11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 4 settembre 2011

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P
articolarmente originale, non solo nel confronto con il grezzo stile gorthese, ma anche con il più elaborato, e pur sempre non particolarmente ricco di dettagli, stile kofreyota, si mostrò, immediatamente, quel particolare contesto, facendo sfoggio di forme sì squadrate che, in tali termini, avrebbero potuto evocare quanto caro all'architettura caratteristica dei confini di Gorthia o di Kofreya, e che pur, né con essa, né con altre proprie di quell'angolo di mondo, avrebbe potuto avere nulla a che spartire. Fosse stato, difatti, quel corridoio, perché tale, invero, appariva ancor prima di un cunicolo, realizzato da mano gorthese, esso sarebbe sicuramente apparso in maniera estremamente pragmatica qual semplicemente scavato nella roccia, senza riservargli occasione di particolare abbellimento, di ricerca di un pur minimo dettaglio, neppur al fine di ricavare dei supporti per delle torce o delle lampade a olio, che il cammino avrebbero dovuto lì illuminare. Fosse stato, poi, realizzato da mano kofreyota, esso avrebbe probabilmente fatto sfoggio di qualche ulteriore particolare, di una maggiore ricercatezza estetica, non lasciando la roccia nuda in piena evidenza ma lisciando le pareti, il soffitto e il pavimento, allo scopo di renderli fra loro omogenei, per poi studiare, magari e probabilmente, un qualche meccanismo utile all'illuminazione di quel lungo percorso, in casi più banali ricorrendo a semplici torce o lampade a olio, sin'anche giungere a casi più sofisticati nei quali sarebbe potuto essere realizzato un sistema di rifornimento automatico dell'olio da bruciare, permettendo in ciò di ovviare all'intervento umano in tal senso. Fosse stato, ancora, realizzato da mano y'shalfica o tranitha, esso avrebbe sicuramente rinunciato alla geometricità delle proprie forme, in favore di curve più eleganti, nel primo caso, o, persino, si un'apparente e folle libertà di costrutto secondo un'ispirazione volta al rispetto della natura, ancor prima che allo stupro della medesima, nel secondo.
Innanzi ai suoi occhi, sotto ai propri piedi, attorno al proprio corpo, era, altresì, un corridoio ricavato in forma geometrica e pur non esattamente squadrata, nel mostrare pareti laterali inclinate verso l'interno dello spazio nella loro parte superiore, non in conseguenza di un banale errore di progettazione, ma in grazia di un'esplicita volontà atta a realizzare in tal modo il passaggio, forse per renderlo più solido, più sicuro all'interno della montagna, o forse, e più banalmente, in conseguenza di un qualche particolare canone estetico in quel momento ignoto allo shar'tiagho. Il pavimento sotto ai propri piedi, invece di proporsi di semplice terra battuta, o di nuda roccia scoperta, era stato completamente rivestito da piastrelle perfettamente lisce, regolari nelle proprie forme e tanto precisamente collocate l'una accanto all'altra da non riuscire, quasi, a cogliere la linea di demarcazione del singolo tassello. Le pareti, ai propri fianchi, non si mostravano semplicemente lisciate o intonacate, ma facevano sfoggio, forse nel roccioso materiale proprio della montagna, forse in altra roccia, impossibile a dirsi, di un rivestimento finemente elaborato, pietra delicatamente intarsiata in motivi che sembravano richiamare, almeno a un primo acchito, i sofisticati motivi decorativi propri delle più maestose edificazioni y'shalfiche, senza però, in effetti, mostrare alcuno dei fregi là tipici e, anzi, lasciando forse apparire il più prezioso vanto dell'architettura di Y'Shalf quale banalità nel confronto con la raffinatezza di quanto presente nel dominio dei thusser. Il soffitto sopra la sua testa, infine, non avrebbe potuto negarsi un ruolo di rilievo nel quadro complessivo così formato, nel presentare non solo una sofisticata lavorazione pari a quella delle pareti, se pur ottenuta non nella pietra quanto, e piuttosto, attraverso una fine ageminatura di un lucente metallo argentato, simile a quello impiegato nel realizzare il braccio mancante di una delle guardie, ma anche una serie di lampade pendenti a intervalli regolari, utili a illuminare il percorso e, tuttavia, non alimentate nella propria natura da un qualche olio o altro materiale equivalente, nel veder scaturire la luce apparentemente dal nulla, o, per amor del dettaglio, da piccole stelle azzurre intrappolate all'interno della struttura di quelle lampade, sicuramente in conseguenza di una qualche stregoneria.
Indubbiamente un regno nuovo, estraneo, alieno quello entro il quale, al fianco di Midda Bontor, Howe stava avanzando nel desiderio di ottenere un surrogato per l'arto perduto, e che, in tanta lontananza da quanto per lui consueto e noto, non avrebbe potuto preoccuparlo ancor prima di entusiasmarlo, in linea con un carattere fondamentalmente diverso da quello della propria attuale compagna d'arme, altresì da sempre dimostratasi appassionata dalla scoperta del nuovo, dalla violazione di ogni confine stabilito, in sfida a se stessa, all'umanità e agli dei tutti. Un regno nuovo nel merito del quale egli non era stato informato di alcun particolare al di fuori di un singolo nome, un nome che, tuttavia, proposto in tal modo non avrebbe potuto riservargli alcuna informazione di sorta, alcuna comprensione, là dove quegli esseri avrebbero potuto chiamarsi thusser, thassir, thissar, thessor o thossur e nulla, per lui, sarebbe ovviamente mutato, almeno sino a quando la sua sodale non si fosse decisa a riprendere voce e a fornirgli le spiegazioni promesse.
Spiegazioni che, fortunatamente, riuscirono a essergli riservate, se pur in una quota estremamente minima, e appena apprezzabile, solo a pochi passi prima della fine dello stesso corridoio, quasi a permettergli, in tale nuova consapevolezza, di potersi stupire in misura maggiore al completamento di quel tragitto…

