11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 3 settembre 2018

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Immagine stravolta, la sua, che non ebbe allor a essere la sola imposta all’attenzione della Figlia di Marr’Mahew. Non laddove, quantomeno, dal suo vassoietto, sul loro tavolino, non vennero deposte una bottiglietta o una brocca d’acqua e una pinta di birra, quanto e piuttosto qualcosa di decisamente più orrido e macabro, ancora una volta chiaramente frutto del disgustoso senso dell’umorismo di Desmair. Innanzi al Desmair-Be’Sihl, infatti, fu lì presentato un alto calice, dalla base dorata e dalla coppa di osso e, nel dettaglio, di teschio, e di un teschio umano, il quale, rimossa la parte superiore della nuca, era stato lì riempito di denso liquido di color rosso scuro, difficilmente fraintendibile qual birra o, eventualmente, vino e, piuttosto, identificabile come sangue. Ma se già orrida e macabra tale immagine avrebbe avuto a dover essere giudicata, ancor peggio non poté mancare di apparire il contenitore offerto allo sguardo della donna guerriero, un grande bicchiere di vetro trasparente, ricolmo non di acqua, quanto e piuttosto di un nauseabondo liquido organico verosimilmente riconducibile al processo di putrefazione, liquido che, a scanso di possibilità di errore, si presentava ancor più orrendamente ornato, nella propria superficie, da uno strato di vermi in frenetico movimento.
Uno scherzo non soltanto sgradevole, quanto e piuttosto obiettivamente malato, al confronto con la quale la Figlia di Marr’Mahew riuscì a non reagire in maniera isterica e, anzi, a conservare un ammirevole autocontrollo, in sola grazia al fatto di quanto, nulla di tutto ciò, avrebbe avuto realmente a doversi considerare inedito al suo sguardo, magari non proprio in quella precisa forma, ma, anche e probabilmente, in declinazioni peggiori. Laddove, infatti, nel suo mondo, e soprattutto in tutt’altro che casuale associazione alla regina Anmel Mal Toise, e all’emanazione del potere proprio dell’Oscura Mietitrice, non erano mai mancate aree maledette, infestate da negromantiche piaghe con le quali non soltanto ella, ma praticamente chiunque, avrebbe avuto a doversi presto o tardi ritrovare ad avere a che fare, la donna dagli occhi color ghiaccio non soltanto aveva avuto passata occasione di ritrovarsi ad ammirare al nauseante spettacolo offerto da un corpo dopo il momento della propria morte, ma, anche e ancor più, aveva avuto più di un’opportunità per immergersi, letteralmente, fra cadaveri in differenti stati di putrefazione, tale per cui, proprio malgrado, nulla di tutto quello, neppur il contenuto di quanto servitole innanzi, avrebbe potuto effettivamente disorientarla o, peggio ancora, spaventarla.

« Grazie… » non si negò occasione di sorridere verso Desmair-cameriera, chinando appena il capo a enfatizzare tale espressione di gratitudine, a non permetterle di cogliere evidenza di quanto, in quel momento, si trovasse sotto gli effetti di un’assurda allucinazione, nel non desiderare offrire, in alcuna maniera, ragione di spettacolo per chicchessia.
« Avete già scelto cosa desiderate…?! » domandò l’altro-altra, sorridendo con malevola crudeltà, sicuramente inesistente sul vero volto della feriniana e, altresì, lì predominante su quello del semidio « Se no, posso ripassare fra qualche minuto. »
« Andrà benissimo il piatto del giorno per entrambi. » ebbe a suggerire la donna guerriero, non desiderando neppure tentare di affrontare il menù scritto, tanto per il timore del confronto con la lingua franca, quanto e ancor più nella certezza di quanto, sicuramente, il proprio sposo avrebbe stravolto anche quello.
« E piatto del giorno sia… » confermò Desmair-Be’Sihl, non opponendosi a quella richiesta, laddove, avendo ben intenso la presenza di un problema, non avrebbe voluto certamente contribuire a peggiorare il medesimo… non, soprattutto, nel ben conoscere il soggetto responsabile di tutto ciò.
« Ottimo! » annuì Desmair-cameriera, confermando di aver ben compreso l’ordinazione « Due piatti del giorno… arrivano subito! » ribadì, prima di voltarsi e immergersi nuovamente nella folla del locale, e di quel locale dominato dalla tonalità rossa della pelle simile a cuoio dell’odioso semidio.

