Proseguendo in tale confronto, madre e figlia, con annessi nipotini, fecero ritorno a casa. Come nella maggior parte dei casi era solito avvenire, tanto nelle famiglie più facoltose quanto in quelle più umili, la dimora si proponeva come un bene di valore tutt’altro che indifferente, quasi sicuramente l’eredità più importante da trasmettere di generazione in generazione, di padre in figlio: nel rispetto di tale norma, Gaeli e Hower, suo sposo, avevano ovviamente stabilito la propria famiglia là dove, un tempo, erano state quelle di Heska e di suo marito Mab’Luk.
Se fino a trent’anni prima, pur adiacenti, le abitazioni in questione si sarebbero proposte ancora come nettamente distinte, non diversamente dalle botteghe ad esse correlate, a seguito del matrimonio che aveva visto celebrata l’unione eterna fra gli ultimi discendenti di tali famiglie, esse erano state unite a formare un unico e più vasto complesso. Di quello che un tempo era stato lo spazio di carpenteria appartenuto al padre di Mab’Luk ed ai suoi antenati, a in conseguenza della scelta del medesimo di restare accanto alla moglie nel suo desiderio proseguire con l’opera di Lafra, restava oggi ormai solo il ricordo, un dolce e meraviglioso ricordo, sicuramente nostalgico, nel cuore di Heska, ormai la sola a potersi ricordare come si sarebbero proposti quegli ambienti tre decenni prima. Entrambe le botteghe, unificate ad essere una medesima, si concedevano così all’arte del fabbro e nel contesto specifico di quella giornata di festa, si proponevano fin troppo sature di clienti, quasi necessitando di un ulteriore estensione per poterli ospitare comodamente tutti.
« Il lavoro non manca, per fortuna… » commentò la nonna, rivolgendosi verso sua figlia.
« Lavoro… papà bello… » annuì con grande convinzione Jarah, proponendosi con un’espressione a dir poco seria, da vero intenditore dell’argomento « Sì… bello lavoro. » ripeté muovendo il capo ancora una volta con fare affermativo.
« Sicuramente non manca. » sorrise Gaeli, accarezzando la nuca del figlio ancora sorretto in braccio « Quello che spesso mi viene a mancare, purtroppo, è mio marito: sempre troppo preso dietro a consegne, richieste, ordinazioni… »
« Non lamentarti per questo. » le rispose con dolcezza la prima, scuotendo il capo « Inevitabilmente arriveranno i periodi di crisi ed allora vedrai che ci sarà da… »
La frase, però, morì sulle labbra di Heska nel momento in cui ella individuò, all’interno della folla di potenziali clienti per il genero, la cantastorie che aveva intrattenuto poco prima la gente in piazza: fuggitale da davanti agli occhi, ora ella si ritrovava ad esserle nuovamente offerta, in un segno pressoché inequivocabile del destino. Ignorare tale presenza sarebbe stata, sicuramente, una mossa terribilmente sciocca e superficiale.
« Madre? » la richiamò Gaeli, notando per un momento l’attenzione di ella farsi nuovamente assente in riflessioni personali.
« E’ ancora lei… » indicò ella, attraverso il proprio sguardo alla figlia « Non può essere una coincidenza. »
La giovane donna offrì il proprio interesse nella direzione proposta dalla madre, andando ad incrociare così l’immagine dell’anziana bardo, aggrottando la fronte, in conseguenza, con curiosità.
« Potresti farmi un favore, bambina mia? » proseguì Heska, allungando il proprio braccio libero per richiederle tacitamente anche il secondo nipote, a volerla liberare dalla presenza del bambino « Potresti andare a sentire cosa cerca quella donna? Se non è nulla in particolare, vorrà dire che tutte le mie preoccupazioni sono semplicemente in frutto di una mente troppo vecchia e stanca… altresì, torna da me e riferiscimi cosa desidera. Te ne prego. »
Gaeli rimbalzò con il proprio sguardo fra la madre e la straniera, incerta, dubbiosa, eppur, ovviamente e femminilmente, curiosa: non le riusciva ad essere chiaro come o perché quel cantore riuscisse ad attirare tanto interesse da parte di sua madre ma, pur preoccupandosi per ciò, non avrebbe potuto ignorare la richiesta di ella, conoscendola fin troppo bene, sapendo perfettamente che mai e poi mai avrebbe ceduto di fronte ad un’eventuale diniego da parte sua. Meglio, pertanto, sarebbe stato accontentarla e chiudere quanto prima la questione, piuttosto di protrarla ancora per le lunghe, aumentando quel senso di disagio che avvertiva chiaramente nell’aria. Senza offrire un’esplicita risposta all’interlocutrice, la giovane consegnò quindi il figlioletto, recalcitrante a tale abbandono, all’abbraccio della nonna, in cui comunque si trovò subito a proprio agio iniziando un lungo e parzialmente incomprensibile dialogo con il fratello gemello, per poi dirigersi con passo incerto verso il proprio obiettivo.
Heska non poté evitare di ringraziare in cuor suo la figlia, osservandola con dolcezza in quel momento.

Un’immagine, quella di sua figlia, di cui Heska non sarebbe potuta che essere ogni giorno fiera, orgogliosa ed, addirittura, a volte timorosa, in particolare quando ella decideva di accompagnare il marito in non rari viaggi a scopo commerciale verso il continente. Pur sapendo che Hower avrebbe dato la propria vita per difendere quella della moglie, e a differenza del suo tenero Mab’Luk egli avrebbe anche saputo combattere in maniera adeguata per tale scopo, ella non sarebbe mai riuscita a restare serena ed avrebbe continuato ad insistere, ogni volta, per poterli accompagnare. Ovviamente, poi, nella maggior parte dei casi ella avrebbe ceduto di fronte alla naturale negazione dei due giovani, ma sul proprio cuore, in tali timori, non avrebbe mai smesso di gravare inesorabilmente l’ombra del proprio torturatore, di quel passato da cui mai si sarebbe potuta realmente liberare.
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