11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 14 luglio 2019

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Blaise Pascal, matematico e fisico, potrebbe essere ricordato, dai più, per una lunga serie di scoperte e invenzioni. Ciò non di meno, dai più, è ricordata più che altro una sua frase, e una frase di quelle che, con buona probabilità, si è letta per la prima volta dopo aver scartato un cioccolatino: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.”. E per quanto banale, in un simile contesto, ha a essere considerata una tale citazione, non potrei ovviare a ricordarla nel confronto con quanto lì stava allora accadendo. Perché, obiettivamente, tale citazione non avrebbe potuto essere riconosciuta qual più che appropriata a descrivere, nel dettaglio, il complesso e controverso moto interiore che, a confronto con quella donna sconosciuta, stava ponendo in contrapposizione la mia ragione e il mio cuore.
La mia ragione, infatti, non avrebbe potuto ignorare tre evidenti, solidi e incontrovertibili particolari relativi a mia sorella Nóirín Mont-d'Orb. Primo: dall’età di dieci anni, la mia gemella si era purtroppo ritrovata costretta a una sedia a rotelle, in conseguenza a un danno irreparabile alla colonna vertebrale e un danno a confronto con il quale, la sua straordinaria forza di volontà, aveva già compiuto il miracolo proprio di non bloccarla, irrimediabilmente, su un letto, per così come i medici, altresì, avevano quietamente previsto sarebbe accaduto, suggerendo per lei un futuro pressoché vegetativo. Secondo: la mia gemella, in quel momento, avrebbe avuto a dover essere certamente riconosciuta qual almeno a un universo di distanza da lì, nel nostro piano di realtà natale, nel nostro mondo, nella nostra città, probabilmente intenta a lamentarsi della politica locale e dell’ottusità della gente, incapace di superare il limite della propria miopia ideologica e, in ciò, di riuscire ad ammirare la meravigliosa complessità del tutto, e di quel tutto a confronto con il quale, sicuramente, certi pensieri nazionalistici non avrebbero mai potuto trovare occasione di sussistere. Terzo: la mia gemella, inutile sottolinearlo, non aveva mai saputo proiettare fasci di fiamme dalle mani… e su questo non credo sia necessario aggiungere altro.
In accordo con Pascal, tuttavia, di ben diverso avviso avrebbe avuto a dover essere allora riconosciuto il mio cuore. E il mio cuore che, a confronto con la mia lingua natia e con quei riferimenti, e quei riferimenti decisamente precisi a eventi occorsi ben dopo la mia partenza da casa, non avrebbe potuto ovviare a spingermi a dichiarare qualcosa di assolutamente irrazionale almeno quanto irrazionalmente assurdo…

« Rín…?! »

Un momento di silenziosa incredulità ebbe così a coinvolgere la mia interlocutrice, che, pur avendo tentato quell’ultimo azzardo, evidentemente ancora non avrebbe potuto ovviare a riservarsi un certo, giusto, scettiscismo all’idea di avercela fatta, di essere riuscita nella propria impresa, e in quell’impresa della quale, ancora, non avrei potuto vantare alcuna consapevolezza, e che pur, obiettivamente, avrebbe avuto a doversi considerare straordinaria… forse e persino in misura maggiore a quanto straordinario non avrebbe mai avuto a potersi giudicare quanto da me sino a quel momento compiuto in tutti i miei viaggi dimensionali sulle ali della fenice.

« Maddie…? » replicò quindi, vedendo i propri occhi colmarsi immediatamente di lacrime e un amplio sorriso aprirsi sul suo volto a confronto con il pensiero di avermi, alfine, raggiunta « Sei davvero tu, sorellona?! »
« C-come è possibile…?! » esitai, scuotendo appena il capo nel lasciar, per un istante, prevalere nuovamente la ragione, e quella ragione in ascolto alla quale, probabilmente, avrei fatto meglio a sollevare le mie scuri e ad attaccare quella donna intenzionata a presentarsi qual la mia gemella, e la mia gemella che, appunto, mai avrebbe potuto essere lì in quel momento « Non puoi essere davvero tu…! »
« Sono io, Maddie! » esclamò quindi ella, annuendo nel mentre in cui due lucide scie solcavano il suo volto, tracciando due percorsi longitudinali alle sue gote ornate da amabili efelidi « E’ una storia lunga… di cui, probabilmente, anche io stessa non ho ancora ben compreso tutti i dettagli… ma sono veramente io! » insistette, in termini che il mio cuore non avrebbe potuto ovviare ad accogliere con entusiasmo, nel mentre in cui, tuttavia, la mia ragione non avrebbe potuto ovviare a criticare con scetticismo, suggerendomi che simili frasi sarebbero certamente state pronunciate anche da qualunque possibile impostore « E’ iniziato tutto con il nostro viaggio nel tempo del sogno… ricordi che la mia sedia a rotelle venne distrutta e io scoprii di poter sfruttare il potere di tale luogo per concedermi occasione di camminare nuovamente?! Ecco… quando mi sono poi risvegliata, tutto ciò aveva già avuto occasione di influenzare anche la mia realtà, facendomi ritrovare la mia sedia accartocciata in un angolo della stanza, e lasciandomi scoprire nuovamente in grado di muovermi… e, in particolare, di balzare in piedi sul letto, spaventata alla vista delle condizioni in cui la sedia era stata ridotta! »