Riuscire a mantenere il controllo, in quel momento, non avrebbe avuto a dover essere considerato così banale per la Figlia di Marr’Mahew. Ma, se c’era una cosa che ella aveva ben in mente, tale avrebbe avuto a doversi considerare quanto, in conseguenza a tutto ciò, non avrebbe avuto a dover concedere al proprio sposo alcuna soddisfazione, non laddove, altrimenti, nel comprendere di averla indispettita, egli avrebbe sicuramente continuato a insistere in quella direzione.
Ciò non di meno, dal momento in cui, per lei, già non banale sarebbe stato riuscire a mantenere il controllo su di sé e sulle proprie emozioni nel confronto con un singolo Desmair, quell’odiosa creatura apparentemente preposta, nella sua vita, a ricordarle l’enorme sbaglio di valutazione che aveva compiuto troppi anni addietro quanto si era detta certa di poter trovare un modo, presto o tardi, per liberarsi di lui e dell’empio matrimonio con lui contratto; il ritrovarsi a essere immersa in un’intera sala colma di suoi replicati avrebbe avuto a doversi giudicare, per lei, qual ben oltre al concetto stesso di incubo. Oltre ad aversi a dover giudicare, da parte dello stesso Desmair, qual un’apprezzabile dimostrazione di astuzia: questi, infatti, non si era così limitato a tentare di mistificare la realtà dietro a qualche orrenda parvenza nella speranza di arrecarle torto, di imporle danno; quanto e piuttosto, in maniera estremamente più semplice, addirittura persino banale, aveva circondato la propria sposa con proprie immagini, utili a permettergli di conseguire un risultato sicuramente maggiore sotto un punto di vista emotivo e psicologico, così come la realtà dei fatti avrebbe avuto a concedergli chiara riprova se soltanto Midda non si fosse, allor, tanto sforzata a trattenere, a soffocare, in cuor proprio, ogni emozione.

« Non ho ancora compreso quanto tu ti stia dimostrando capace di offrire buon viso a cattivo gioco e quanto, in ciò, tu mi stia odiando, nel profondo del tuo cuore, per tutto questo… » commentò il Desmair originale, osservando con attenzione il volto della propria sposa per tentare di cogliere evidenza di una qualsivoglia reazione da parte sua « … o quanto, in fondo, magari ti possa aver a piacere quello che stai vedendo. Dopotutto sei stata tu a ordire quell’assurdo inganno per riuscire a sposarmi. » sottolineò, suggerendo, in tal senso, un qualche particolare interesse segreto da parte della stessa nei suoi confronti… ipotesi ovviamente proposta al solo scopo di tentare di provocarla e di far crollare l’indifferenza dietro la quale ella si era lì apparentemente barricata.

Ma tutta la freddezza, tutto il controllo, e ogni saggio proposito da parte della donna da dieci miliardi di crediti nel confronto con i tentativi di istigazione da parte del suo osceno sposo, ebbero purtroppo a crollare, a frantumarsi, addirittura a polverizzarsi, nel confronto con l’ultima, crudele immagine che egli si prodigò di presentare innanzi ai suoi occhi, e di presentare innanzi ai suoi occhi color ghiaccio al momento del ritorno del Desmair-cameriera. Giacché questo-questa, conducendo seco due ampli piatti, e posandosi quasi con entusiasmo innanzi a lei e al suo per lei ormai irriconoscibile compagno, ebbe a presentare qualcosa di ben peggiore rispetto a quanto mai ella avrebbe potuto attendersi, anche da parte di Desmair, anche da parte di quel semidio crudele, figlio di un brutale dio minore e di una psicopatica regina shar’tiagha.
Un’immagine, quella che le venne lì riservata, che fu in grado di farla sbiancare così come mai prima era accaduto nel corso della sua intera esistenza, e così come nessuno avrebbe mai potuto immaginare fosse possibile ella sbiancasse, nella sua già candida carnagione. E se ella non gridò nel confronto con tutto ciò, non fu, allora, in conseguenza a una qualche dimostrazione di autocontrollo, quanto e piuttosto perché, per la prima volta nella propria lunga e avventurosa vita, letteralmente pietrificata per l’orrore, e per un orrore tanto vasto da soffocarla, riducendola, in tal senso, a un insano silenzio.
Un’immagine che, nella fattispecie, ebbe a concretizzarsi nelle teste decapitate di Tagae e Liagu, e lì ordinatamente disposte al centro dei due piatte circondate da verdurine, come una deliziosa pietanza…

« Buon appetito! » augurò Desmair-cameriera, con un amplio sorriso di soddisfazione per essere riuscito-riuscita a servire in tempi tanto brevi i propri ultimi due clienti.

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