Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
mercoledì 24 giugno 2020
3317
Avventura
063 - Il peso dei propri errori
“D’accordo… una spada mi farebbe comodo.”
Un’ammissione semplice e intellettualmente onesta, quella che Midda volle rendere propria innanzi all’evidenza della situazione, e di una situazione nella quale, volendo oltretutto ovviare a impiegare il proprio arto destro per evitare contestazioni a posteriori, ella non avrebbe potuto negare l’evidenza di un chiaro svantaggio a confronto con un nemico armato, e un nemico, oltretutto, armato di una sì temibile arma.
Ciò non di meno, l’assenza di una spada al proprio fianco, per quanto spiacevole, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa ragione utile per arrendersi, né fisicamente, né tantomeno psicologicamente. Certo: ella non avrebbe potuto ovviare a provare una sincera nostalgia all’idea della spada bastarda che per lunghi anni l’aveva accompagnata in mille e più avventure, e quella spada, oltretutto, dono di un fabbro suo amico e legata, in ciò, a una storia, e a una storia molto particolare. Ma la nostalgia di quella propria vecchia compagna di ventura non avrebbe potuto in alcun modo ritrovarsi a essere giustificazione per arrendersi innanzi alla situazione… anzi. Entro certi versi, ciò avrebbe avuto a dover essere piuttosto inteso qual sprone emotivo utile a incalzare oltre, a dimostrare a sé stessa, e agli dei tutti, di essere ciò che ella era a prescindere dalla presenza di una spada al proprio fianco, così come della possibilità di impiegare le straordinarie capacità di quel braccio robotico conseguenza del suo periodo fra le stelle del firmamento.
Ovviamente, per quanto non demotivata, quindi, dalla disparità impostale dalla dinamica propria di quel confronto, per un lunghissimo, primo arco temporale, la Figlia di Marr’Mahew si ritrovò comunque costretta a rendere proprio un approccio difensivo ancor prima che offensivo, reagendo in maniera passiva alle azioni attive del proprio antagonista, con la necessità di eluderne i gesti, di evaderne gli attacchi, sottraendosi, di volta in volta, ai fendenti e ai montanti, ai tondi, agli sgualembri e ai ridoppi, con tutta la propria agilità, con tutta la propria rapidità e, perché no?..., con tutta la propria eleganza in ciò, offrendo, allo sguardo del pubblico, quella che quasi avrebbe avuto a potersi fraintendere qual una bizzarra danza ancor prima che l’evidenza propria di un combattimento.
E a margine di ciò, per quanto, per l’appunto, intellettualmente onesta con se stessa nell’ammettere, con estrema semplicità, quanto una spada avrebbe potuto farle allor comodo; ella non mancò di ricorrere a tutto il proprio brioso mordente al fine di rifiutare qualunque addebito psicologico in quel confronto, proponendosi, al contrario, a proprio quieto agio in quella situazione, quasi nulla di diverso avrebbe potuto sperare di ottenere in quel frangente…
« Ora comprendo il perché di quei muscoli… » ironizzò a un certo punto « … sono il minimo indispensabile per poter sollevare in aria quell’assurda spada! »
« Hai mai pensato di passare a qualcosa di più pratico…?! » suggerì in un altro momento « … che ne so, un tronco d’albero o qualcosa del genere. Di certo sarebbe più maneggevole rispetto a quell’oscena arma! »
« Forse, se tu preferissi qualcosa di meno impegnativo, potresti riuscire a essere un po’ più rapido nei tuoi movimenti… » ipotizzò ancora « … per carità: è vero anche che con la mole che ti devi trascinare dietro, è già tanto che tu riesca, in effetti, a muoverti. »
Al di là di quelle facili provocazioni, comunque, la donna guerriero non avrebbe potuto negarsi di riconoscere al proprio avversario un giusto attestato di stima per tutto il suo impegno, e un impegno tutt’altro che fine a se stesso: i suoi movimenti, in effetti, avrebbero avuto a doversi intendere tutt’altro che lenti, la sua abilità con quella immane spada tutt’altro che scontata e, obiettivamente, anche la sua ipertrofica muscolatura non stava lì risultando, per lui, di particolare ostacolo nel proprio incedere. Insomma: chiunque fosse quel Qa’Ruam, al di là della propria giovane età, non era certamente uno sprovveduto. E se soltanto non ci avesse lasciato la pelle prima del tempo, avrebbe potuto vantare di possedere tutte le carte in regola per poter divenire, in futuro, un nuovo Ebano, in una facile associazione mentale, o, comunque, un guerriero egualmente celebre.
