11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 26 novembre 2018

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Sì. Il cornetto con la crema pasticcera c’era. E questo avrebbe potuto finalmente svoltare in positivo la giornata della donna. Con un sorriso, quindi, ella rialzò lo sguardo dalla vetrinetta, rendendosi conto solo in quel momento della persona presente dall’altra parte del bancone, in attesa della sua comanda. Una persona vestita con pantaloni marroni, camicia bianca i bottoni più alti della quale avrebbero avuto a dover essere riconosciuti qual non chiusi, scoprendo una minima parte del suo petto, e di quel petto contraddistinto da scura carnagione, in tonalità più marcate rispetto a quelle di un qualunque shar’tiagho, giacché, nel proprio sangue, avrebbe potuto vantare l’influenza delle popolazioni dei regni desertici centrali: una tonalità che ella ricordava bene, che ella conosceva bene, perché propria di un unico uomo nella sua esistenza…

“No…”

Be’Sihl… quell’uomo era Be’Sihl. Le sue labbra carnose, il suo naso schiacciato, i suoi occhi castano chiaro, quasi arancioni, il suo volto tondeggiante, e una miriade di sottili treccine nere tutto attorno a ciò: egli era Be’Sihl. Non vi sarebbe potuto essere dubbio alcuno, non vi sarebbe potuta essere esitazione alcuna. Non per lei, non innanzi al suo sguardo, né, tantomeno, al suo cuore, e al suo cuore che, dopo aver quasi perso un battito, iniziò a pulsarle in maniera quasi folle nel petto, con violenza tale da poter far temere che, da un momento all’altro, avrebbe potuto saltare fuori, infrangendo la sua stessa cassa toracica.

« … »

Ammutolita ella ebbe a restare innanzi a quell’immagine, a quell’immagine che mai avrebbe potuto attendersi di incontrare, a quell’immagine che a lungo aveva dominato nei suoi sogni e che, da qualche settimana a quella parte, aveva iniziato a dimenticare, o così credeva, salvo riscoprirle di conoscerla forse e persino meglio della propria, nel ritrovarsi di fronte a essa e nel poter descrivere ogni più sottile solco sul suo volto, ogni più leggera imperfezione della sua pelle, e, soprattutto, nel ricordare il sapore proprio di quella pelle, e di quella pelle su cui impossibile sarebbe stato enumerare le volte nelle quali si era concessa di indugiare con i propri baci.

A scuoterla, tuttavia, dal blocco psicologico e fisico lì così subentrato, sopraggiunse un’inattesa azione di lui innanzi a lei, nel sollevare la propria destra e nel tenderla verso di lei, arrivando a pochi centimetri dal proprio viso, esclamando in ciò una supplica: « Svegliati, Midda! » una preghiera, un’invocazione così simile a quella che le sue allucinazioni l’avevano spinta a credere di aver udito qualche tempo prima, nella quiete della propria camera « Svegliati, amore mio… torna da me! »

Necessariamente sorpresa, persino spaventata, tanto da quel gesto repentino, dal movimento improvviso di quella mano verso di lei, quanto da quelle parole, e da quelle parole ancora una volta rivolte non tanto a lei, quanto a Midda Bontor, Maddie balzò istintivamente all’indietro, non potendo ovviare a emettere un gemito, un gridolino di spavento che attrasse necessariamente la reazione di tutti attorno a lei.
E se, così facendo, ella si ritrovò a sbattere contro una sedia già presente alle proprie spalle, fortunatamente priva di avventori da disturbare, la distrazione che quel contatto impose alla sua attenzione, costringendola per un attimo a voltarsi e a constatare contro cosa fosse andata a impattare; simile, fugace, occasione di deconcentrazione nei riguardi dell’immagine in tal maniera apparsa innanzi al proprio sguardo, le permise di allontanare il volto di Be’Sihl da sé, dalla propria mente, offrendole, nel momento in cui ebbe a riportare lo sguardo in direzione del bancone, soltanto la presenza di una semplice dipendente di quel bar, abbastanza interdetta dalla reazione della cliente nel confronto con una domanda assolutamente banale, qual quella che le aveva allora proposto…

« Signora…? Si sente bene…?! » ebbe a domandarle, aggrottando la fronte con una certa preoccupazione, laddove, comunque, il suo non avrebbe avuto a dover essere considerato un comportamento normale.
“Cosa è successo…?” ebbe a domandarsi altresì ella, tuttora con gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa, per lo spavento.

