Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
lunedì 22 giugno 2020
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Avventura
063 - Il peso dei propri errori
Se davvero preferivano che le cose avessero ad andare così… bene: le cose sarebbero andate così. Non sarebbe certamente stata proprio ella a sottrarsi alla prospettiva di una sfida.
« Sono pronta. » confermò la donna guerriero più celebre di quell’angolo di mondo, se non, forse, dell’intero continente, annuendo appena.
Pochi, in quel di Kofreya e regni limitrofi, avrebbero potuto dichiarare, in fede, di non aver mai sentito parlare della leggendaria Midda Bontor: da almeno vent’anni, infatti, le cronache delle sue gesta si impegnavano ad arricchire il già pur praticamente sconfinato repertorio di bardi e cantori, cantastorie e menestrelli, offrendo continui spunti narrativi per animare le serate di grandi e piccini in ogni città, borgo o paesello, in lotta contro una chimera o contro un tifone, contro uno scultone o contro una sirena, senza escludere ovviamente cerberi e gorgoni, anfesibene e ippocampi. Insomma: qualunque genere di creatura, nota e non, mitologica o destinata a diventare tale, avrebbe potuto considerarsi partecipe alle avventure della straordinaria Figlia di Marr’Mahew, in termini tali per cui, obiettivamente, ella stessa avrebbe avuto a doversi intendere già entrata nel mito, seppur ancora in vita.
E se, per diverso tempo, ella era scomparsa dalla circolazione, alimentando ogni qual genere di fantasiosa ipotesi nel merito di quanto potesse esserle accaduto, negli ultimi mesi aveva iniziato a diffondersi la notizia del suo ritorno da un misterioso viaggio. Ritrovarsi, quindi, posti a confronto con una tanto celebre figura, e, addirittura, avere occasione di assistere, in una posizione chiaramente privilegiata, a un suo duello, non avrebbe potuto ovviare non soltanto a incuriosire, ma, addirittura, a entusiasmare il pubblico lì attorno, che si affollò chiudendosi attorno ai contendenti a creare una sorta di arena circolare attorno a loro, e un’arena non costituita da mattoni e pietre, quanto e piuttosto dalla più originale massa di gente. Massa di gente che, comunque, nel giro di quei primi, pochi minuti, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual già cresciuta all’inverosimile, in una rapida diffusione della notizia di quello scontro, e di quello scontro che, nessuno, si sarebbe quindi voluto perdere.
Uno scontro, quello, che, negli intenti propri del signorotto, avrebbe avuto a dover vedere, ipoteticamente, il campanilismo degli abitanti di Lysiath prevalere anche al di sopra della fama della donna, e che pur, purtroppo, non ebbe a manifestarsi nei termini da lui augurati, per così come molte voci di sostegno, di supporto, ebbero a testimoniare in favore della supposta invaditrice, e pur di un’invaditrice decisamente più apprezzabile, agli occhi di una buona parte del pubblico, non soltanto rispetto a quell’anonimo Campione, quanto e piuttosto, anche, rispetto allo stesso lord Masshiad, che pur, nella propria vita e nel proprio ruolo, non aveva mai fatto nulla per meritarsi un qualsivoglia attestato di stima.
Una fiducia, quindi, pura e semplice conseguenza della sua popolarità, e di una positiva popolarità tale, persino, da obliare all’idea che a lei avrebbe avuto a dover essere anche imputata la scomparsa della grande Biblioteca, quella che stavano così tributando all’Ucciditrice di Dei, che non poté mancare di indispettire lo stesso signore di Lysiath, il quale, francamente, non avrebbe potuto immaginare che quella potenziale usurpatrice avrebbe mai potuto vantare un simile seguito fra il popolo. Un seguito che, dal proprio punto di vista, non poté ovviare a essere considerato, francamente, qual molto pericoloso… e pericoloso nella misura utile da spingerlo a prendere in esame altre alternative rispetto al puro e semplice confronto con Qa’Ruam.
« Anche io. » annuì il Campione di Lysiath, avanzando di un passo in direzione della propria avversaria, nel mentre in cui molti, forse e persino troppi, fischi ebbero ad accompagnarne quel nuovo ingresso in scena, e nella scena propria di quella piccola arena all’interno della quale sarebbe quindi occorso lo scontro.
