11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 7 giugno 2018

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Quando Rín riaprì gli occhi, ebbe necessità di qualche istante per mettere a fuoco l’immagine propria delle fotografie appese sopra al proprio letto, quella collezione di meravigliose città italiane e europee che avrebbe voluto visitare e che, pur, non si era mai concessa occasione di fare, in conseguenza ai limiti intrinseci della propria condizione fisica, e, con esse, per comprendere dove fosse, quando fosse, e, ancora, che cosa fosse accaduto. E, in effetti, non fu per lui semplice riuscirci…

« … Maddie… »

Il primo pensiero, ovviamente, non poté che essere rivolto alla propria gemella, alla sorella che, nel corso di quell’ultima notte, era rimasta protagonista di quell’assurdo sogno. Perché, inutile a dubitarne, soltanto un sogno avrebbe potuto essere stato quello in tal maniera appena concluso. Un sogno estremamente articolato, in verità, forse uno dei più articolati di tutta la propria esistenza, e pur sempre un sogno.
Semplice, ovvio, razionale sarebbe stato individuare quanto, alla base di quella fantasia, di quel viaggio onirico, altro non fosse stato, per iniziare, se non la terribile nostalgia che, da quattro anni, la vedeva protagonista, e la vedeva protagonista in conseguenza alla partenza di Maddie per un viaggio folle, un viaggio del tutto privo di qualunque possibilità di fondamento, all’esordio del quale, invero, tanto lei, quanto loro padre, nonché, persino, l’ex-ragazzo di Maddie, avevano avuto comunque occasione di assistere, laddove, in alternativa, altro non avrebbero potuto credere che, più semplicemente, ella fosse scappata di casa, abbandonandoli in preda a qualche strana crisi psicotica, così come, del resto, la maggior parte dei loro amici, dei loro parenti, non avrebbero potuto ovviare a credere, e a spettegolare fra di loro, non potendo essere ovviamente posti a confronto con la realtà dei fatti. E già così, anche laddove ella aveva avuto possibilità di essere presente, in prima persona, innanzi alla comparsa della fenice, e alla sparizione, fra le sue fiamme di vita, della propria amata gemella, non facile, non semplice, sarebbe comunque stato scendere a patti con tale realtà, nel pur umano, comprensibile, giustificabile dubbio che, dopotutto, una crisi psicotica fosse realmente occorsa, e, occorrendo, avesse in qualche maniera, in qualche assurdo modo, coinvolto anche tutti loro, facendo loro vivere quella strana allucinazione di massa.
Anche ammettendo, comunque, che Maddie potesse realmente aver intrapreso un viaggio attraverso il multiverso, sulle ali di una mistica creatura di fuoco e all’inseguimento di una sorta di demone, un principio fondamentale di morte e distruzione proveniente da un’altra dimensione, responsabile, per inciso, della morte, e dell’oscena morte di quella donna da loro inizialmente conosciuta con il nome di Carsa Anloch, e poi, tuttavia, in maniera postuma, ripresentata come Midda Bontor, e come una delle tante versioni alternative che di Maddie esistevano all’interno dello stesso multiverso; non immediato, non ovvio, non banale sarebbe stato per lei poter ritenere gli eventi di quell’ultima notte qual realmente accaduti, qual effettivamente occorsi. Al contrario: nel volersi riservare opportunità di credere realmente al viaggio della propria gemella attraverso varie realtà parallele, Rín avrebbe dovuto affrontare tale discorso, simile pensiero, con il maggior scetticismo possibile, in un approccio a dir poco scientifico sulla questione. Approccio che mai avrebbe potuto permetterle, allora, di illudersi di aver compiuto un viaggio mentale sino al tempo del sogno, o a qualcosa di assimilabile a tale concetto, e lì non soltanto di aver rincontrato la propria amata, e scomparsa, Maddie, ma, anche, molti altri più o meno stravaganti personaggi: a incominciare da un’altra versione alternativa della propria gemella, ancora una volta di qualche anno più anziana rispetto a lei, e con ella tutta la sua famiglia, e una famiglia quantomeno complicata, costituita da un demoniaco sposo, da un amante umano, e da una coppia di figlioletti; per poi proseguire con tutta una serie di altre interessanti figure, quali innanzitutto una giovane e, inutile negarlo, a modo suo estremamente conturbante donna rettile, un giovane ex-scudiero, o qualcosa del genere, e, persino, la nuova fiamma della propria cara sorella, la quale, evidentemente, non doveva aver previsto un rapido ritorno a casa, e alla propria vita passata, per potersi permettere, addirittura, di stringere relazioni sentimentali con altri uomini…
… ma che diavolo stava pensando?!
Maddie non aveva stretto relazioni sentimentali con altri uomini per il semplice fatto che nessuno dei personaggi da lei incontrati avrebbe avuto a doversi considerare reale. E, ancor più, per il semplice fatto che, quanto da lei vissuto in quella notte, altro non avrebbe avuto a doversi considerare altro se non un sogno.
… peccato, comunque, che fosse stato soltanto un sogno.
Be’Wahr e Seem, per iniziare, ma anche Lys’sh e Carsa… le erano parse tutte brave persone, splendidi amici fra i quali potersi sentire immediatamente ben accetta, subito a casa. Midda, poi, in alcun altro modo avrebbe potuto essere descritta se non come una forza della natura, forse frenata, nel proprio incedere, solo dalla presenza della propria famiglia, e di quella complicata famiglia, a cui dover offrire il proprio pensiero, le proprie premure, così come, in loro assenza, non avrebbe avuto ovviamente necessità di compiere. E Maddie… solo il Cielo avrebbe saputo dire quanto le mancasse, al punto tale che, benché quello null’altro avrebbe potuto essere stato se non un sogno, quanto accaduto in quell’ultima notte avrebbe avuto a doversi considerare sicuramente un dono. E uno straordinario dono nostalgico.

