11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 30 maggio 2022

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Nessuno dei cinque compagni d’arme avrebbe potuto vantare d’essere un figlio o una figlia dei mari, ragione per la quale il porsi a confronto con Y’Garsh non avrebbe avuto a suscitare, in verità, alcuna particolare ragione d’emozione nei loro cuori. In caso contrario, ove fra le loro fila fosse stata allor presente Midda Bontor, ella sicuramente non avrebbe potuto ovviare ad apprezzare quel rasserenante senso di confidenza che qualunque marinaio avrebbe potuto vantare nei confronti di una qualsiasi città portuale, in essa potendo ritrovare gli stessi punti di riferimento, a prescindere da quale parte del mondo, o quale particolare cultura, avesse allora a ospitarla.
Una città portuale, infatti, ancor prima di essere una città, avrebbe avuto a dover essere intesa qual un porto. E tutto, in quella città, non avrebbe potuto che essere commisurato attorno a tale, inalienabile verità. Non che tutte le città portuali fossero eguali, ovviamente, concepite su una medesima pianta o architettonicamente omologabili: tutto ciò, inutile a dirsi, avrebbe avuto necessariamente a derivare dalle caratteristiche geografiche proprie del luogo stesso, così come, per l’appunto, dai gusti propri della cultura ivi dominante. Ciò non di meno, l’essenza più pura e semplice dietro a tale aspetto, il significato celato dietro a un pur diverso significante, avrebbe avuto necessariamente a risultare il medesimo, e a essere perfettamente riconoscibile, comprensibile e apprezzabile da qualunque figlio o figlia dei mari, che ivi non avrebbe potuto ovviare a riconoscersi a casa.
Anche perché, in effetti, quella dei figli e delle figlie dei mari avrebbe avuto a doversi quasi considerare qual una vera e propria cultura a parte, all’occorrenza integrata all’interno della cultura locale, e, ciò non di meno, intimamente regolata dai propri riti, dalle proprie consuetudini, dalla propria fede che, trascendendo ogni differenza fra nazioni e popoli, avrebbe avuto a concedere a qualunque figlio o figlia del mare di avere a riconoscere in un altro figlio o figlia del mare un proprio fratello o una propria sorella. Unica eccezione, in ciò, avrebbe avuto a doversi intendere quella propria dei pirati, dei predoni dei mari, coloro i quali, pur figli di quel medesimo genitore, o genitrice che dir si volesse, non desideravano riconoscere ai propri fratelli e alle proprie sorelle quella loro inalienabile dignità parentale, preferendo, anzi e piuttosto, rivolgere a loro discapito tutto il male che avrebbero mai potuto loro riservare. Per questa ragione, in qualunque mare, e in ogni angolo del mondo, i pirati non avrebbero potuto essere né apprezzati né tollerati, non dove, per l’appunto, il loro stesso concetto di vita sembrava avere a porsi in chiara antitesi alla vita di chiunque altro attorno a loro.
Fatta quindi necessaria eccezione per un pirata, qualunque altro figlio o figlia dei mari, giungendo in quel di Y’Garsh, non avrebbe potuto ovviare a riconoscersi a casa. A prescindere dalla propria etnia, a prescindere dalla propria nazionalità. E con buona pace di ogni possibile integralismo religioso proprio del regno di Y’Shalf.
E così, in quel di Y’Garsh, improvvisamente la monotonia che pur aveva contraddistinto la realtà umana loro circostante sino a quel momento, non poté che venir necessariamente meno, mostrando per la prima volta, in territorio y’shalfico, l’evidenza concreta della presenza di stranieri, e di stranieri pur integrati all’interno della quotidianità locale, persino nella gestione di botteghe e negozi. E, addirittura, e in maniera pressoché inconcepibile altrove in quel di Y’Shalf, proprio in Y’Garsh avrebbero potuto essere riconosciute delle donne a capo di attività professionali, e delle donne che, ove straniere, neppure indossavano il tradizionale burqa, limitandosi a un comunque rispettoso velo a coprire il capo e le spalle, ma nulla di più.
Insomma: pur essendo in quel di Y’Shalf, giunti a Y’Garsh i cinque non poterono ovviare a percepire l’evidenza di un’aria diversa da quella che era stata loro offerta negli ultimi giorni. E non soltanto in conseguenza dell’odore salmastro del mare, ma, proprio e per l’appunto, per quella incontenibile libertà che, ispirata dal mare, si riversava anche sulle sponde della terra, e quelle stesse sponde ove, allor, sorgeva quella città portuale.

« Non sembra male l’ambiente da queste parti... » commentò sottovoce Maddie in direzione di H’Anel, sbirciando al di fuori del carro, pur restando accuratamente protetta dal proprio burqa, nella volontà di ovviare a dare troppo nell’occhio con il proprio evocativo aspetto, e quell’aspetto troppo facilmente riconducibile a Midda Bontor « Per certi versi mi ricorda un po’ Kriarya... » osservò, offrendo un paragone con la città del peccato kofreyota che qualcuno, avendola a sentire, non avrebbe potuto ovviare a considerare offensivo, ma che, da parte sua, offensivo non desiderava assolutamente essere, avendo anzi a doversi intendere qual un sincero complimento.
« Avevo sentito dire che Y’Garsh era diversa da qualunque altra città y’shalfica... ma, in effetti, non mi aspettavo nulla del genere. » concordò allora la figlia di Ebano, annuendo appena alle parole dell’amica « In effetti, non fossi consapevole di dove siamo, potrei persino credere di aver lasciato i confini di Y’Shalf. »
« E’ quasi un peccato dover essere solo di passaggio da queste parti. » concluse quindi l’altra, stringendosi appena fra le spalle « Se lo specchio fosse stato qui, certamente sarebbe stato più interessante avere a cercarlo. »
« Difficile... » obiettò tuttavia H’Anel, escludendo quella possibilità « In effetti, questa è una delle capitali più giovani di tutta Y’Shalf. Se non erro non dovrebbe avere più di un paio di secoli di vita... ben poca cosa rispetto all’epoca del mito col quale siamo soliti avere a confrontarci nelle nostre avventure. » argomentò quindi, nell’argomentare il proprio diniego in replica all’amica « Qui, tuttalpiù, potremmo rischiare di trovarlo soltanto se qualcun altro lo avesse recuperato prima di noi e fosse finito per essere smerciato senza alcuna reale consapevolezza del suo effettivo valore... »

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