11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 4 settembre 2018

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Non fu facile, per Be’Sihl, ritrovare la propria amata.
A seguito dell’apparizione di Desmair nel ristorante, infatti, Midda ebbe a levarsi in piedi e a scappare fuori dal locale, senza una parola, ma con aria palesemente sconvolta: qualunque cosa il suo empio sposo le avesse imposto alla vista, chiaramente, avrebbe avuto a dover essere reputato eccessivo anche per lei, malgrado, egli lo sapeva bene, improbabile sarebbe stato per qualunque genere di spettacolo riuscire a sconvolgerla, nel confronto con quanto da lei affrontato nel corso della propria straordinaria vita.
Scusandosi con la gentilissima cameriera, e saldando egualmente il conto anche laddove, obiettivamente, non aveva avuto neppure occasione di assaggiare la birra o di gustare quel piatto dall’aspetto quantomeno delizioso, lo shar’tiagho si vide così costretto a cercare di rincorrere la donna da lui amata, benché questa, in vantaggio rispetto a lui, era già scomparsa nel momento in cui egli riuscì a uscire dall’affollata sala. E se, una parte di lui non aveva potuto negarsi di comprendere il perché di quel gesto, e di comprenderlo in maniera assolutamente corretta, nel ricondurlo, con straordinaria presenza di spirito da parte della stessa donna guerriero, a un tentativo di contenere i danni che Desmair avrebbe potuto imporle di fare, avrebbe potuto spingerla malevolmente a imporre a quel locale, ai suoi dipendenti e ai suoi frequentatori, se soltanto avesse perduto il controllo; un’altra parte non poté ovviare a temere quanto, allora, ella avrebbe potuto spingersi in guai peggiori proprio in conseguenza a simile fuga, e una fuga nel corso della quale, proprio malgrado, non avrebbe potuto ovviare a ritrovarsi nuovamente vittima del complotto del semidio.
Osservandosi attorno, per cercare di intuire in quale direzione ella potesse essere corsa, Be’Sihl si ritrovò quindi a essere apostrofato da una coppia quietamente abbracciata quasi innanzi all’ingresso stesso di quel locale, due giovani canissiani…

« Ehy, amico! » lo richiamò il maschio, con un cenno del capo verso la sua direzione « Stai forse cercando una rossa corsa fuori di gran carriera…? » gli domandò, cogliendo le ragioni di quel suo sguardo preoccupato, e dell’affanno che, più per l’ansia che per il movimento compiuto, in quel momento non avrebbe potuto ovviare ad animare il suo petto.
« Sì. » annuì l’uomo, in pronta risposta, non mancando di rivolgere un immediato ringraziamento a tutti i propri dei per il dono così concessogli « … l’avete vista?! » incalzò immediatamente, retorico in tale questione, laddove l’altro l’aveva così presentata ben prima che egli potesse anche soltanto pensare di farne parola con chiunque lì fuori.
« E’ andata in quella direzione… » gli indicò l’altra, con la fronte aggrottata a palesare l’evidenza di un dubbio « Sembrava a dir poco terrorizzata. Che le è successo…? »
« Vorrei saperlo. » commentò Be’Sihl, banalizzando la questione nel merito della quale, tuttavia, avrebbe potuto vantare maggiore conoscenza di quanto non avesse così dichiarato, e subito cogliendo l’indicazione rivoltagli, in tal senso, avviandosi in tal verso, nella speranza di riuscire, in qualche modo, a raggiungerla prima che potesse scomparire definitivamente nel nulla « Grazie! » salutò i due sconosciuti, in favore dei quali avrebbe avuto a dover vantare un indubbio debito di riconoscenza, per quell’aiuto non richiesto, e pur ottenuto con tanta benevola immediatezza.

