11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 6 settembre 2019

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« No, grazie… » scosse vigorosamente il capo Howe, escludendo tale possibilità, non perché non lo avrebbe potuto compiacere, quanto e piuttosto perché ben memore di come fossero andate le cose l’ultima volta che aveva tentato di rimediare alla perdita del proprio mancino, e a quella perdita responsabilità della quale avrebbe avuto a doversi riconoscere soltanto nella defunta Nissa Bontor « … ho ancora gli incubi al pensiero di quello che ci è successo l’altra volta, e vorrei evitare di ritrovarmi costretto a qualche insalubre patto. E poi, ormai, mi sono persino abituato a non avere più il sinistro… » banalizzò, mentendo spudoratamente, laddove, se una cosa avrebbe avuto a doversi riconoscere qual pesare sul suo animo, nella sua vita quotidiana, tale avrebbe avuto a doversi identificare proprio qual l’assenza di quell’arto.
« Libero di fare come meglio credere, signor Ahlk-Ma. » intervenne nella questione la voce dell’ex-capitano della Kasta Hamina, nel mentre in cui questi, zoppicando al di fuori della propria tenda, faceva la propria apparizione in scena, e in quel dialogo « ... ma per quanto mi concerne, non appena avremo la possibilità di giungere su un pianeta meno periferico rispetto a questo, sarà mia premura acquistare un arto nuovo in sostituzione del mio perduto. Sperando, nel contempo, di non aver anche a perdere il mio occhio… » dichiarò, con squisita semplicità nel riferirsi a qualcosa di straordinario qual, necessariamente, tutto quello non avrebbe potuto che risultare innanzi all’attenzione degli interlocutori, tutt’altro che abituati, nel mondo per loro natale, a poter pensare di rimpiazzare una porzione perduta del proprio corpo in termini così banali « E, con rispetto parlando, non sceglierò un modello dozzinale quale il suo, Bontor. »
« Sarà dozzinale, capitano… ma, per lo meno, non mi è costato un soldo. E, soprattutto, svolge molto bene il suo lavoro, per una donna che conduce una vita pacifica e noiosa qual la mia… » replicò la donna guerriero, scuotendo il capo e respingendo al mittente quella tutt’altro che velata critica al proprio braccio, e a quel braccio che, semplicemente, ella non avrebbe potuto ovviare a adorare e a considerare pressoché al pari di un dono divino.
« Dozzinale… quello?! » esitò lo shar’tiagho, strabuzzando gli occhi.

All’attenzione di Howe, la nuova protesi metallica della propria vecchia amica non avrebbe potuto essere mai contraddistinto da alcun, seppur vago, senso di dozzinalità: lucente, nelle proprie cromature, perfetto, nelle proprie forme e proporzioni, quell’arto destro avrebbe avuto a doversi riconoscere qual l’esatta e speculare replica del sinistro, completando in maniera squisitamente armoniosa l’immagine propria della Figlia di Marr’Mahew senza offrire alcuna apparenza di innaturalità. Certo: un braccio vero non sarebbe stato di metallo… ma, nel ben considerare quanto, prima di quello, la medesima donna guerriero si era accompagnata per due decenni con una protesi non dissimile dalla sua attuale, e una protesi costituita, nel suo caso, da una nera armatura dai rossi riflessi impiantata là dove avrebbe avuto a dover essere riconosciuto il suo braccio e animata in grazia a un’antica, e maledetta, magia; quella nuova protesi, decisamente più elegante, decisamente più delicata nel proprio aspetto, avrebbe avuto a poter esser accusata di molte cose, ma non di dozzinalità.
Quanto Howe, tuttavia, ancora non avrebbe potuto immaginare, sarebbe stato come, in effetti, l’obiezione dell’ex-capitano non avrebbe avuto a doversi giudicare priva di significato… non laddove, effettivamente, la protesi impiantata gratuitamente alla donna guerriero, praticamente a meno di una settimana dal suo arrivo fra le stelle, altro non avrebbe avuto a doversi riconoscere che un modello base, concepito esclusivamente per il lavoro in miniera e, come tale, privo di tutte quelle possibilità che, un arto migliore, acquistato regolarmente, avrebbe potuto offrire: dopotutto, per estrarre idrargirio dal cuore di una luna, avere sensibilità epiteliale nella propria protesi, poterla percepire riscaldata al pari del resto del corpo e, soprattutto, non distinguerla, in morbidezza e densità da un normale braccio, non avrebbero avuto a dover essere considerate delle necessità, come, piuttosto, poter godere di un’interessante forza conseguente a servomotori volutamente sovrastimati nella propria funzionalità, e tali da poterle quindi assicurare di arrivare a sollevare il corrispettivo di mille libbre di peso senza particolare affaticamento.
Ma se, per la Figlia di Marr’Mahew, quella forza, e, all’occorrenza, anche l’insensibilità di quel braccio metallico, avrebbero avuto a potersi riconoscere più che adeguati alle proprie esigenze, e alle esigenze proprie di una vita intera votata alla guerra; per Lange, così come per chiunque altro, l’ovvio desiderata sarebbe stato quello di poter rimpiazzare l’arto perduto con un surrogato quanto più possibile vicino all’originale, e un surrogato che, in tal senso, non avrebbe potuto distinguersi dall’originale…

