11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 28 novembre 2018

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Maddie non era Midda, né lo era mai stata, né avrebbe mai potuto esserlo. Di questo ella avrebbe avuto a doversi considerare ormai quietamente consapevole, e consapevole a livello assolutamente razionale. Quei lunghi mesi di terapia insieme a Jacqueline le avevano offerto una chiara occasione di riprova a tal riguardo, permettendole di analizzare tutta la propria supposta vita passata e di comprenderne ogni motivazione, ogni dinamica, ogni ispirazione più o meno conscia per lei derivante dal mondo a lei circostante. Nulla di ciò che ella presumeva di aver vissuto avrebbe avuto a doversi considerare effettivamente affrontato: ogni propria avventura, ogni propria leggendaria impresa, avrebbe avuto a poter essere ricollegata a una qualche fonte di ispirazione esterna, includendo in tale annovero tanto la mitologia quanto la storia, tanto la letteratura quanto la cinematografia, non ignorando ovviamente fumetti e cartoni animati. Tutta la sua supposta esistenza avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual un’enorme pastiche, in termini nel confronto con i quali difficile sarebbe stato per lei comprendere quanto avere ad ammirare la propria immaginazione e quanto, piuttosto, averla a temere.
Ciò non di meno, per quanto nulla di tutto ciò che Midda era stata avrebbe avuto a doversi considerare reale, la vita propria di Midda avrebbe avuto a dover essere considerata la sola che Maddie avesse mai vissuto. E, soprattutto, il percorso di crescita proprio di Midda avrebbe avuto a doversi riconoscere qual il solo che Maddie avesse mai affrontato. Per questa ragione, che Midda fosse esistita o meno, poco avrebbe avuto a importare nel confronto con i valori, i principi morali che ella aveva maturato nel corso della propria vita, e quei principi morali ora risedenti all’interno del cuore, dello spirito e della mente di Maddie. Principi morali fra i quali, certamente, mai ella avrebbe potuto permettersi di tollerare una violenza sessuale, neppure nella misura utile a frenarsi il tempo sufficiente per cambiare il numero chiamato sul cellulare e rivolgersi, in ciò, alla polizia o ai carabinieri. No… in quel momento ella non avrebbe potuto riservarsi lucidità mentale sufficiente a compiere una sì semplice operazione, non, quantomeno, nel confronto con il pensiero, con l’idea, che così facendo avrebbe concesso allo stupratore un ulteriore istante per portare a compimento quell’orrendo delitto a discapito della propria vittima.
Così, per quanto Maddie non fosse Midda, né lo era mai stata, né avrebbe mai potuto esserlo, qualcosa in lei ebbe a muoversi, a reagire e ad agire, animandosi in direzione di quell’antagonista, di quell’avversario, di quell’individuo sconosciuto che, per quanto avrebbe potuto concernerle, avrebbe dovuto essere inchiodato a terra, non metaforicamente quanto e piuttosto letteralmente, per imporgli occasione utile a comprendere l’orrore di quanto egli stesse compiendo, del senso di impotenza che egli stava trasmettendo alla propria vittima, oltre, ovviamente, per essere lasciato, in tal modo, alle cure della propria preda, di quella preda che avrebbe quindi potuto essere eletta a predatrice e avrebbe potuto cercare occasione di riscatto psicologico nel farlo a pezzi, ancora una volta non metaforicamente, quanto e piuttosto letteralmente. E sebbene nulla di tutto ciò avrebbe probabilmente veduto Jacqueline concorde, e sebbene nulla di tutto ciò avrebbe probabilmente incontrato il beneplacito dell’ordine costituito, poco o nulla ciò avrebbe potuto valere per lei in quel momento: il suo cuore, il suo animo, la sua mente le stavano dicendo che tutto ciò avrebbe avuto a dover essere considerato giusto da compiere… e, per questo, ella lo avrebbe compiuto, con buona pace per le conseguenze.
Fu questione di un attimo ed ella si ritrovò a coprire la distanza ancora esistente fra lei e la coppia, raggiungendo l’uomo e schiantando, contro di lui, la pesante suola del proprio scarpone: un colpo sicuramente non animato dalla medesima forza, dalla medesima energia che avrebbe potuto vantare Midda, ma che, in grazia a un indubbio fattore sorpresa e prendendo qual obiettivo la sua tempia, ebbe comunque a riscuotere il proprio successo, nell’imporgli deciso danno e nello scaraventarlo via dalla propria vittima, da quella ragazzina con i vestiti strappati sulla quale si stava allor avventando come una bestia affamata. Ma se, con Midda, quel colpo sarebbe stato allora certamente sufficiente a stordirlo e a chiudere, facilmente, la questione, con Maddie quanto le fu concesso di ottenere altro non fu che sorprendere, certamente, l’uomo, ma, anche, farlo infuriare, per il dolore impostogli…

