11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 15 agosto 2018

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E benché, in verità, quella maledizione altro non avrebbe avuto a dover essere argomentata se non nelle conseguenze dell’operato della sua defunta gemella, Nissa Bontor, la quale in prima persona si era adoperata per oltre vent’anni al solo scopo di rovinarle la vita; la donna guerriero non avrebbe potuto ovviare a provare un certo senso di timore, una giustificata remora a porre a rischio un altro equipaggio, benché ormai, in verità, la propria gemella non avrebbe più potuto in alcuna maniera impegnarsi allo scopo di disseminare morte e distruzione attorno a lei. Un timore certo sbagliato, una paura assolutamente immotivata, pertanto, e a confronto con la quale, tuttavia, la sua mente non avrebbe potuto ovviare a bloccarsi, a inibirsi, conducendola a quello stato di profondo imbarazzo nel confronto con il quale, allora, Thaare stava sollevando le proprie non errate critiche…
Fortunatamente, a salvarla dal proseguo di quel discorso, e di quel discorso dal quale, forse, non avrebbe potuto trovare facile possibilità di evasione, intervenne con straordinario tempismo l’atteso arrivo dell’amato Be’Sihl, il quale, come previsto, lì sopraggiunse accompagnato dai loro squisiti figli: Tagae e Liagu.

« Mamma! Mamma! » la salutarono i due, in coro, correndo ad abbracciarla quasi non la vedessero da mesi, quasi ella avesse lì appena fatto ritorno da una lunga e pericolosa missione, missione in conseguenza alla quale essi avrebbero potuto serbarsi qualche timore, qualche paura di non poterla più stringere a sé, di non poterla più vedere, benché entrambi avrebbero avuto a dover essere considerati più che confidenti, più che fiduciosi, delle straordinarie capacità della loro madre, certi di quanto alcuno avrebbe mai potuto arrestarla, alcuno avrebbe mai potuto ostacolarla, non in quella realtà, non in alcun’altra realtà.

A dispetto di tanto entusiasmo, e di tanta apprensione, così da lor dimostrata, in verità, orologio alla mano, dal loro ultimo incontro, quella mattina, avrebbero avuto a dover essere riconosciute quali trascorse soltanto poche ore. Ore nel corso delle quali ella aveva voluto dedicarsi ancora una volta a un’attenta ispezione dell’unico container in quel momento concesso in coda alla Kasta Hamina, nave mercantile che, solitamente, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta impegnata a condurre seco un numero decisamente più importante, e più redditizio, di container e, in essi, di merce.
Un singolo container, quello lì concesso loro, il contenuto del quale non avrebbe avuto a dover essere frainteso di termini di mercanzie, o altri carichi consueti, e che, allorché essere stato allestito qual di consueto dall’attento giudizio del loro saggio capitano, era stato altresì attentamente organizzato dal loro improprio mecenate, includendo, all’atto pratico, all’interno del pur vasto spazio del medesimo, soltanto una cella, e una cella di massima sicurezza entro i confini della quale, al termine di quella missione, loro compito sarebbe stato quello di imprigionare il loro obiettivo, per poterlo ricondurre, in tutta comodità, sino a Loicare. In accordo alle parole di Pitra Zafral, quel container, e quella cella, avrebbero infatti avuto a dover essere considerati qual i più importanti ritrovati della tecnologia di Loicare nell’ambito carcerario, ragione per la quale soltanto uno sciocco avrebbe ignorato la fortuna concessagli nel poter analizzare tutto ciò con assoluta calma, con quieta attenzione, nella piena consapevolezza di quanto, presto o tardi, a sua volta avrebbe potuto finire per l’essere ospitato all’interno di una simile sistemazione, nel momento in cui la sorte fosse girata malamente. E giacché né Midda, né tantomeno Duva o Lys’sh, oltre a essere pienamente consapevoli di quanto avrebbero lì avuto a doversi considerare quali le prime tre sulla lista nera dell’accusatore, erano solite volersi considerare sciocche; in quegli ultimi giorni, una buona parte del rispettivo tempo a bordo della nave, nel corso di quel viaggio, non avrebbe potuto che essere destinato anche a quell’analisi, a quello studio, a tentare di carpire quanti maggiori segreti possibili da quella cella e dai suoi sistemi di sicurezza, nella speranza di individuarne eventuali debolezze e, in ciò, di avere possibilità di sfruttarle, al momento più opportuno.
Nulla di pericoloso, quindi, tale da giustificare tanta enfasi da parte dei pargoli. E, ciò non di meno, un’enfasi, quella così a lei offerta, verso di lei dimostrata, che non avrebbe potuto ovviare a compiacere la Figlia di Marr’Mahew, nel momento in cui, comunque, al pari di qualunque madre, mal avrebbe potuto sopportare, mal avrebbe potuto accettare, una qualunque, eventuale dimostrazione di disinteresse da parte dei due pargoli, di quei due figli che, pur entrati sol di recente nella propria esistenza quotidiana, sentiva di amare non meno di quanto mai avrebbe potuto amare il frutto del proprio grembo, se non, forse, persino di più. E, forse, persino di più non per una stereotipata ed egocentrica iperbole, tal da considerare necessariamente più importante, più rilevante, ogni evento della propria vita rispetto a quella propria di chiunque altro attorno a sé; quanto nella ferma consapevolezza di quanto, in effetti, le incredibili dinamiche alla base del loro incontro, e dello sviluppo di quel rapporto genitrice-figli, avrebbero avuto a doversi comunque considerare estranee a qualunque barlume di normalità, e necessariamente tali da caratterizzare ogni cosa, fra loro, da una forte componente di razionale decisione tal da rendere egualmente desiderata ella, qual madre, dai due bambini ed essi, qual figli, dalla donna… in termini allor abitualmente altresì estranei a quelli propri di una consueta gravidanza, fosse anche e soltanto per la reciprocità allor imprescindibile.

