Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 4 dicembre 2010
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Avventura
023 - Passato e presente
Volendo essere onesta con se stessa, Nass'Hya non avrebbe potuto riservarsi vanto di aver mai posseduto una pazienza fuori dal comune, un'indole quieta o, persino, apatica di fronte alle situazioni da lei giudicate qual sgradite, non apprezzate, se non, direttamente, disapprovate. Segnata, sin dal giorno della propria stessa nascita, dal titolo nobiliare di principessa, e cresciuta nell'agio che solo le sarebbe potuto essere concesso da una famiglia ricca e potente qual la propria, in una posizione di sufficiente dominanza all'interno del panorama di Y'Shalf al punto tale da averle concesso di giungere in incredibile prossimità al ruolo di moglie del sultano e, forse, sultana a sua volta, poche erano state per lei le occasioni nelle quali aveva dovuto dimostrare tale qualità, simile dote abitualmente utile a caratterizzare chi troppo povero per non confidare nel presente e limitarsi a sperare unicamente nel futuro. Al contrario, ella era stata educata a comprendere sempre in maniera chiara, univoca i propri obiettivi, e, in ciò, a spingersi con decisione, con ardimento, nella loro conquista, agendo sempre in maniera forte, energica, al fine di evitare che altre, al proprio posto, potessero raggiungere quanto allora voluto. E, forse, anche in grazia di ciò, di simile filosofia di vita, ella aveva avuto ragione per seguire la Figlia di Marr'Mahew lontano non solo dalla propria casa e dalla propria famiglia, ma, direttamente, dal proprio Paese, dalla propria nazione, per inoltrarsi nell'angolo peggiore degli sciagurati confini a loro da sempre nemici, nella sola volontà di ottenere, senza esitazione alcuna, senza pur superficiale incertezza, occasione per convolare a nozze con chi, improvvisamente, decretato qual incarnazione del proprio futuro, unico uomo da quel giorno divenuto amato e bramato qual amante, lo stesso che ora, nonostante tutto il proprio infinito sentimento a suo favore, sembrava starsi impegnando a porre a dura prova proprio quella sua già labile pazienza.
Midda Bontor aveva assassinato il suo amato Brote ed egli, lì rievocato innanzi a lei nelle sembianze di un'ombra, di uno spettro, si stava impegnando in maniera ridicola a cercare di tessere le lodi di quell'assassina e traditrice, difendendola in maniera improbabile là dove univoche e indiscutibili avrebbero dovuto essere considerate le prove a suo discapito, quali solo sarebbero potute essere accolte quelle rappresentate dalla testimonianza diretta della medesima sposa del signore di quella torre, inerme spettatrice dell'odioso massacro in cui colei ritenuta un tempo quale propria amica aveva devastato completamente il suo presente e, con esso, il suo futuro.
« Mia signora…? » si interruppe l'uomo nella propria narrazione, ben intuendo, ormai percependo in effetti, i sentimenti di lei, l'irritazione crescente nella propria interlocutrice, che a stento stava ancora sopportando quel racconto pur inizialmente da lei stessa invocato, domandato, richiestogli allo scopo di argomentare meglio le proprie ragioni, quella propria ossessiva giustificazione volta in salvezza di chi da quindici lunghi anni considerata quale propria mercenaria prediletta.
« Se intendi domandarmi in quale misura le tue parole si stiano imponendo quale tedio alla mia attenzione… la mia considerazione nel merito del tuo intelletto potrebbe subire una drammatica rivalutazione in negativo, mio sposo. » sentenziò, con parole chiaramente trasparenti del rancore allora provato tanto verso la protagonista di quella lunga narrazione da parte del marito, quanto verso lo stesso compagno, in tal modo fermamente schierato a difesa di chi, da lei, necessariamente considerata priva di ogni possibilità d'appello.
« Forse è il caso che io mi ritiri… » sussurrò egli, chinando il capo con rassegnazione innanzi ai toni così riservatigli, arrendendosi nel confronto con l'ira della propria amata e con l'apparente impossibilità a proseguire in quella sorta di patteggiamento, almeno per la sera in corso, così come, dopotutto, già avvenuto in ogni sera precedente, in ogni loro similare occasione d'incontro sin dall'epoca della notte degli intrighi di cui, entrambi, in misura diversa, erano purtroppo rimasti vittime « … non è mai stata mia intenzione offendere le tue dolci orecchie con le mie parole e, ove non riesca a fare altro, credo sia giunto per me il caso di non trattenerti oltre. »
Prima che, tuttavia, egli potesse scomparire nuovamente nelle tenebre dalle quali era lì sorto, nel petto di Nass'Hya una struggente emozione di malinconia, di solitudine e, conseguente, disperazione, le strinse il cuore con violenza, con prepotenza, scuotendola con foga tale da imporle un repentino cambio di posizioni personali, nonché di atteggiamento, là dove, improvvisamente, l'idea di restare priva della compagnia del marito adorato apparve alla sua mente meno accettabile di quella rappresentata da una sua permanenza accanto a sé, per quanto impegnato a cantare le gesta di chi mai avrebbe desiderato sentir neppure indirettamente nominata. Per quanto sincero e, probabilmente, illimitato fosse, in quel frangente, il proprio odio verso Midda Bontor, ancor più sincero e, indubbiamente, illimitato avrebbe dovuto essere considerato il suo amore per Brote, ragione per la quale, pur di poterlo mantenere accanto a sé, vicino a lei in morte così come era stato in vita, avrebbe accettato qualsiasi compromesso, in una scelta forse egoistica, probabilmente persino crudele verso se stessa e verso di lui, nel costringere entrambi a quell'insana unione, e pur innegabilmente umana.
