tu desideri tenere fede al nostro accordo… » ribadì, a tentare di rendere praticamente retorica la questione.
Giunti a meno di trenta piedi di distanza, lord Masshiad e gli uomini al suo seguito arrestarono il proprio avanzare, sotto gli sguardi ora incuriositi di tutta la popolazione lì attorno che, ineluttabilmente, non poté evitare di iniziare a rumoreggiare nel tentare di comprendere cosa potesse star accadendo. Di certo, vedere il signore di Lysiath, seguito da una così vasta delegazione di propri subalterni non avrebbe avuto a dover essere inteso qual un evento comune. E, altrettanto certamente, sentir una persona, una donna, rivolgersi con simili, dirette parole al suo indirizzo non avrebbe avuto a dover essere inteso, egualmente, qual un evento comune. Se poi, in tali parole, palese avesse a dover essere riconosciuto il riferimento a un non meglio chiarito patto, ineluttabile sarebbe stato per tutti avere di che parlare e sparlare, nel tirare a indovinare tanto l’identità di quella sconosciuta dai rossi capelli, quanto di qual genere di accordi potesse star parlando.
A frenare, tuttavia, il crescere del rumoreggiare fra i popolani, non mancò di intervenire la voce dello stesso signore di Lysiath, il quale, incrociando le braccia al petto e sfoggiando un sorriso tutt’altro che accomodante, anticipò, con quel linguaggio non verbale quanto, presto, il linguaggio verbale e paraverbale si sarebbero certamente impegnati a ribadire, nel confermare, sgradevolmente, ogni timore proprio della sua interlocutrice...
« Midda Bontor. » scandì il nome di lei, a dimostrare di non essersi dimenticato della di lei identità, suscitando, involontariamente, un incremento nel brusio a loro circostante, in un pur prevedibile moto di sorpresa generale al pensiero che “quella” Midda Bontor potesse essere lì a Lysiath « Tu mi hai domandato di poter essere investita del titolo di Campionessa di questa città, per ergerti a protezione della medesima e di tutti i suoi abitati. E, credimi, qual signore di questa capitale, consapevole del prestigio che circonda il tuo nome, non potrei che essere lieto di farlo. » mentì spudoratamente, in parole che risuonarono così false da non meritare neppure un qualche commento da parte della sua interlocutrice, in attesa dell’inevitabile “ma” che sarebbe necessariamente seguito a tale preambolo « Tuttavia… nell’emozione della sorpresa conseguente alla tua richiesta, pocanzi, mi è sfuggita l’evidenza di un importante dettaglio: questa città possiede già un Campione. E ammesso che non sia il qui presente Qa’Ruam a rinunciare, volontariamente, al proprio ruolo, né io, né nessun altro, in tutta Kofreya, potrà riconoscerti quanto desideri. » sancì, offrendo riferimento, in tal senso, al gigantesco figlio dei regni desertici centrali alle sue spalle.
Ovviamente, sino a un quarto d’ora prima, Qa’Ruam non era Campione di Lysiath. Non perché, all’occorrenza, non avrebbe potuto vantare credenziali atte a ciò, quanto e piuttosto perché, molto semplicemente, Lysiath non aveva mai avuto necessità di un Campione, né avrebbe potuto immaginare di averne necessità.
Quanto, con estrema malizia, lord Masshiad aveva quindi compiuto, allo scopo di non concedere soddisfazione alle richieste dell’Ucciditrice di Dei, era stato agire in maniera estremamente rapida a scegliere un altro Campione e un Campione che, all’occorrenza, avrebbe potuto riconoscersi idealmente perfetto per tale ruolo, al solo, esplicito scopo di poter quindi negare alla donna guerriero tale soddisfazione, a meno che ella non avesse a desiderare tentare di conquistare con la forza il titolo da lei richiesto.
« Qa’Ruam… Campione di Lysiath. » lo interpellò quindi il signorotto, volendosi direttamente al colosso alle sue spalle « Desideri tu rinunciare al tuo ruolo e cedere tale carica, con tutti gli onori e gli oneri da ciò derivanti, alla qui presente Midda Bontor, già Campionessa di Kriarya? »
E se Qa’Ruam non esplose a ridere, poco ci mancò, per così come l’espressione oscenamente divertita sul suo volto ebbe allora ben a evidenziare.
Chiunque egli fosse, qualunque fosse la sua storia, nell’essersi visto attribuito, anche per riservare un semplice dispetto a quella donna, il titolo di Campione di Lysiath; si era parimenti vista riconosciuta una meravigliosa occasione di gloria, alla quale non avrebbe certamente rinunciato tanto facilmente, non in favore di Midda, non per alcun altro al mondo.
« Che la Campionessa di Kriarya torni alla città del peccato. » sancì quindi il colosso d’ebano, parlando con voce profonda, seppur palesemente ilare « Qualunque minaccia possa imporsi in contrasto a Lysiath, troverà me, Qa’Ruam, a difenderla! »
« D’accordo… abbiamo già inteso il tipo di individuo… » sospirò Duva, a margine di ciò « Tanto stupido quanto vanaglorioso. » scosse appena il capo « Tiragli due schiaffi e facciamola finita… » suggerì quindi, in direzione della propria sorella d’armi, facendo ovvio riferimento al braccio destro di lei, e a quel braccio che, in grazia alla forza dei servomotori alimentato all’idrargirio, le avrebbe garantito non soltanto di poter competere al pari di quell’individuo, per quanto nerboruto, ma anche di esserle quietamente superiore.
« Non funziona così… » scosse appena il capo l’altra, escludendo quell’eventualità « Se lo sconfiggessi per grazia della mia protesi, non mi sarebbe mai riconosciuto il titolo di Campionessa, nelle tutt’altro che illegittime accuse di stregoneria che mi potrebbero essere rivolte. » puntualizzò, piegando l’angolo macino della bocca verso il basso, in una smorfia di disappunto « Se sfida dovrà essere, non potrò impiegare il mio braccio per vincerlo: solo così non vi potranno essere recriminazioni di sorta legate al mio trionfo. »
« … ah… » commentò la prima, inarcando ora il sopracciglio destro con aria incerta e passando con lo sguardo, ripetutamente, fra l’amica e il gigante « Ti rendi conto, vero, che un suo braccio è circa il doppio di una tua gamba…?! Lo sottolineo nel caso tu non te ne fossi accorta, nell’incalzante e frenetica successione di eventi… »
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