« … non che volare mi fosse dispiaciuto… » soggiunse, con un lieve sorriso ironico.

Già: volare. Ma, ancor più, camminare. Erano trascorsi più di venticinque anni dall’ultima volta che Rín aveva camminato e, francamente, non avrebbe potuto ammettere, in cuor suo, di ricordare con precisione la sensazione propria del poter camminare. Al punto tale che, persino nei propri sogni, e nei propri sogni meno complessi rispetto a quello appena vissuto, ella raramente aveva mai immaginato di poter camminare. Volare sì: un po’ come tutti, del resto, nei sogni, anch’ella aveva già sognato di volare, magari senza il supporto estremamente scenico di una coppia di grandi ali bianche. Ma camminare… camminare avrebbe avuto a doversi considerare un discorso a parte.
Un discorso del quale, forse più in maniera idealizzata che concreta, che reale, ella rammentava le emozioni, le sensazioni, ancor prima che una vera e propria fisicità. E, ciò non di meno, una ferita, in fondo, ancora aperta nel profondo del suo cuore, così come, quotidianamente, la realtà attorno a lei non avrebbe mancato di rimarcare, in una semplice, e devastante, parola: disabile.
Spostando lo sguardo dalle cartoline al resto della stanza, ella non poté ovviare a cogliere, accanto a lei, la propria sedia a rotelle, in sua quieta attesa. E se, per un istante, il suo sguardo non ebbe immediata occasione di elaborare l’immagine offerta innanzi al suo sguardo, in un effimero momento di comprensibile e umana depressione; un semplice battito di ciglia dopo, ella mise a fuoco un’immagine che, quantomeno, non avrebbe potuto ovviare a sconvolgerla. Giacché la propria sedia a rotelle, lì dove pur l’aveva lasciata, come sempre, la sera precedente, accanto al suo letto, per potersi rialzare e spostare lì sopra laddove avesse avuto necessità, nel corso della notte, di muoversi, di raggiungere il bagno, la cucina o qualunque altro punto della casa, appariva allora in uno stato a dir poco devastato, in un insieme contorto di metallo e stoffa sintetica, quasi fosse finita sotto un autotreno lanciato a folle velocità o, forse,... quasi le fosse crollata addosso qualche enorme pietra vulcanica, propria dell’edificazione di una colossale piramide nera…

« … »

Attonita, ammutolita, e persino spaventata, ella non poté che restare nel confronto con quell’immagine, sorpresa per l’implicito che da tutto ciò sarebbe necessariamente derivato. Sorpresa, in tutto ciò, al punto tale, persino, da non essersi neppure resa conto del balzo che aveva appena compiuto, e che, senza una qualche reale volontà in tal senso, l’aveva allor condotta dal lato opposto del letto, con occhi sgranati, con respiro ansimante e, persino, tremante, in piedi di fronte a quello spettacolo.

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