Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
giovedì 16 settembre 2010
979
Avventura
022 - Futuro
Apparentemente impassibile, del tutto indifferente innanzi allo sviluppo offerto dagli eventi in corso, si mostrava essere Midda Bontor, fredda maschera priva di emozioni, di qualsiasi barlume di coscienza o sentimento, allora presente al fianco della compagna quasi fosse un semplice automa, quasi non solo il suo braccio destro avesse da essere considerato frutto di costosa ingegneria robotica, ma, ancor più, la sua intera presenza. In verità, in assoluta contrapposizione a simile erroneo preconcetto, estremamente attenta era ella, in vigile ascolto e osservazione non solo del dialogo in corso fra Duva e il loro anfitrione, quanto, piuttosto, dell'intero mondo attorno a sé, a cogliere la più effimera occasione di allarme, il più lieve pericolo, nella volontà, oltre che nel naturale incarico derivante dal proprio ruolo, di essere pronta a offrire contrasto a qualsiasi avversario, impegnandosi in ciò che, nonostante la propria attuale pacifica presenza, avrebbe dovuto essere per lei considerata una predisposizione intrinseca, una caratteristica innata, una vocazione innegabile: la guerra.
Sebbene ormai nessuno la conoscesse con l'appellativo di Figlia di Marr'Mahew, una divinità della guerra appartenente al pantheon della popolazione di un arcipelago da lei soccorsa anni prima, in un altro mondo, in un altro tempo, il significato proprio di quel nome non avrebbe potuto essere giudicato qual perduto insieme al proprio significante, dimenticato insieme a tutta la particolare esistenza per lei un tempo propria. Quella nuova realtà, quel nuovo universo da lei ora attraversato con lo stesso, indomito coraggio con cui, in passato, aveva affrontato ogni genere di sfida anche oltre l'umano ardire, in contrasto ad avversari immortali e a creature semidivine, non le si era poi presentato, in effetti, particolarmente diverso da quanto a lei abitualmente noto, ove guerra e violenza, dopotutto, erano da lei stati rilevati lì presenti in misura assolutamente non minore, e, anzi, persino maggiore, rispetto a quanto usualmente osservato: nuovi, indubbiamente, erano i campi di battaglia entro i quali venivano condotti gli scontri, nuove erano le armi impiegate allo scopo di distruggere l'avversario e, ancora, nuove e sempre più sofisticate erano tattiche per combattere e vincere, pur conducendo, sempre e inevitabilmente, agli stessi principi, alle stesse motivazioni e, ovviamente, agli stessi, sanguinari, risultati delle vecchie vie per lei più convenzionali. In conseguenza di simile consapevolezza, pertanto, nessuno meglio di lei avrebbe potuto apprezzare tale pur triste, inevitabile destino dell'umanità e, più in generale, di tutte le creature viventi, umane o non, mortali o non, similmente condannate a litigare, non diversi da capricciosi infanti, per qualsiasi genere di pur minimale guadagno, gioendo della disfatta dei propri avversari e cercando di espandere la propria influenza di potere sempre più lontano, sempre oltre, in un fato ineluttabile, una sentenza non addotta dall'alto, da una qualche figura onnipotente, quanto, molto peggio, dal basso, dal profondo della meschinità dell'egoismo e della bramosia propria di chiunque. E nessuno meglio di lei, ancora, avrebbe potuto saper come muoversi, come agire, in un simile contesto, per potersi riservare, giorno dopo giorno, non semplice e pur non scontata occasione di sopravvivenza, quanto piuttosto possibilità di costante vittoria, incredibile trionfo in ogni situazione.
Non semplice prudenza, in tutto ciò, in simile confidenza con le fondamentali dinamiche del fato, avrebbe potuto essere considerata quella in tal modo proposta dalla donna dagli occhi azzurro ghiaccio e dai capelli rosso fuoco, quanto, più propriamente, paranoia, dal momento in cui, sconfitti tutti gli avverarsi già propri di quel piccolo esercito schierato a protezione del loro obiettivo, ella e la propria compagna avrebbero allor potuto considerarsi sufficientemente al sicuro da ipotetiche nuove occasioni di contrasto, di lotta, tali da richiedere, addirittura, tanta attenzione da parte sua. Tuttavia, il fatto stesso che Duva si stesse concedendo la possibilità di giuocare in simili termini con Beri Vemil, divertendosi in maniera tanto evidente da apparir quasi grottesca, avrebbe dovuto essere valutato qual conseguenza della sua stessa paranoia presenza al suo fianco, utile a concedere a entrambe la protezione loro necessaria, quel grado di sicurezza utile e necessario a garantire un'occasione di ritorno alla navetta e, da lì, alla Kasta Hamina. Un meccanismo già collaudato il loro, un'intesa già dimostratasi vincente in altre occasioni, in altre loro simili e precedenti escursioni al di fuori della nave, che anche allora non tradì le tacite aspettative riposte in esso, concedendo, al contempo, ragione al capo della sicurezza per la propria prudenza sì simile alla paranoia.
