Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
martedì 11 maggio 2010
851
Avventura
019 - Caccia all'uomo
In contrasto a quanto pur ella si stava attendendo qual naturale sviluppo per la situazione in cui si era ritrovata a essere, per quella salda presa, quella morsa forse inviolabile imposta attorno al proprio corpo da parte della coda dell'essere, il medesimo non sembrò, altresì, intenzionato a tentare di stritolarla, di rompere le sue ossa, quanto più, banalmente, di avvicinarla a sé, al proprio volto. Fu in tal modo che alla mercenaria venne riconosciuta, finalmente, occasione per studiare da vicino il proprio avversario e per comprendere, in ciò, con assoluta chiarezza, le ragioni proprie di quella scelta, di quella strategia apparentemente clemente, pietosa, nei suoi riguardi, che tale non sarebbe ovviamente dovuta essere giudicata.
Il capo di quell'essere, sino a quel momento rimasto in ombra, negato all'attenzione della donna guerriero, si dimostrò chiaramente ispirato, nelle proprie fattezze, nelle proprie forme e nei propri colori, ai pericolosi cobra del deserto: mostrando un profilo particolarmente largo e allungato in avanti, ma privo di un concreto spessore, quasi piatto, esso era, altresì, reso in apparenza più marcato, nelle proprie forme, nella propria sagoma, da una duplice estensione laterale ai bordi del suo collo, un cappuccio quasi ellittico, probabilmente di natura mobile, tale da essere similmente enfatizzato solo in momenti di particolare tensione, offrendogli, in ciò, in assoluta coerenza con i suoi cugini minori, un'occasione utile per incutere maggiore timore psicologico ai propri avversari, ai propri nemici, nel dimostrare maggiore possanza rispetto a quanto pur propria. Le scaglie della sua pelle, in tonalità quasi metalliche, simili al bronzo e all'oro, al contempo ruvide e vellutate, per quanto tale immagine sarebbe potuta apparire paradossale, si imponevano proprio attorno alle spalle e oltre, a risalire, con un maggiore dettaglio, con una trama più visibile rispetto a quella riservata lungo l'intero suo corpo, quasi a sottolineare una robustezza estremamente marcata, una solidità particolarmente accentuata in quel punto rispetto al resto della sua epidermide, in una zona là dove, dopotutto, maggiore sarebbe stata l'esigenza di protezione, di difesa nel confronto con possibili attacchi esterni. I suoi occhi, piccoli e tondi, completamente bianchi e situati l'uno in opposizione all'altro ai lati del suo viso, se osservati con superficialità, avrebbero potuto offrire un'erronea impressione di cecità, per quanto tale presunzione non avrebbe, in verità, potuto ritrovare particolare sostegno nei suoi movimenti, nei suoi gesti, dotati di una sicurezza assoluta, di una confidenza con l'ambiente a sé circostante priva di ogni possibilità di dubbio, a meno di non voler far propria l’ipotesi di un diverso genere di vista, di una diversa capacità di interrelazione sensoriale da parte della creatura con il mondo a sé circostante, eventualità che, in effetti, la donna guerriero non avrebbe potuto evitare di prendere al vaglio, nel non poter escludere nulla in maniera pericolosamente superficiale o stolidamente aprioristica. E se già, nella forma del proprio capo e nella presenza di quelle estensioni ai lati del suo collo, quell’essere avrebbe potuto chiaramente evocare l'immagine di un cobra, a eliminare qualsiasi possibilità di dubbio nella propria controparte in tal senso, a negare in lei ogni altra idea supposizione nel merito delle ragioni alla base dell'apparente assenza di interesse a ricercare nella potenza delle proprie spire, nonostante le sue dimensioni smisurate, il proprio vero fattore di forza, la propria concreta pericolosità verso un qualsiasi avversario qual costrittore, le due zanne, simili a lame ricurve nella propria forma e nelle proprie proporzioni, che esso mostrò aprendo la propria bocca e dilatando le proprie fauci oltremisura, evidenziarono quanto nel proprio veleno quell'uomo serpente avrebbe altresì riposto la propria fiducia in un combattimento: un veleno al contatto con il quale, probabilmente, alcuna speranza di salvezza, alcuna occasione di misericordia, sarebbe stata riservata al malcapitato così condannato.