Quelle parole avrebbero potuto avere senso. Avrebbero potuto avere senso nella misura in cui, per così come il marito della mia corrispettiva locale, il semidio Desmair, ci aveva voluto didascalicamente illustrare, il tempo del sogno aveva la possibilità di influenzare la realtà, e, addirittura, di influenzare ogni realtà, in misura tale per cui, qualunque cosa occorsa all’interno del tempo del sogno avrebbe avuto a riflettersi anche al di fuori di esso, ragione per la quale, non a caso, eravamo stati lì tutti trascinati da secondo-fra-tre, vicario di Anmel, con l’esplicito scopo di distruggerci, e di distruggere, in particolare, Midda e me, in termini tali da poter estinguere, in un solo momento, tutte le Midda e le Maddie di ogni realtà, di ogni dimensione, cancellandoci, letteralmente, dall’intero universo.
Ma pur volendo riconoscere ancora un senso a quelle parole… come avrebbe potuto trovare un senso tutto il resto?! Come avrebbe potuto trovare un senso il fatto di aver visto la mia gemella comparire all’interno di una colonna di fuoco, e di averla veduta proiettare dei fasci di fuoco dalle mani?!

« Il tempo del sogno mi aveva restituito le mie gambe: guardami… guardale! » indicò allora quella coppia di splendide gambe, e di gambe che non avevo potuto ovviare a notare già, soprattutto in conseguenza al suo abbigliamento, e a quel suo abbigliamento che, nel dettaglio, sembrava proprio desiderare porre in risalto quelle stesse gambe, la loro presenza, la loro esistenza, la loro bellezza… in una reazione psicologica, emotiva, più che giustificabile per chi, da quasi tutta la propria vita, le aveva vedute come delle inutili appendici attaccate al proprio addome « Ma qualcos’altro, in me, si era mosso a seguito di quell’avventura e, forse, prima ancora. Qualcos’altro si era risvegliato in me, probabilmente sin da quando quel mostro era entrato in casa nostra, deciso a uccidere me e papà. Perché, per quanto avrei potuto allor desiderare di continuare la mia vita con la stessa inconsapevole serenità nella quale avevamo vissuto sino a quel momento, quella vita ormai era passata… apparteneva a un mondo nel quale non avrei più potuto completamente riconoscermi e che, soprattutto, non avrebbe più potuto completamente riconoscere me! »

Quelle parole avrebbero potuto avere senso. Avrebbero potuto avere senso nella misura in cui, in fondo, anche io avevo vissuto qualcosa di simile, in conseguenza alla comparsa, all’interno della mia quotidianità, di Midda Bontor, della mia defunta mentore, nella testimonianza esemplare offerta dalla quale non aveva potuto che essermi presentata una versione migliore di me stessa, e una versione migliore di me stessa verso la quale non avrei potuto ovviare a voler tendere, per sentirmi finalmente realizzata, per sentirmi finalmente completa, e completa così come, per esempio, in quel nuovo mondo mi stavo sentendo, pur vivendo qualcosa di folle, pur rischiando quotidianamente la mia vita, e pur, banalmente, avendo persino avuto a dovermi dimenticare dei più fondamentali principi dell’igiene personale, in un mondo che, obiettivamente, da tale punto di vista, avrebbe avuto a doversi riconoscere decisamente arretrato rispetto a quello nel quale avevo avuto occasione di nascere e di vivere una prima, lunga parte della mia esistenza.

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