Con il cuore ancora freneticamente pulsante nel suo petto, non avesse tutto quello a essere contraddistinto dallo sgradevole sospetto di un proprio disequilibrio mentale, ineluttabile sarebbe stato per lei avere a credere di essere stata testimone di una sorta di apparizione, in una dinamica, in un alternarsi di eventi che avrebbe potuto considerarsi assolutamente degno di una classica storia di spettri, benché l’orario e la luminosità dell’ambiente attorno a sé non avrebbero avuto a riconoscersi elementi classici dello stereotipo proprio di tale genere di film.
Ma la sua non avrebbe potuto essere definita una classica storia di spettri. E neppure, in verità, una storia di spettri. Poiché Be’Sihl non esisteva… non era mai esistito. E anche laddove fosse esistito, di certo non sarebbe morto.
Cosa diamine stava accadendo? Stava ella realmente perdendo il lume della ragione?!

« … signora…? Ha bisogno di aiuto…?! » insistette la propria interlocutrice, offrendosi quantomeno preoccupata nel confronto con tutto ciò, in termini indubbiamente legittimi e giustificati dalla propria prospettiva su quegli eventi, su quegli accadimenti, sul confronto con quella donna che, probabilmente, avrebbe potuto definire impietosamente, ma ragionevolmente, qual “pazza”.
« No… no. » scosse il capo Maddie, escludendo quell’ipotesi, e mentendo spudoratamente in ciò, laddove, razionalmente, ella non avrebbe potuto negare l’evidenza di quanto avrebbe avuto sì bisogno di aiuto, e dell’aiuto di Jacqueline, con la quale avrebbe avuto a dover fissare, quanto prima, un nuovo incontro, nell’evidenza di quanto, purtroppo, i medicinali che le aveva prescritto non avrebbero avuto a doversi considerare sufficienti per risolvere il suo problema « Ero sovrappensiero e mi sono spaventata per nulla… » tentò di minimizzare, offrendo un sorriso quanto più possibile convincente, e imbarazzato, nei confronti della donna « Un cornetto farcito con la crema pasticcera e un cappuccino, per cortesia. » ordinò, quindi, a tentare di considerare già dimenticato quanto accaduto, benché il continuo e ossessivo pulsare del suo cuore nelle tempie non avrebbe avuto a doversi considerare propriamente concorde con ciò.

Stringendosi fra le spalle e accettando di considerare, in tal modo, conclusa la questione, la giovane dall’altra parte del bancone annuì e si iniziò a preoccupare di servire la cliente, nel mentre in cui Maddie, sforzandosi di calmarsi, tornò ad avvicinarsi al bancone, osservandosi attorno con aria tuttavia irrequieta, nel timore di poter vedere comparire, ancora una volta in maniera così improvvisa, l’immagine di Be’Sihl, di quell’uomo da lei tanto amato, da lei tanto desiderato e che, tuttavia, non esistendo, avendo a doversi considerare soltanto il frutto della propria fantasia, non avrebbe potuto mancare di terrorizzarla con la propria semplice presenza, e una presenza utile a porre a rischio la propria stessa vita, e la propria vita per così come, tanto faticosamente, era riuscita a riprendere a vivere, nell’amore della propria famiglia, nella vicinanza dei propri cari.

« Sono tre euro e venti… » le comunicò la giovane, porgendole lo scontrino e appoggiando, su un piattino, la pasta da lei richiesta, nel mentre in cui, alle sue spalle, un suo collega si stava occupando di finire di preparare il cappuccino.

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