Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
giovedì 6 maggio 2010
846
Avventura
019 - Caccia all'uomo
« Thyres… » commentò sottovoce, cercando di dissimulare ogni attenzione così dedicata a quello strano gruppo « Ho ritrovato maggiore entusiasmo nei confronti della vita nelle orde di zombie della palude di Grykoo. » osservò, nel richiamare alla memoria un famigerato territorio maledetto geograficamente prossimo a Kriarya, particolarmente noto e temuto proprio in conseguenza delle negromantiche forze operanti in esso, pronte ad assoggettare a sé chiunque entro quei confini avesse osato sospingersi « Questa storia mi piace sempre di meno… »
Ancora una volta, forte, in lei, fu così il dubbio di esser stata, suo malgrado, tenuta all'oscuro di un qualche particolare dettaglio proprio di quella sfida, di quella Grande Caccia, tale da negare qualsiasi desiderio di lotta, di resistenza, in quelle prede umane, pur candidatesi volontariamente alla partecipazione a quell'evento e, oltretutto, conquistatesi simile occasione in conseguenza dell'approvazione di una particolare commissione e del loro giudizio positivo a tal riguardo. Purtroppo, nuovamente, tale incertezza non avrebbe potuto ritrovare speranza di soddisfazione, dal momento in cui, sino a quel momento, apparentemente nessuno si era proposto in grado di comprendere alcuna lingua da lei conosciuta e parlata, e, reciprocamente, ella stessa si era dimostrata incapace di apprezzare la lingua shar'tiagha nella sola eccezione di poche espressioni, del tutto insufficienti a offrir senso compiuto a qualsiasi asserzione. E così, indifferentemente alla possibilità di una propria esplicita volontà o, peggio, all'eventualità di un'imposizione divina in tal senso, la donna guerriero non poté evitare di stringersi nelle proprie stesse spalle e proseguire il cammino posto qual proprio obiettivo, nell'inalterato desiderio di poter sconfiggere tutti gli avversari prefissati entro la conclusione di quella giornata.
Un desiderio, una volontà, quella propria della Figlia di Marr'Mahew, con il quale, inevitabilmente, inesorabilmente, uno dopo l'altro quasi tutti i cacciatori presenti all'interno di quelle mura, entro i confini di quella città abbandonata, furono posti a confronto uno dopo l'altro.
Prima Nero, accompagnata da Verde e Arancione, e successivamente Rosso, custodita dall'interesse tutt’altro che casuale di Blu, caddero in questo modo sotto l'impeto dei suoi attacchi, la moderata violenza dei suoi colpi. Alcuni fra loro, non diversamente da quanto pur anche Bianco aveva cercato di riservarsi, seppur in modalità del tutto inadeguate alla situazione, tentarono con coraggio, con audacia, di fronteggiare quell'inattesa avversaria, quella non sperata nemica, nel non voler permettere alcuna umiliazione associata al proprio nome o al nome della propria famiglia, in quella che sarebbe stata un'onta assolutamente inaccettabile, aggravata maggiormente, ove possibile, dall’unicità, dall'assenza, nel passato, nella storia della Grande Caccia, di una sconfitta simile nei confronti di un qualsiasi altro cacciatore. Altri fra loro, palesando invece un carattere più prossimo a quello già offertole da Azzurro, non abbracciarono con entusiasmo, con piacere, l'idea di dover trasferire realmente il confronto con quella figura sul piano fisico, in uno scontro diretto: tuttavia, nel momento in cui ogni possibile supporto, qualsiasi eventuale aiuto loro riservato e riservabile dalla propria scorta, era stato loro negato, anch'essi avevano dovuto accettare la dualità di scelta obbligata imposta dal confronto con simile avversaria, nell'alternativa fra piegarsi di fronte a lei volontariamente o, meno gradevolmente, essere comunque costretti a farlo in conseguenza dei colpi che sarebbero stati loro impartiti. Tutti loro, comunque, sebbene mai avrebbero potuto negare l'evidenza di una sincera e umana emozione di risentimento nei riguardi di quella straniera sconosciuta, egualmente non avrebbero potuto neppure ignorare di provare verso di lei una certa ammirazione. Ammirazione che da un lato, nelle due fanciulle da lei sconfitte, cedette spazio in maniera spontanea a un concreto desiderio di emulazione, di imitazione nel confronto con un'immagine tanto superba, magnifica, esempio concreto dell'emancipazione a cui ogni donna shar'tiagha avrebbe desiderato spingersi; dall'altro, nei tre giovani maschi da lei sopraffatti, così come già per i primi due, non poté evitare di generare una, da loro stessi inaspettata, infatuazione nel riguardo di simile maliarda, verso la quale pensieri lussuriosi non poterono essere ovviati nonostante l'irrefutabile divario d'età fra loro esistente.