Ignorato il laconico e pur esplicito invito rivoltole dal primo ufficiale a servirsi di una delle poltroncine loro lì presentate, Midda era rimasta in piedi in prossimità della soglia, lì mantenendosi in una posizione di miglior controllo sull'intero ambiente loro offerto. Da tale locazione, pertanto, non fu per lei né scomodo, né complesso, cercare immediato riscontro per un lieve spostamento d'aria avvertito alle proprie spalle, voltandosi allora verso l'esterno dell'edificio, là dove ancora riposavano privi di sensi tutti gli ipotetici difensori di quel piccolo feudo, giusto in tempo per osservare una dozzina di lunghe funi essere gettate dall'alto, lì calate apparentemente dal cielo stesso, nel mentre stesso in cui una dozzina fra uomini e donne, nero vestiti e abbondantemente equipaggiati di armi, si lasciava immediatamente e silenziosamente scivolare lungo le stesse, per raggiungere il suolo.
Fu nel confronto con tale immagine che ella, dopo tanto prolungato silenzio e pressoché assoluta immobilità, decise non solo di agire, quant'anche di offrire, per la prima volta innanzi all'attenzione del padrone di casa, il suono ancor inedito della propria voce.
« Duva. » richiamò la compagna, conducendo in tal mentre la propria destra a estrarre il cannoncino sonico riposto nella guaina sulla schiena, e la propria mancina a far propria la spada sino a quel momento rimasta celata nel fodero sul suo fianco destro « Temo che il signor Vemil abbia lasciato insoddisfatti altri clienti oltre a noi… » commentò, subito attivando il generatore di onde soniche, per essere pronta quanto prima ad aprire il fuoco « … abbiamo visite. » esplicitò, mantenendosi eretta di fronte alla soglia aperta sul cortile già teatro di scontri e, in simile posizione, attendendo fermamente il segnale utile ad aprire le danze, nell'accensione della spia verde alla base dell'impugnatura della propria arma.
« Quanti? » domandò il primo ufficiale, immediatamente rialzandosi dalla poltroncina sulla quale era accomodata, stringendo il fucile al plasma nella mancina, in posizione utile all'uso, e quello laser nella destra, altresì qual semplice, e pur importante, accessorio da non dimenticare in quel piccolo ufficio.
« Dieci. » rispose l'altra, socchiudendo gli occhi improvvisamente privati, se possibile, in misura ancor maggiore della propria già misera umanità, nella quasi totale scomparsa delle nere pupille al centro delle iridi color ghiaccio, tale da proporli, ormai, quali due gelide gemme estranee a qualsiasi ipotesi di consueta e naturale normalità « Forse di più, presto di meno… » soggiunse, nel non voler escludere, di principio, l'ipotesi della presenza di altri supporti al gruppo da lei così fortunatamente individuato.
Il conteggio così proposto a Duva sarebbe potuto apparire errato, volutamente falsato, nel non considerare due unità fra le dodici costituenti quel contingente, e che pur, al contrario, fu immediatamente reso corretto da un primo colpo generato dal cannoncino, nel momento stesso in cui la spia verde offrì libertà d'azione alla donna guerriero.
Un'offensiva priva di frastuono, quella offerta dall'arma sonica, la quale, a dispetto di ogni possibile fraintendimento intrinseco del proprio nome, non diede libertà a particolari boati, quanto, più semplicemente, a una sorta di sospiro, ad accompagnare il movimento di un'invisibile onda d'urto nella direzione della coppia di aggressori nero vestiti che per primi osarono porre piede al suolo solo per essere, in tal modo, in conseguenza di simile azione, proiettati con foga all'indietro, sbalzati per un centinaio di piedi, sino a raggiungere i limiti stessi dello spazio offerto da quel cortile. Non piacevole, in verità, avrebbe potuto esser considerato l'effetto proprio di un tale impatto, dal momento in cui, per quanto non letale, esso avrebbe sicuramente imposto perdita di coscienza ai due malcapitati e, forse, anche qualche osso rotto, in conseguenza del lungo volo. Ciò nonostante, sin troppo magnanima si concesse in tal frangente una simile reazione da parte del capo della sicurezza della Kasta Hamina, dal momento in cui ella si era riservata l'attenzione necessaria a scegliere non la coppia più in alto sopra di loro, una caduta a terra della quale avrebbe potuto rivelarsi mortale, quanto quella già all'altezza del suolo, sì in tal modo un po' stropicciata, e pur non ancora assassinata: una scelta, la sua, che tuttavia non avrebbe dovuto essere fraintesa qual frutto di una qualche inibizione di fronte all'uccisione di un avversario, quanto, piuttosto, non trasparente testimonianza di una filosofia ben diversa e, forse, meno ovvia di quanto chiunque, lì osservatore, avrebbe potuto riservarsi immaginazione.
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