Ovviamente, però, sarebbe potuto crollare il cielo prima che ella potesse ammettere una qualunque forma di stima nei suoi riguardi… soprattutto nel mentre di quel combattimento. E non per qualche particolare motivazione d’orgoglio, quanto e piuttosto per non negarsi l’unica risorsa che ancora avrebbe potuto vantare a confronto con lui in quel frangente: l’impegnarsi a demolirlo psicologicamente ancor prima che fisicamente, piantando in lui il seme del dubbio e del dubbio di non poter essere in grado di vincerla a prescindere da tutto il proprio sforzo, da tutto il proprio più che onesto impegno.
Del resto, la di lei fama leggendaria, ancor prima che sulle proprie mirabolanti imprese, avrebbe avuto a doversi intendere fondata proprio sulla di lei capacità a lasciar credere di non poter essere vinta. Tecnica che, del resto, ella aveva quietamente appreso nel corso degli anni da tutte le creature contro le quali si era ritrovata schierata, creature notoriamente contraddistinte da descrizioni quali “invincibile” o, meglio ancora, “immortale”, salvo poi, puntualmente, cadere sotto i colpi della sua spada.
“Basta che ora non diventi io la creatura…” si ritrovò a ponderare nel profondo del proprio cuore, anche in riferimento all’irrisolto, e probabilmente irrisolvibile, nodo dell’eredità propria della regina Anmel Mal Toise e di quell’eredità che, non di buon grado, l’aveva così vista mutare potenzialmente fronte, passando dalla schiera degli eroi, a quella, purtroppo, dei mostri.
Ovviamente il suo avrebbe avuto a doversi intendere un giuoco pericoloso, in una sfida fisica e psicologica al proprio antagonista, e in una sfida che si sarebbe, quindi, giuocata tutto sulla di lei prontezza di riflessi in risposta alla fantasiosa iniziativa del proprio antagonista, così come sulla tenacia di entrambi a non arrendersi, a non permettere a quell’apparente stallo di demotivarli.
Ma se ella, dalla propria, avrebbe potuto pur vantare la serenità mentale propria di chi perfettamente conscia dei suoi limiti, e di quei limiti che aveva avuto occasione di esplorare, ampliamente, nel corso degli anni, e di lunghi anni di sfide improbabili se non, addirittura, impossibili; egli, proprio malgrado, avrebbe avuto a difettare in tal senso, proponendo, piuttosto, l’irrequietezza propria della gioventù, e di quella gioventù tale per cui se il risultato non fosse stato ottenuto al più presto, la questione avrebbe avuto a perdere di senso. E così, istante dopo istante, minuto dopo minuto, l’ago della bilancia, inizialmente in potenziale sfavore della Figlia di Marr’Mahew, non poté che muoversi, via via, a suo sostegno, suggerendo quanto, alla fine, la sfida sarebbe stata vinta, per l’appunto, da lei se non fosse stata intrapresa una nuova iniziativa da parte dell’uomo.
« Cagna maledetta… » gemette quindi Qa’Ruam, a denti stretti, in un sussurro che pur non sfuggì alla donna, ritrovando in lei soltanto ragione di quieta soddisfazione a confronto con il crescente nervosismo dell’antagonista « … vuoi smetterla di saltare come un grillo e affrontare con serietà questa sfida…?! » la incalzò, in un’accusa quasi ridicola, e pur, allora, più che trasparente di quanto il di lei approccio lo stesse cuocendo psicologicamente a puntino.
Fu allora che, effettivamente, la donna guerriero iniziò a cambiare il proprio interesse, non più puntando semplicemente all’evasione da quegli attacchi ma a qualcosa di più. E a qualcosa che, con il favore degli dei, o anche senza, a lei poco ciò era da sempre interessato, l’avrebbe potuta portare a porre la parola fine su quel confronto, concedendole così e speranzosamente l’occasione utile per preoccuparsi della vera sfida alla quale, tutti loro, avrebbero avuto a dover rivolgere le proprie attenzioni, le proprie premure.
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