« In verità, di tutte le informazioni in nostro possesso, e che, quindici anni fa, sono riuscita a raccogliere attorno a questa civiltà, ben poche hanno da essere considerate fondate… » ricominciò a spiegare ella, inaspettatamente, senza alcuna ulteriore o particolare introduzione al tema, ove giudicata, a ragion veduta, del tutto superflua in tale situazione « … quanto è certo che quella dei thusser è una razza molto antica. Forse antica quanto quella umana, forse ancor più. Impossibile a dirsi. »
Molte sarebbero potute essere le repliche che, in quel momento, Howe avrebbe potuto rendere proprie, ma a tutte preferì il silenzio, nel non desiderare interrompere la propria compagna e, in ciò, permetterle di perdere il filo del discorso appena iniziato, nel timore di poter restare, altrimenti, privo dei chiarimenti richiesti e sempre più necessari a confrontarsi con quanto presente attorno a loro.
« Non credo che il termine "thusser" abbia stuzzicato la tua fantasia in alcun modo, così come all'epoca non stimolò in alcuna misura la mia. » osservò la mercenaria, ben intuendo l'attuale condizione psicologica del proprio interlocutore « Tale termine, invero, non è presente in alcuno dei nostri miti, delle nostre leggende, nell'essere sostituito da altri due nomi, entrambi sufficientemente inesatti nei concetti che vorrebbero richiamare e associare a questi esseri… »
« Quali sono questi nomi? » non poté evitare di domandare, nella speranza di ricollegare, seppur in maniera dichiaratamente errata, quanto attorno a lui presente con qualcosa di noto.
« Beh… in alcune ballate, soprattutto provenienti dal continente di Myrgan ancor più che appartenenti al nostro, a Qahr, questi esseri sono indicati con il nome "elfi dei tumuli" o, anche, "troll"… ma, come dicevo, entrambi richiamano concetti errati, tali da far immediatamente comprendere quanto poco l'umanità conosca di questa civiltà, forse in conseguenza di un retaggio molto antico e che, con il passare dei secoli, se non dei millenni, è rimasto necessariamente vittima del tempo e della fantasia popolare. »
Storcendo le labbra verso il basso, lo shar'tiagho volle offrir evidenza di quanto né l'uno, né l'altro termine, in effetti, stessero risvegliando in lui maggior consapevolezza attorno alla natura di quegli esseri, entrambi fondamentalmente sconosciuti: « Di Myrgan ho sentito parlare a stento. » spiegò, senza stolida vergogna per la propria palese ignoranza.
« Meglio così. Per lo meno eviterai di partire da falsi presupposti… » sorrise l'altra, minimizzando la questione « Quanto è necessario che tu sappia, ora, è che quella dei thusser è una civiltà estranea alla nostra e, in quanto tale, caratterizzata da usi, costumi e, persino, canoni, talvolta simili, talvolta a noi totalmente alieni. »
« Capisco… » annuì Howe, a dimostrare quanto stesse seguendo il discorso della compagna.
« No. Senza offesa, non credo che tu potrai comprendere pienamente fino a quando non incontrerai qualcuno estraneo alla casta dei guerrieri. » scosse il capo la donna, non per biasimo verso il proprio interlocutore, ma per semplice consapevolezza nel merito di quanto, presto, egli avrebbe veduto « Ricordati quanto ora ti sto per dire e, al momento opportuno, sono certa che comprenderai così come anch'io capii quindici anni fa: con dichiarata discriminazione, alla casta dei guerrieri vengono destinati gli esemplari ritenuti meno promettenti per il proseguo della razza, ossia tutti coloro giudicati tanto deformi o, anche, stupidi da poter essere sacrificati in caso di necessità e, soprattutto, da dover essere privati di qualunque diritto alla riproduzione, per non corrompere con il proprio sangue, con la propria menomazione, l'intera civiltà, sancendone prematura condanna. »

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