« Immagino che nessuno ti abbia offerto, prima d'oggi, i propri complimenti per il tuo splendido sorriso… o sbaglio?! » commentò la mercenaria, ricorrendo all'ironia, allo scherno, qual mezzo per esorcizzare i propri pur naturali timori mortali, per umanizzare il proprio avversario e renderlo, nel confronto con la sua stessa psiche, non quale un mostro orrendo e forse impossibile da sconfiggere, quanto piuttosto un avversario come altri, che presto o tardi sarebbe stato da lei vinto, sarebbe caduto come già molti prima di lui « Eppure, ti assicuro che non ho mai avuto occasione, in passato, di ammirare dei denti pari ai tuoi… »
Nel mentre di tali parole, che avrebbero potuto esser pur fraintese qual segnale di distrazione da parte della donna guerriero, ella si impegnò altresì con assoluta concentrazione, nonché con la libertà di movimento comunque propria del suo braccio mancino, posto in tale favorevole condizione sia perché estraneo alla spiacevole presenza di catene a vincolarne il movimento, sia perché esterno all’imposizione pur soffocante di quella stretta attorno al proprio corpo imposta dall'avversario, al solo scopo di manipolare la lunga fascia del litham, per ottenere, con esso, unica arma in quel momento concessale, una sorta di cappio. Per l’impiego di simile risorsa, tuttavia, ella attese con innegabile pazienza, gelido autocontrollo, l'occasione offertale da un'inevitabile ed estrema vicinanza con il capo del proprio avversario, con quelle zanne, delle quali più semplice graffio avrebbe sicuramente decretato la sua prematura scomparsa: agire con eccessivo anticipo, del resto, avrebbe rappresentato non semplicemente un gesto trasparente di sentimenti di isteria, quanto, piuttosto, una vera e propria dimostrazione di stolidità, nello sprecare, in tal modo quella che, in simile frangente, sarebbe probabilmente dovuta essere considerata la sola possibilità riservatale, la sola speranza di sopravvivenza lì riservatale. Così, solo quando fu condotta a essere tanto prossima alle fauci della creatura da poter giudicare, a ragion veduta, la spiacevole qualità del fetore proveniente dalla profondità della sua gola, delle sue fauci, la Figlia di Marr'Mahew si mosse, con rapidità non inferiore a quella dimostrata dal proprio nemico, con destrezza e precisione degna di lode e meritevole della sua fama, al fine di condurre il proprio litham, conformato simile a capestro, sebbene non di solida corda, non di efficace più canapa, ad avvolgersi attorno al muso rettile del proprio avversario, immediatamente stringendo con forza, con decisione, il nodo in tal modo conformato allo scopo di costringere il mostro a richiudere improvvisamente quell'oscuro e orrido pozzo prima aperto sul suo destino.
« Scusami… ma ti assicuro che essere sottoposta a quell'oscenità che ti ostini a definire qual alito, è una punizione già più che sufficiente per ogni colpa a me potenzialmente imputabile! » commentò ella, avvolgendo ancora, più volte, il tessuto attorno a quella bocca, nell'approfittare, in ciò, dello stupore, della sorpresa pur necessariamente derivante da simile offensiva.
Effettivamente vasto e sincero, fu lo sconcerto nella creatura in conseguenza a quell'attacco inatteso, e, dal suo personale punto di vista, addirittura inattendibile, là dove mai alcuna propria preda si era mai similmente ribellata alla morte certa promessa dalle sue zanne, dai suoi denti aguzzi, al punto tale da far perdere al rettile la precedentemente conquistata aderenza con la parete alle proprie spalle, con quei pur precari punti d'appoggio ricercati al solo scopo di condurre la propria aggressione ai danni di quella donna umana, costringendo, pertanto, il mostro a precipitare con violenza a terra, e ad allentare, in conseguenza ciò, in maniera incontrollata, la propria presa sulla controparte, la morsa imposta su di lei, tanto quanto sufficiente a concederle possibilità di evasione, di fuga da tale pressione.
« Per Thyres… maledizione! Cerca di fare più attenzione! » protestò, in una falsa imprecazione con tono volutamente modulato ad apparir polemico, critico in conseguenza della caduta nella quale ella stessa era stata così fragorosamente coinvolta, pur approfittando della stessa per sfuggire, con un’agile capriola, alla prigionia e ritrovare, rapidamente, il proprio equilibrio, nonché l’indipendenza prima negatale.
« Avremmo potuto farci decisamente male tutti e due. » lo rimproverò, subito dopo, impegnandosi a riservare un necessario, giusto spazio fra loro, tale da poterle permettere maggiore occasione di manovra e, soprattutto, di sperare, in qualche modo non meglio definito, di poter prevalere in quel confronto « Che ti serva di lezione. Come diceva sempre mio padre: mai giocare con il cibo! »
Tutt'altro che sconfitto, l'uomo serpente superò con celerità l'effimero istante di stupore, di sbalordimento conseguente alla reazione della propria nemica, recuperando a sua volta il proprio equilibrio e, subito, impegnando le proprie estremità artigliate al solo scopo di liberare il suo stesso muso da quella spiacevole presenza posta a suo contenimento, nel dimostrare in tal senso, nel mentre di simile impegno, trasparentemente irritato per quanto occorso, per quell'offesa arrecatagli, benché, al momento, più morale che fisica, più psicologica che corporale.
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