Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
domenica 31 dicembre 2017
2416
Avventura
048 - Non smettere di lottare
Che Tagae e Liagu fossero spaventati non avrebbe avuto a doversi considerare difficile da immaginare. Che, tuttavia, quei due bambini avessero allor ad apparire qual tali, in effetti, non avrebbe avuto a doversi considerare altrettanto ovvio, scontato, banale qual pur, altresì, ci si sarebbe potuti attendere sarebbero stati. In verità e loro malgrado, infatti, la paura avrebbe avuto a dover essere per loro ormai considerata così consueta per entrambi al punto tale da risultare obiettivamente familiare, e familiare nella stessa, identica, misura della prigionia, in una triste dimostrazione pratica di quanto, sovente, la consapevolezza dei una situazione negativa possa ritenersi addirittura peggiore della situazione negativa stessa, a meno di non riuscire a dimostrarsi sufficientemente forti da saper fronteggiare la stessa.
Se, infatti, sino a quando non era stato insinuato, nelle loro menti, il tarlo del dubbio nel merito dell’ingiustizia intrinseca nella loro stessa situazione di prigionia, risvegliando in loro i ricordi di un passato ben diverso da quel presente, e un passato nel quale, addirittura, avevano avuto diritto a dei nomi diversi da semplici numeri di serie, come Diciannove-Cinquantadue e Diciannove-Cinquantotto, i due pargoli avevano avuto, tutto sommato, occasione di una certa serenità a di là della condizione loro imposta, nel non avere idea di quanto, allora, la propria esistenza avrebbe potuto essere diversa da quella che stava venendo loro permesso di vivere; dal momento stesso in cui, altresì, la consapevolezza di quella situazione negativa era stata in loro risvegliata, soltanto insofferenza aveva finito per essere da loro provata nel confronto con tutto ciò. Un’insofferenza a fronte della quale, addirittura, essi erano stati in grado di ribellarsi, e di ribellarsi non una, ma ben due volte nei confronti dei propri rapitori e carcerieri, arrivando a incontrare, per pura benevolenza del fato, Midda Bontor, quella donna straordinaria che, a loro, si era volontariamente legata, arrivando a eleggersi al ruolo di loro custode, di loro protettrice, a loro vincolandosi, in tal senso, in grazia addirittura a un giuramento solenne. Ma laddove, accanto a Midda, malgrado la prigionia nuovamente a tutti loro imposta, Tagae e Liagu avevano avuto occasione, egualmente, di assaporare una vita diversa, una vita migliore, e, in questo, di dimenticare, estemporaneamente, tutta la paura passata, tutta la paura alla quale, altresì, avrebbero avuto a doversi considerare ormai persino assuefatti; nel ritrovarsi nuovamente separati da lei, ineluttabile sarebbe stato un profondo senso di smarrimento, e il ritorno di quell’intima angoscia, di quella sincera insofferenza, a confronto con la quale, quasi, tutto quanto loro occorso avrebbe avuto a doversi ritenere dimenticato.
Quasi dimenticato, ma non realmente tale, in quanto, malgrado tutto, qualcosa, in essi, era cambiato in conseguenza al periodo di tempo loro concesso in compagnia di quella nuova figura materna, quella donna che tanto si era impegnata per loro sotto ogni profilo, arrivando, addirittura, a trasformare una cella in una casa, e un periodo di prigionia in una sorta di vacanza di studio, nel corso della quale tante nuove, interessanti nozioni erano state loro donate, aiutandoli a crescere. Nozioni, quelle che ella aveva con loro condiviso, che non avrebbero avuto a doversi impropriamente giudicare ristrette semplicemente all’interno di quelle meravigliose conoscenze matematiche che tanto ella si era impegnata a trasmettere loro, superando, in tal senso, ogni differenza culturale, ogni divario linguistico altresì esistente, ma anche, e ancor più, quelle straordinarie esperienze di vita vissuta che, al pari di stupende fiabe, erano state loro narrate nel corso di quel periodo di prigionia condivisa, esperienze della vita di quella donna guerriero all’interno delle quali, invero, avrebbe avuto a dover essere inteso molto più rispetto all’apprezzamento nei confronti di tanto incredibili avventure: in ognuna di quelle storie, infatti, in quell’esperienza condivisa, Tagae e Liagu avevano appassionatamente assorbito una pur minima parte della dirompente personalità della loro tutrice, avendo occasione di comprendere quanto, se ella era stata in grado di affrontare tutto ciò, anch’essi non avrebbero dovuto esser da meno nella propria pur drammatica situazione.