« Bambini! » sorrise quindi ella, richiamata a loro dalle loro voci, dal loro dolcissimo coretto inneggiate a quella maternità da lei mai sperata, nella quieta consapevolezza della sterilità del proprio stesso grembo, altro amabile dono della propria trapassata sorella « Come state? » domandò, appoggiando la forchetta a lato, pulendosi velocemente le labbra su un tovagliolo, per subito voltarsi ad accoglierli, nella volontà di stringerli a sé, a ricambiare, con sentimento sincero, tutto quell’incredibile amore incondizionato del quale essi l’avevano resa destinataria « Vi siete divertiti questa mattina con vostro padre…?! » soggiunse subito dopo, schioccando un bacione cadauno prima di ritrarsi appena per osservarli e per volgere, anche, lo sguardo al proprio amato ex-locandiere, da qualche mese promosso, quasi a propria insaputa, al ruolo di padre, in un’evoluzione che, ovviamente, alcuno di loro avrebbe mai potuto prevedere e che pur era così occorsa e occorsa per entrambi.
« E’ stata una mattina bellissima! » esclamò Tagae, il maschietto, quasi saltellando sul posto nella frenesia del momento, a dimostrare tutto il proprio entusiasmo per il tempo trascorso insieme alla propria nuova figura paterna « Papà ci ha raccontato tutto di Kriarya… della sua storia, dei suoi lord e lady, e delle loro dinamiche di potere interne. »
« Ci ha parlato anche della locanda! » incalzò Liagu, la femminuccia, non desiderando essere posta da parte in quel momento di confronto con loro madre « Ci ha disegnato la pianta originale, ci ha spiegato cosa è andato perduto quando tu le hai dato fuoco, e ci ha poi raccontato di tutte le nuove cose che potremo vedere quando, finalmente, torneremo a casa… »
« Ah… ma che bello! » sorrise, non senza una certa forzatura, la Figlia di Marr’Mahew, colta, in verità, un po’ in contropiede da quell’annuncio, e da quell’annuncio del tutto inatteso, non avendo mai affrontato prima quel discorso con Be’Sihl e, francamente, non desiderando avere a doverlo affrontare proprio in quel momento, proprio a confronto con la già pessima situazione nella quale avrebbero avuto a dover essere riconosciuti essere « Però vostro padre avrebbe dovuto continuare a proporvi i vostri esercizi di matematica… e non mettersi a parlare di storia, e della storia kofreyota. »
« Ehm… tutto è nato come un esercizio di matematica in effetti. » commentò Be’Sihl, decidendo di prendere voce prima che i due piccoli potessero scavargli involontariamente la fossa con le loro spiegazioni quantomeno imprecise « Dovevamo imparare a calcolare le superfici e i volumi… e, come fai sempre tu, ho voluto portare loro un esempio pratico. » spiegò o, per meglio dire, tentò di giustificarsi, prima di piegarsi in avanti per spingersi a ricercare quantomeno un fuggevole bacio sulle labbra di lei.
« Splendida idea, amore. » continuò a sorridere con fare straordinariamente forzato, che, allora, ebbe a risultare evidente non soltanto allo stesso Be’Sihl, il quale immediatamente aveva colto anche il precedente, ma anche a tutti gli altri presenti, ossia Thaare e i due bambini « Veramente una splendida idea. » ripeté, benché il tono della sua voce stesse suggerendo una declinazione meno positiva per la sua valutazione di merito su quanto così occorso in sua assenza.

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