« Lurida tossica… » ringhiò egli, scuotendo il capo e osservando, con sguardo ricolmo di rabbia e di odio, la propria subentrata antagonista.

Altri insulti che avrebbero potuto essere da lei ascoltati fuoriuscire dalle sue labbra non furono allora realmente percepiti, dal momento in cui, ritrovandosi proprio malgrado decisamente sorpresa dalla reattività del proprio antagonista, priva di quell’attenzione, di quella memoria muscolare, e di quei tempi di reazione propri della Figlia di Marr’Mahew, Maddie si ritrovò a essere scaraventata rapidamente a terra, e a essere colpita con violenza da due pugni diretti al volto, che, per un istante, ebbero ad accecarla e ad assordarla, nel dolore in ciò per lei derivante.

« … cidenti pensi di essere, dannata sgualdrina…?! » riuscì nuovamente a percepire la voce dell’uomo dopo qualche istante, nel mentre in cui, con violenza, egli, afferratala per il bavero della giacca, ebbe a sbatterla ripetutamente contro il suolo.

Nel diversivo comunque creato da quel non pienamente fruttuoso intervento, la giovane vittima di quell’uomo, ancora a sua volta stordita e confusa, ebbe possibilità di rendersi conto di quanto l’abuso a proprio discapito si fosse interrotto e, dimostrando sufficiente spirito di autoconservazione, ebbe a tentare di rialzarsi da terra, di trascinarsi lontana da li.
Ma questi, cogliendo il tentativo del proprio primo obiettivo, rivolse a discapito della nuova arrivata un terzo, violento pugno, tanto forte da infrangerle addirittura il naso, lasciando esplodere un caldo fiotto di sangue su tutto il suo volto, prima di rialzarsi e, ancor più aggressivo rispetto a quanto già non avrebbe avuto a doversi precedentemente considerare, ritornare rapidamente verso la propria vittima, per afferrarla ancora una volta e spingerla con violenza nuovamente verso il suolo, questa volta con il volto premuto sull’erba, lì costringendola prona per non concederle ulteriori possibilità di azione o di movimento.

« Dove pensi di andare tu?! Non ho ancora finito con te… » le comunicò, nel mentre in cui, armeggiando con il proprio membro alle sue spalle, si preparò a riprendere il discorso così fugacemente interrotto, e a riprenderlo or animato da una maggiore violenza, da una maggiore rabbia rispetto a quanto prima non avrebbe potuto essergli propria, in conseguenza all’interruzione così impostagli.

E laddove la giovane vittima non avrebbe neppure allora avuto occasione di gridare, nel ritrovarsi la bocca riempita di terra in maniera tale che, anzi, troppo facilmente avrebbe potuto lì addirittura soffocare, quanto compiuto da Maddie avrebbe avuto lì a doversi riconoscere qual un completo fallimento, e qual la più cruda dimostrazione di quanto, allora, ella non fosse l’eroina che tanto si era illusa di essere, riversa a terra, coperta dal proprio stesso sangue e tanto stordita dai colpi ricevuti da non riuscire neppure a percepire ulteriormente il proprio corpo.

“… Thyr…” tentò di appellarsi alla propria dea, all’unica dea che, per quanto inesistente, il suo cuore e la sua mente ancora riconoscevano, mossa in tal senso dal dolore e dalla frustrazione, dal senso di impotenza e dalla colpa per non essere riuscita a essere utile a quella ragazza e, forse e peggio, per averla condannata, insieme a sé, a una sorte forse peggiore rispetto a quanto già non avrebbe potuto esserle propria, qual conseguenza del proprio sciocco tentativo di soccorso, di intervento, di aiuto.

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