In tutto ciò, quindi, per quanto spaventati, persino terrorizzati, essi avrebbero avuto a doversi sinceramente considerare nel profondo dei propri piccoli cuori, i due pargoli non avrebbero potuto ovviare a voler fortissimamente essere in grado di dimostrarsi coraggiosi, e coraggiosi almeno quanto, al posto loro, certamente sarebbe stata Midda, affrontando tutto quello con l’idea che, in un modo o nell’altro, ne sarebbero usciti, e che, a loro legata dalla propria promessa, nonché dal sincero affetto che sin da subito si era impegnata a offrir loro, la loro protettrice non li avrebbe mai abbandonati, non avrebbe mai permesso che realmente accadesse loro qualcosa di male.
In questo, durante tutto il tragitto che, a partire dalla stiva della nave nella quale, per l’ultima volta, avevano veduto Midda, sino ad arrivare al luogo, all’interno del Mercato Sotterraneo, dove, riunificati a tutti gli altri bambini trasformati in armi di distruzione di massa, erano stati posti in vendita, quasi nulla di più avessero a dover essere considerati rispetto a dei semplici capi di bestiame, alcuno dei due ebbe a emettere il benché minimo fiato, il più semplice lamento, il più comprendibile pianto, pur restando necessariamente stretti uno all’altra nella necessità, nello sforzarsi, in simile contatto, di essere l’uno la ragione di forza per l’altra, e viceversa, a dispetto di quanto, attorno a loro, stesse accadendo. Non un fiato essi emisero, pertanto, neppure nel momento in cui, finalmente restituiti alla luce nella rimozione del nero manto sotto il quale erano stati privati d’ogni consapevolezza del mondo a essi circostante, i due pargoli ebbero occasione di comprendere ove fossero finiti, e quale avrebbe avuto a dover essere inteso il loro destino, nel non essere forse in grado di leggere bene quanto avrebbero altresì gradito, ma, ciò non di meno, nell’essere egualmente capaci di interpretare correttamente il cartello che venne affisso accanto a loro, indicante il loro prezzo in crediti. E non un lamento, non un pianto, essi ebbero a offrire nel momento in cui, ancora, un gruppo di possibili compratori si fermarono innanzi a loro, osservandoli con fare a tratti serio, a tratti divertito ed esprimendo, in toni tutt’altro che garbati, i propri commenti nel merito del loro aspetto fisico, della loro altezza, della loro corporatura, del colore dei loro occhi o dei loro capelli, quasi simili dettagli avessero a doversi considerare, allor, effettivamente importanti in quanto, in fondo, null’altro avrebbe avuto a dover essere considerato se non qual un’arma e, ciò non di meno, un’arma in sembianze umane, sembianze che, in ciò, avrebbero avuto maggiore o minore possibilità di infiltrazione, probabilmente, nel luogo là dove avrebbero avuto a essere destinati anche sulla base di simili particolari, di tali minuzie.
Non un lamento, non un pianto, innanzi all’indifferenza offerta nei riguardi della loro pur palese natura umana, in quel momento banalizzata nel ritrovarsi ridotti a meri articoli di commercio, ma, anzi e addirittura, un moto di stizza, una reazione di rivolta a confronto con tutto ciò, da parte non di uno, ma di entrambi i pargoli, a iniziare, allor, da Tagae e, ciò non di meno, subito sostenuto, appoggiato, approvato anche da sua sorella…
« Se non vi piacciono i nostri denti, dovreste provare ad allungare una mano oltre queste sbarre… » inveì il piccolo, in diretta risposta all’ultimo commento espresso a loro riguardo.
« … ve la strapperemmo a morsi! » incalzò Liagu, spingendosi, persino, un passo in avanti, a voler dimostrare quanto, accanto alle parole, non avrebbe avuto paura a ricorrere ai fatti.
Un colpo violento, inferto allora contro le sbarre della gabbia da parte di uno dei commercianti incaricati della loro vendita, fu tuttavia la sola reazione che i due bambini ebbero a ottenere, nel mentre in cui, decisamente sorpresi da quella violenta risposta del tutto inattesa, i potenziali acquirenti pensarono bene di allontanarsi, di proseguire oltre, alla volta di merce più collaborativa rispetto a quei due.
« Cosa pensate di fare, randagi rognosi che non siete altro?! » ebbe a protestare il commerciante che, con tal gesto, li aveva allor richiamati immediatamente all’ordine, evidentemente non gradendo che i propri articoli in vendita potessero ribellarsi a fronte di possibili compratori « Mi avevano avvertito che voi due sareste stati un lotto alquanto problematico… ma se pensate che questo potrà impedirmi di vendervi, e di vendervi a prezzo pieno, vi sbagliate di grosso. » dichiarò, menando un nuovo colpo sulle sbarre, a meglio evidenziare il concetto « Non sono qui per divertirmi io. Ci mangio con questo lavoro! »
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