Lesta, pertanto, fu ella nello scattare verso l'amato, tendendo una mano nella sua direzione, a supplicarne l'arresto, in tal modo tacitamente pregandolo di non abbandonarla, di non lasciarla sola in quelle tenebre notturne altrimenti troppo opprimenti per lei, nel rivolgergli allora uno sguardo più significativo di quanto mai avrebbe saputo dimostrarsi un fiume infinito di parole, fossero essere scelte e pronunciate dal migliore fra tutti gli oratori.
« Mia dolce sposa… » gemette egli, nel cogliere in lei tanta disperazione, subito ritornando verso le sole braccia entro le quali aveva avuto mai ragione di sentirsi realmente felice, al punto tale da accettare persino la gravosa responsabilità di concepire un erede con lei, impegno che mai, prima di allora, lo aveva neppur vagamente interessato, per quanto, ovviamente, non fossero mai mancate amanti a riscaldare il suo letto, ad animare le sue notti nella cima di quell'edificio simbolo di potere in Kriarya « … perdonami… » soggiunse, domandando da lei quella possibilità di grazia, di indulto, che pur non avrebbe dovuto coinvolgerlo, non in tale misura per lo meno, quasi egli fosse colpevole di una qualche gravissima violenza a discapito dell'amata e non, semplicemente, di un desiderio di rispetto verso di lei e, in ciò, di quieta rassegnazione innanzi al suo sufficientemente esplicito rifiuto di concedergli ulteriore attenzione.
« No… » negò, tuttavia, la donna, scuotendo vigorosamente il capo e affondando, con dolcezza, con amore, il proprio volto contro il petto di lui, lì impegnandosi a cercare un calore del quale, suo malgrado, non avrebbe potuto più godere, nella volontà di trovare in lui un solido rifugio entro il quale nascondersi, sfuggendo dal mondo intero a lei avverso « No… ti prego… non mi domandare perdono, là dove solo io dovrei invocare da te tale occasione, simile possibilità di redenzione. » gli richiese, ammettendo quelle che, oggettivamente, non avrebbero potuto neppur essere considerate per lei quali reali colpe, dal momento in cui nulla aveva voluto ricercare, con i propri comportamenti, i propri gesti, in contrasto al suo adorato sposo, quanto, banalmente, un'occasione di quiete con lui.
In conseguenza del paradosso rappresentato da quella duplice richiesta di condono, in un frangente tanto particolare, tanto assurdo, nel quale alcuno fra loro, in verità, avrebbe avuto ragione di agire in tal senso o, peggio ancora, di perdonare la propria controparte per colpe del tutto inesistenti, solo il silenzio non poté evitare di contraddistinguere la coppia, ritrovandoli, in tal mentre, nuovamente abbracciati assieme, uniti in quell'amore impossibile e pur tanto forte, tanto concreto, da riuscire a trascendere persino i vincoli rappresentati dalla vita e dalla morte, e lì riunificarli insieme, malgrado le proprie reciproche condizioni. In quel momento, in quel troppo fuggevole attimo che pur avrebbero entrambi desiderato potesse durare in eterno e anche oltre, i due si proposero pertanto quali, semplicemente, un uomo e una donna, un marito e una moglie, uno sposo e una sposa, fra loro uniti in un gesto tanto semplice e pur meravigliosamente completo, privo di necessità di ulteriori impegni, di maggiori spiegazioni, di altre, inutili parole, fossero anche le più ricercate, le più romantiche, le più poetiche a cui mai mente umana si sarebbe potuta spingere: un solo gesto, ancora una volta, ebbe maggiore valore di qualsiasi altra forma di comunicazione, verbale o no, esprimendo i loro sentimenti, le loro emozioni, con un linguaggio assolutamente universale ed eterno, da sempre capace di definire un legame fra due animi, fra due cuori, fra due menti e fra due corpi.
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