Dimostrando, allora, a discapito della propria corporatura media, maggiore agilità e velocità di quanto probabilmente chiunque sarebbe stato pronto ad attribuirgliene, egli si mosse rapido fra la folla dello spazioporto nella direzione indicatagli, nel mentre in cui, ancor più rapidi, ebbero a muoversi i suoi occhi a cercare di individuare la propria compagna o, quantomeno, l’evidenza del suo passaggio. E se, nelle prime svolte, egli ebbe a essere aiutato, in ciò, dall’evidenza di fugaci collisioni fra la stessa e il mondo a lei circostante, includendo in ciò un cestino dei rifiuti, alcune casse di frutta innanzi a un negozio e, ancora e persino un’anziana signora, ritrovatasi proprio malgrado travolta dall’impeto di quella fuggiasca; all’ennesimo bivio egli si vide tragicamente privato di qualunque evidenza nel merito della scelta lì compiuta dalla propria amata, in misura tale per cui, alla fine, fu costretto a guardarsi indietro, a escludere di essersi lasciato sfuggire qualche ulteriore dettaglio utile, come, magari, un vicolo o altre possibili vie attraverso le quali ella avrebbe potuto riservarsi occasione di evasione.
Fu solo in quel momento che il suo sguardo ebbe a incrociare una scala d’emergenza, in un angolo di un edificio non lontano da lui, permettendogli di cogliere l’evidenza dell’esistenza di un simile dettaglio architettonico a completamento praticamente di ogni edificio attorno a lui. Un dettaglio architettonico che, nel ben conoscere la propria amata, non avrebbe avuto a dover allor trascurare… non laddove, certamente, ella non lo aveva fatto e, anzi, molto probabilmente, doveva aver già abbandonato le vie di terra per trasferirsi a un livello superiore. Sovente, infatti, nel loro mondo natale, nella loro stessa città di adozione, la Figlia di Marr’Mahew si era ritrovata costretta a condurre i propri passi, per molteplici ragioni, non tanto attraverso le vie della città, ma al di sopra delle stesse, correndo agilmente, e indomitamente, lungo i tetti delle case, e da una all’altra saltando, impavidamente, a rischio della propria stessa esistenza. Ragione per la quale, certamente, nel ritrovarsi allor forse spinta dalla volontà di isolarsi, di allontanarsi da tutto e da tutti, così come egli aveva non erroneamente ipotizzato, ella non avrebbe potuto trovare occasione migliore in quelle scale, in quei lunghi percorsi verticali in grazia ai quali conquistarsi l’occasione di una posizione superiore.
Così, non permettendosi di demordere, di perdersi d’animo, Be’Sihl decise di voler avere fiducia in simile eventualità, modificando l’incedere seguito sino a quel momento per riservarsi, altresì, l’opportunità di ascendere lungo quegli edifici e, lassù in cima, sperare di ritrovare l’amata.
Una salita, in verità, tutt’altro che semplice, tutt’altro che banale, nel considerare anche l’apprezzabile altezza di quelle stesse costruzioni, ben distanti dalle immense torri di vetro e acciaio di altre città, presenti in altri pianeti, e, ciò non di meno, indubbiamente più imponenti della maggior parte degli edifici propri del loro mondo d’origine, i quali, difficilmente, avrebbero superato il secondo piano in altezza. E, seppur egli non avrebbe mai avuto a dover accusare problemi con l’altezza, il pensiero di ritrovarsi appeno a dei sottili pioli di metallo a diverse dozzine di piedi da terra, non avrebbe mai potuto entusiasmarlo, nella consapevolezza di quanto, troppo facile, avrebbe potuto finire per essere, per lui, porre in piede in fallo e compiere un imprevisto e spiacevole volo fino al suolo… ma, ciò non di meno, ebbe allor a proseguire, nella certezza di quanto, in quel momento, Midda avesse bisogno della sua presenza al proprio fianco.
E se tale intuizione ebbe a essere semplicemente fortunata, o espressione di divina benevolenza, improbabile fu per lui riuscire a capirlo, benché, a prescindere, non poté che considerarsi fortunato, e fortunato nella misura in cui, giunto là sopra, egli ebbe occasione di cogliere, effettivamente, l’immagine della propria amata, seduta in lontananza su un cornicione. Purtroppo per lui, fu proprio tale distanza a costringerlo, proprio malgrado, a posticipare di breve la propria riunificazione con lei, giacché, allora, ebbe a essere costretto a ridiscendere lungo lo stesso percorso appena esaurito soltanto allo scopo di raggiungere, attraverso più sicure vie di terra, il tetto dell’edificio sul quale ella si era voluta posare, troppo distante per permettergli di ipotizzare un qualunque salto senza, in questo, avere realmente a temere per il proprio desino e per la matura conclusione del medesimo.
Ciò non di meno, al termine di tanta fatica, di tanto impegno, di tanto sforzo, lo shar’tiagho non ebbe a ritrovarsi così benevolmente accolto come avrebbe potuto sperare avvenisse, quanto e piuttosto immediatamente aggredito, e aggredito verbalmente, con un’intimidazione volta a farlo desistere da quell’inutile sforzo utile a tentare di riavvicinarla, giacché tale non avrebbe avuto a dover essere, altresì, considerata la sua stessa volontà…

« Lasciami sola. » gli richiese ella, senza neppure voltarsi a guardarlo in viso per essere sicura che fosse lui « Vattene, Be’Sihl. Desmair sta giocando più sporco del solito… e non posso prevedere per quanto ancora riuscirò a tenergli testa. » argomentò, a giustificazione di quella richiesta « Fuggi… idiota che non sei altro! »

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