A meno di un'ora dal tramonto e, in ciò, dal termine naturale della competizione proposta dalla Grande Caccia, nell'elenco di vittorie proprie della donna guerriero, in conseguenza dei successi già accumulati, risultavano pertanto essere ancora assenti soltanto due cacciatori, una donna e un uomo, rispettivamente Viola e Giallo, dei quali ella non aveva ancora avuto modo di ritrovare traccia di sorta, nonostante un sincero impegno da lei proposto in tal senso.
Nel corso di simile ricerca, prevedibilmente, non erano venute meno nuove occasioni di incontro anche con diversi mercenari di ogni colore, ancora impegnati nella ricerca di possibili prede nell'essere necessariamente ignari della sconfitta imposta alla prevalente maggioranza dei loro rispettivi signori: con alcuno fra loro, comunque, ella ricercò occasione di scontro, di impegno, non tanto per un decresciuto desiderio di lotta, ma per una concreta sfiducia nella qualità della competizione che ella avrebbe potuto riservarsi nel confronto con simili avverarsi. Dopotutto, là dove, usualmente, uno dei suoi passatempi preferiti nelle lunghe serate in Kriarya, sarebbe dovuto esser giudicato, a ragion veduta, la ricerca di nuove opportunità di rissa, anche in tali momenti, in simili contesti, il divertimento ludico in quel modo per lei derivante non sarebbe potuto esser giudicato illimitato, continuo e costante nel tempo, soprattutto nell'assenza di controparti in grado di pretendere realmente la sua vita, al di là di ogni eventuale minaccia in simile direzione, a tal riguardo. E proprio in virtù di questa ragione, pertanto, ella sarebbe dovuta essere allora considerata bramosa solo di raggiungere la conclusione di quella tediosa occupazione, di quell'incarico fatto proprio per quanto priva di una qualche effettiva necessità in tal senso, senza ulteriori distrazioni, senza inutili rallentamenti.
« A costo di risultare la solita maliziosa malpensante, l'assenza di quei due mi spinge sinceramente a prendere in esame la possibilità che essi si siano, in effetti, appartati in qualche angolino tranquillo, e lontano da sguardi indiscreti, per cercare una certa intimità… » commentò, con incedere dubbioso, nell'insoddisfazione derivante dal non essere ancora riuscita né a rintracciarli né, almeno, a ritrovare tracce chiare del loro passaggio, sebbene nel contesto proprio di quel particolare teatro tutto ciò non sarebbe dovuto risultare particolarmente difficile « Del resto sono giovani e sicuramente desiderosi di accumulare ogni genere di esperienza. » sorrise, celando dietro a simile sorriso la sensualità licenziosa di molti ricordi dell'epoca in cui, alla loro età, ella stessa non era solita riservarsi numerose occasioni di pudore, di inibizione, di fronte alla possibilità di un piacevole intrattenimento in compagnia di un focoso amante.
Nel concedersi un istante di svago psicologico, di scherzosa distrazione nel seguire il flusso mnemonico indotto da tali pensieri, il fiume di ricordi derivante da una simile idea, la mercenaria non si poté allora negare una reale nostalgia nel confronto con l'immagine del proprio caro, dolce e sin troppo comprensivo Be'Sihl, abbandonato da ormai due mesi dopo che, sciaguratamente, la sua stessa spada bastarda aveva abbracciato la malaugurata iniziativa di aprire il fianco destro del medesimo, proiettandolo pericolosamente vicino alla morte e pur, sebbene non per proprio merito, fortunatamente non uccidendolo.
Prima di allontanarsi da lui, nella volontà, forse sciocca, forse egoistica, di punirsi attraverso tale esilio, ella aveva ovviamente atteso che egli superasse le ore più critiche, dimostrando possibilità di completa guarigione, di totale ripresa: dopo tanto tempo in che stato lo avrebbe potuto incontrare? Aveva, forse e ormai, già abbandonato l'inevitabile convalescenza conseguente a una tal ferita? Aveva, forse e ormai, avuto occasione di recuperare la propria autonomia, la propria autodeterminazione da lei tanto violentemente negatagli? E, soprattutto, a seguito di quanto accaduto, egli qual idea, qual pensiero, quale sentimento riservava nel proprio cuore al suo ricordo?
Secondo quanto lasciato intendere, seppur implicitamente, dalle parole di Ras’Jehr, l'unica connessione, il solo collegamento offertole dal fato con Be'Sihl e la sua famiglia, egli non doveva averla dimenticata, non doveva averla esclusa dal proprio intimo così come ella, altresì, gli aveva pur imposto nella sua stessa quotidianità, ritrovandosi a essere, addirittura, potenzialmente pronto ad accorrere in suo soccorso, in sua salvezza, ove necessario: avrebbe, quindi, dovuto attendersi di poterlo presto incontrare nuovamente entro le mura della stessa città ove ella era stata arrestata e condannata, se solo si fosse lì intrattenuta ancora per qualche settimana? Egli si sarebbe forse precipitato sino a quella dannata urbe di cui ancora neppure conosceva il nome, nella sola speranza di poterla raggiungere? Di poterla riabbracciare?
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