Raramente Midda avrebbe avuto a dover essere riconosciuta solita riservarsi l’onere della prima mossa: non potendo certamente vantare, praticamente a prescindere dal proprio antagonista di turno, né una forza maggiore, né un peso maggiore, né una stazza maggiore, esporsi nell’incognita della prima mossa sarebbe stato, per lei, un arduo scommettere, soprattutto laddove posta, all’occorrenza e come in quel momento, a confronto con una controparte del tutto sconosciuta nelle proprie effettive capacità guerriere. Purtroppo, però, il fattore tempo, in quella giornata ormai giunta quasi al meriggio, avrebbe avuto a dover essere inteso troppo importante per potersi permettere occasione utile a tergiversare, fosse anche e soltanto per attendere che quel colosso d’ebano si decidesse ad avanzare verso di lei; ragione per la quale, quindi, trasgredendo il proprio consueto incedere, ella scelse di rendere propria la prima mossa.
Così, non appena il gigantesco Qa’Ruam ebbe a posizionarsi all’interno di quell’improvvisata arena, ella scattò in avanti, con incedere deciso, procedendo a discapito del proprio avversario per così come avrebbe potuto avere ragione di compiere se soltanto avesse avuto in pugno una spada e, con essa, si fosse ritrovata desiderosa di portare a termine un affondo dritto verso il suo ventre. Purtroppo per lei, in quel momento nessuna spada avrebbe avuto a estendere, a completare il proprio arto mancino, ragione per la quale la scena non poté quasi che apparire parodistica nel veder quello scricciolo di donna avere a slanciarsi, con supposta ferocia priva di pratico riscontro, a discapito del proprio titanico antagonista. E se, a quel gesto, improvvisamente il silenzio più assoluto ebbe a calare nella piazza, quasi tutti stessero lì allor trattenendo il respiro nel timore di potersi, altresì, perdere una qualunque evoluzione della situazione; l’unico a non potersi dire obiettivamente impressionato da tale azione non mancò di essere proprio il Campione, il quale, al contrario, non poté mancare di domandarsi se, all’occorrenza, quella presunta eroina non avesse del tutto perduto il cervello, forse come conseguenza di qualche demenza senile.
Conscio di non poter correre, allor, alcun rischio, a meno di non voler prendere in considerazione l’assurda idea di un’improbabile lama invisibile, e di una lama invisibile lì impugnata dalla propria controparte, l’arrogante Qa’Ruam non poté mancare di intendere, a confronto con tutto ciò, l’ennesima conferma di quanto, obiettivamente, quella sfida avesse a intendersi nulla di più di una farsa, per così come subito gli era risultato evidente nel confronto visivo con la propria avversaria. E, senza neppure sforzarsi di avere a estrarre la propria di lama, e una lama che, nelle dimensioni, avrebbe avuto a dover essere intesa qual una spada a due mani per chiunque altro; egli si limitò a piegarsi appena in avanti, pronto per agguantare quel bizzarro animaletto noto con il celebre nome di Midda Bontor.
« E, così, termina il nostro scontro… » suggerì egli, sottovoce, forse rivolgendosi alla propria stessa avversaria, e a quell’avversaria orai giunta fra le sue braccia.
Ma se, un attimo prima, ella avrebbe avuto a doversi intendere praticamente spacciata, un attimo dopo ella ebbe a dimostrare quanto erronea avesse avuto a dover esser intesa una simile semplificazione, erronea nella misura allo a lei utile per scomparire da davanti a quell’uomo ricomparendogli, inaspettatamente alle spalle, dopo aver compiuto un salto degno della più straordinaria atleta, della più fiera acrobata, e una salto che, trovando un primo punto d’appoggio sull’enorme polso teso verso di lei, e un secondo punto d’appoggio sulla di lui vigorosa spalla, la condusse a roteare al di sopra della sua testa, solo, così, per poter guidare entrambi i propri talloni, or uniti, in un doppio calcio, un duplice affondo, dritto in contrasto a quella glabra scatola cranica, con una corrispondenza fra idea e azione così straordinaria da non riuscir a risultare, obiettivamente, umana, per quanto nulla, in tutto ciò, fosse stato compiuto in virtù di abilità estranee alla sua pur semplice natura di comune umana.
Mirabile e doloroso, così, non poté che risultare quel gesto, e quel gesto che vide risuonare quella scatola cranica in maniera quietamente udibile da chiunque attorno a loro, almeno entro il limitare delle prime due o tre file, ritrovandosi poi accompagnato da un’esplosione di esultanza collettiva nel ravvisare quanto, al di là di qualunque possibilità di dubbio, la rossa lì impegnata in combattimento altro non fosse, né più, né meno, che l’incredibile Figlia di Marr’Mahew… la sola che, in tal maniera, avrebbe potuto lascia apparire quasi banale qualcosa di ben estraneo a qualunque senso di banalità.
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