11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 26 aprile 2022

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Il senso della distanza avrebbe avuto a doversi riconoscere decisamente diverso nel viaggiare a cavallo, o peggio ancora a piedi, rispetto a un viaggio in automobile, in treno o in aereo. E questo, per Maddie, era stato inizialmente il più grande ostacolo psicologico da affrontare per abituarsi alla nuova vita da errabonda dimensionale che aveva pur abbracciato qual propria.
In effetti, quando ella aveva accettato la proposta della fenice, e quella proposta atta a prendere il posto della propria defunta maestra d’arme nell’inseguire Anmel Mal Toise attraverso diverse realtà alternative, ovunque ella avrebbe avuto a sospingersi nella ricerca di nuove Midda o Maddie da eliminare, non aveva avuto occasione di comprendere realmente cosa avrebbe potuto significare tutto ciò. A partire dal doversi confrontare, continuamente, con nuove realtà, con nuove lingue e, soprattutto, con nuovi stili di vita.
Prima di arrivare lì, in quel mondo nel quale era ormai da più di un lustro, erano state almeno una dozzina, o forse più, le realtà in cui ella si era mossa: alcune simili alla propria, altre più progredite, altre meno progredite, nessuna del tutto identica alla sua. Sotto il profilo linguistico, solo un paio di volte era riuscita a cavarsela in maniera abbastanza semplice, ritrovando la propria lingua natia o, comunque, una lingua parlata nel proprio mondo natale e a lei nota, come l’inglese o il francese. Nelle altre occasioni, proprio malgrado, ella aveva dovuto arrangiarsi in maniera non dissimile da quella propria del personaggio interpretato da Antonio Banderas in quel film ispirato al Beowulf, il quale, arabo ritrovatosi catapultato fra i normanni, ebbe a doversi ingegnare a dedurre in maniera empirica quanto concernente non soltanto l’aspetto lessicale, ma anche grammaticale e sintattico di una lingua a lui del tutto ignota, salvo, alla fine, riuscire ad avere a maturare confidenza con la stessa. E per quanto forse eccessivamente forzata tale soluzione era stata da lei inizialmente valutata nel confronto con la prima visione di quel film, nel ritrovarsi a propria volta in una situazione del tutto equivalente, e in una situazione ove, proprio malgrado, nessuno l’avrebbe potuta comprendere se avesse parlato la propria lingua e, peggio ancora, ella non avrebbe potuto comprendere nessuno nel ritrovarsi a confronto con una lingua totalmente aliena alla propria, quasi naturale si era dimostrato quell’apprendimento, e un apprendimento sicuramente ben lontano dalla perfezione teorica e pur sufficientemente solido a confronto con le necessità propri di un approccio pratico.
Superato l’ostacolo rappresentato dalle differenze linguistiche, che pur non avrebbe avuto sicuramente a potersi fraintendere secondario, anche il doversi ritrovare a confronto con diversi stili di vita non avrebbe potuto avere a banalizzarsi qual qualcosa di così scontato, così semplice da affrontare e da superare. Anzi. A onor del vero, in effetti, riuscire a calarsi in contesti culturali e sociali estranei al proprio avrebbe avuto a doversi intendere forse e persino più complesso rispetto all’apprendimento della lingua, nella necessità di apprendere, sempre per logica deduttiva, usi e costumi tal volta del tutto alieni a quelli per lei da sempre propri o, se anche non alieni, decisamente estranei da quanto da lei mai vissuto. E questo tanto nel ritrovarsi a confronto con scenari tecnologicamente più progrediti rispetto al proprio, quanto con scenari tecnologicamente meno progrediti, seppur comunque per ragioni differenti. In un mondo come quello, fra le tante cose con le quali aveva dovuto trovare occasione di ritarare la propria percezione della realtà, era quindi e sicuramente stato il discorso del rapporto fra spazio e tempo nella mentre dei viaggi, e di viaggi che, condotti a cavallo o a piedi anziché in automobile, in treno o in aereo, avrebbero necessariamente avuto a imporre una diversa percezione tanto dello spazio quanto del tempo. E, probabilmente, una percezione più veritiera di entrambi.
Così, per quello che, probabilmente, nel suo mondo natale sarebbe stato un viaggio semplice, da coprire con qualche ora di auto e, giustappunto, una sosta in un autogrill, lì avrebbe avuto necessariamente ad assumere un ben diverso valore. E a dover, altrettanto necessariamente, essere vissuto in una diversa maniera. Non un viaggio rivolto soltanto alla meta da raggiungere, pur ovviamente fine imprescindibile dello stesso, ma anche e obbligatoriamente dedito a valorizzare il percorso stesso, con momenti di confronto, a volte seri, a volte faceti, discussioni e provocazioni, risate e grida, con quanto, in fondo, altro non avrebbe avuto a dover essere considerato se non un investimento, e un investimento rivolto alla crescita del rapporto fra i membri di quella compagnia. Non che Maddie non conoscesse Howe o Be’Wahr, così come H’Anel e M’Eu, avendo ormai da cinque anni condiviso tante avventure, tante battaglie accanto a loro: ma ancor più delle avventure, ancor più delle battaglie, quanto aveva permesso al loro rapporto di maturare era sicuramente stato il viaggiare condiviso. E quei viaggi nel corso dei quali era stata concessa loro l’occasione di conoscersi, di comprendersi, di meglio apprezzare virtù e, all’occorrenza, anche i difetti gli uni degli altri, così come in alcun altro contesto avrebbe loro potuto essere concessa occasione di compiere.
Anche quel nuovo viaggio, pertanto, non ebbe a fare eccezione. E al termine dello stesso, oltre a raggiungere la dimora di Sha’Maech, i cinque compagni d’arme non si sarebbero potuti sottrarre all’evidenza di quanto, malgrado tutto, il loro rapporto avesse avuto soltanto occasione di crescere ancora in grazia a quel viaggio, così come la conoscenza reciproca. Fosse anche e soltanto, in termini decisamente faceti, nel confronto con la scoperta del difficile rapporto fra Maddie e il canto.

Come sempre, giungendo in prossimità della dimora di Sha’Maech, Howe e Be’Wahr ebbero ad avvistare la folta e disordinata candida chioma del sapiente già da una certa distanza, nell’evidenza concreta di quanto egli avesse avuto occasione di cogliere il loro appropinquarsi, di riconoscerli e di prepararsi di conseguenza ad accoglierli, in termini tali per cui, quindi, effettivamente nulla di sorprendente avrebbe potuto sussistere a confronto con l’idea che egli avesse persino già la risposta pronta a ogni loro interrogativo.

« Ehilà, Sha’Maech! » salutò il biondo Be’Wahr, levando il braccio destro e muovendolo vistosamente per salutare, già in lontananza, quel vecchio amico « Che bello vederti! » soggiunse, in una frase che non avrebbe avuto a potersi fraintendere in alcuna maniera qual retorica, là dove, effettivamente, in un mondo come il loro, un nuovo incontro con una persona amica non avrebbe mai potuto essere dato per scontato, se non per l’inattesa scomparsa della stessa, all’occorrenza per la propria stessa prematura dipartita.

Per tutta replica, anche Sha’Maech ebbe allora a levare un braccio, e a ricambiare, seppur con minor foga, quel gesto di saluto, a conferma di quanto fosse ben consapevole della loro identità e del loro imminente arrivo.

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