« Già! » confermò quindi l’ex-capitano, in direzione di Howe « Dozzinale! » ribadì, volgendo uno sguardo sornione in direzione del proprio ex-capo della sicurezza, ben consapevole di poterla in tal maniera indispettire, nel minimizzare in tal maniera il valore di quell’arto, e di quell’arto che ella sfoggiava sempre con tanta fierezza « Del resto non avrebbe senso impiantare qualcosa di più a un condannato ai lavori forzati… le pare?! »
« In compenso questo mio braccio dozzinale ha salvato più di una volta la situazione per tutti noi. » protestò la donna guerriero, sforzandosi di non offrirla vinta all’interlocutore e pur sapendo, allora, di doversi disimpegnare da quel discorso, laddove, altrimenti, ineluttabile sarebbe stata la vittoria morale della controparte « Impiantatevi pure un braccio in simil carne con pelle sintetica, se lo volete… ma lasciate in pace il mio bellissimo arto destro! »
« Simil carne…? Pelle sintetica…?! » ripeté Howe, se possibile più interessato all’argomento in grazia alle proteste della Figlia di Marr’Mahew che all’intervento dell’ex-capitano della Kasta Hamina « Mi duole ammetterlo, perché rischio di sembrare quel bietolone di mio fratello, ma non ci sto capendo molto. Ciò nonostante… non posso che iniziare a trovare la questione parecchio interessante! »

Il discorso, fra Lange e Howe, ebbe quindi occasione di proseguire durante la colazione e le operazioni di smobilitazione del campo, vedendo il primo illustrare al secondo tutte le diverse possibilità offerte dalla tecnologia e permettendo, in tal senso, al secondo di rivedere radicalmente la propria posizione nel merito degli arti artificiali offerti lì, “fra le stelle”, per così come, dal suo punto di vista, avrebbe avuto a doversi indicare in maniera generica ogni altro luogo al di fuori del proprio pianeta natale. E se, ora della fine, l’entusiasmo di Howe per tutto quello avrebbe avuto a dover essere giudicato persino inquietante, soprattutto se confrontato con il contrapposto senso critico del giorno precedente, e quel senso critico che ben poco margine di fiducia avrebbe potuto offrire a tutto quello; certamente tale cambio di prospettiva, non avrebbe potuto ovviare a essere riconosciuto più che positivo per l’integrazione dell’uomo tanto all’interno del gruppo, quanto in quel nuovo contesto… e un contesto nel quale, per delle persone provenienti da un mondo qual il loro, non sarebbe stato banale riuscire, facilmente, a integrarsi. Anzi.
La fortuna, se così si sarebbe voluta allor definire, di Midda e di tutti i suoi vecchi compagni e amici, a partire dall’amato Be’Sihl, passando per Howe e Be’Wahr, sino a giungere ai giovani H’Anel e M’Eu, avrebbe avuto a doversi considerare quanto, tutti loro, fossero soliti vivere la propria vita senza porsi troppe domande, senza riservarsi troppi limiti mentali, abituati, dalla follia delle molteplici avventure e disavventure vissute sul proprio pianeta natale, a non definire un reale confine fra il possibile e l’impossibile, fra il reale e l’irreale, laddove in più di un’occasione, tale confine era stato superato tanto in un verso, quanto nell’altro. In ciò, quindi, benché provenienti da una realtà infinitamente distante da tutto quello, non soltanto in termini fisici, ma, anche, in termini metaforici, tutti loro avrebbero avuto a doversi riconoscere quali le persone più indicate per riuscire a scendere a patti con quella che, altrimenti, avrebbero avuto a dover considerare semplicemente qual la follia a loro circostante… e una follia che, allora, li avrebbe condotti, necessariamente, a perdere il controllo delle proprie menti.
Così, se pur Howe non avrebbe mai potuto neppure immaginare di comprendere il concetto stesso di tecnologia, là dove, dopo oltre quattro anni ancora la stessa Midda avrebbe potuto vantare una certa fatica di fondo in tal senso, ben diverso sarebbe stato accettarla… e accettarla in quanto tale, come un dato di fatto. E, nell’accettarla, essere più che ben disposto a beneficiare di essa e di quanto di buono, da essa, avrebbe potuto derivare per lui.

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