11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 21 settembre 2019

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Per Tagae Nivre Bontor Ahvn-Qa e per Liagu Ras’Meen Bontor Ahvn-Qa, a dispetto delle proprie giovani età, e di quei dieci o, forse, undici anni di vita vissuta sino a quel giorno, delle quali, purtroppo, non più degli ultimi tre sarebbero stati in gradi di rammentare, il concetto di prigione non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual inedito. Anzi. A conti fatti, il primo ricordo che avrebbero potuto vantare, antecedente persino a quello relativo ai propri nomi, Tagae e Liagu, avrebbe avuto a doversi riferire proprio a una prigione, e a una prigione all’interno della quale essi erano stati semplicemente ribattezzati come Diciannove-Cinquantadue e Diciannove-Cinquantotto, esemplari impiegati in un empio processo di ricerca volto a sviluppare nuove tecniche utili a tradurre due semplici bambini in una vera e propria arma di distruzione di massa.
E se da quella prigione, in grazia alle proprie sole forze, una prima volta erano riusciti a evadere, nel tempo in cui, poi, ebbero anche a riservarsi l’occasione di incontrare, per mero caso, colei che di lì a breve avrebbe annunciato di voler essere per loro al pari di una madre; a quella e ad altre prigioni, poi, avevano tristemente fatto ritorno nel corso del tempo, fortunatamente, almeno per tutte quelle ultime occasioni, in compagnia della loro stessa genitrice, non troppo diversamente, poi, da quanto lì avrebbe avuto a doversi riconoscere la propria situazione attuale. E molto, a onor del vero, era stata in grado di offrire loro Midda Bontor, già prima di avere ad abbracciare l’idea di essere per loro al pari di una madre, nell’aver, in effetti, permesso a quei due pargoli di riuscire a trovare la forza per affrontare nuovi periodi di cattività in maniera più serena, più tranquilla, addirittura a tratti persino allegra, e allegra quanto avrebbe potuto esserlo nel venir in tal maniera animata da momenti di giuochi, di scherzi, e, perché no, di studio, loro imposti dalla medesima genitrice, o futura tale, in termini tali da nullificare l’intendimento negativo proprio del luogo o della situazione così corrente.
In questo, quindi, Tagae e Liagu furono in grado di porsi al confronto con la cella entro la quale vennero rinchiusi, insieme fortunatamente, e fortunatamente per qualunque essere vivente all’interno di quella nave, laddove, in caso contrario, nessuno sarebbe loro sopravvissuto, con maggiore serenità rispetto a quanto non avrebbe mai potuto riservarsi, in luogo a essi, chiunque altro. Anche a partire da due esperti combattenti, da due guerrieri indomiti, per così come, a titolo esemplificativo, avrebbero potuto essere Howe e Be’Wahr. E ben consapevole di ciò, e di quanto i propri antichi amici difficilmente avrebbero affrontato con eguale serenità quella situazione, la stessa Midda Bontor, non poté che essere lieta, in cuor suo, che le posizioni fra Tagae e Liagu, e Howe e Be’Wahr, non avessero a doversi fraintendere qual invertite… benché, ovviamente, non avrebbe potuto mai avere a fraintendersi lieta dell’idea di quanta confidenza con il concetto stesso di cattività potesse essere proprio dei suoi due amati figli.

« Per quei due la prigione sta diventando un’abitudine… » commentò fra sé e sé, venendo rinchiusa, come tutti gli altri adulti, in una cella solitaria, e in questo non avendo alcun altro interlocutore a cui offrire riferimento al di fuori di se stessa « … dovrò proprio trovare il modo di invertire questa spiacevole tendenza, prima che abbiano a fraintendere che qualcosa, in tutto ciò, possa intendersi qual giusto. »

Per quanto, probabilmente, altri non lo avrebbero potuto ritenere possibile, quei due pargoli stavano realmente cambiando la percezione propria di colei un tempo nota con il soprannome di Figlia di Marr’Mahew, dea della guerra, nei riguardi dell’intero Creato. E laddove, un tempo, ella non si sarebbe mai ritrovata a prendere in esame alcuna idea in tale direzione; sempre più sovente, ormai, la donna guerriero non avrebbe potuto mancare di domandarsi quanto, effettivamente, potesse essere giusto per lei proseguire con la propria vita quotidiana per così come sempre l’aveva vissuta, e per così come, tuttavia, avrebbe avuto a doversi intendere chiaramente incompatibile con le esigenze proprie di due bambini, e di quei due bambini dei quali si era voluta proclamare madre.
Un pensiero, il suo, che avrebbe avuto, tuttavia, molto… troppo facilmente a scontrarsi con l’evidenza di quanto alcune delle questioni in sospeso nella propria quotidianità non avrebbero potuto essere così facilmente o rapidamente archiviate, prima fra tutte la missione per la quale, più di quattro anni prima, ella aveva deciso di abbandonare i confini propri del proprio pianeta natale e solcare le infinite distese siderali volando sulle ali della fenice, ossia la sfida alla regina Anmel Mal Toise, a contenere quel suo innato desiderio di dominio e, soprattutto, a ovviare che, tale dominio, potesse condurre soltanto alla fine di tutte le cose, nella sua temibile natura di Oscura Mietitrice, principio stesso della distruzione. Una sfida, una battaglia, il cui esito, e la cui semplice aspettativa di esito, non avrebbero potuto mai aversi a fraintendere quali scontati, in termini tali per cui, allora, ben difficile sarebbe stato poter prendere in esame l’idea di un proprio reale ritiro dalle scene, per riservarsi, a tempo pieno, il ruolo di madre: non, quantomeno, in tempi utili per poter ancora essere una madre per Tagae e Liagu, nel considerare quanto, dopotutto, a dieci anni, quindi all’incirca alla loro stessa età, o forse ancor prima, ella aveva lasciato i confini della propria casa natale, della propria isola, imbarcandosi clandestinamente a bordo di una nave mercantile, partendo, in ciò, per la propria grande avventura, e quell’avventura, a quasi trentacinque anni di distanza, non ancor terminata, non ancor conclusa, nella continua e costante ricerca di se stessa.

« Chi voglio prendere in giro…?! » sospirò fra sé e sé, non potendo ovviare a portare, in tal flusso di coscienza, il proprio pensiero verso H’Anel e M’Eu, per i quali, quasi quindici anni prima, avrebbe potuto ben rappresentare una madre, e una madre che pur, altresì, non aveva voluto divenire, allontanandosi da loro e lasciandoli al proprio destino… e a un destino che, a distanza di tre lustri, li aveva veduti tornare a far parte della sua vita nel ruolo di guerrieri, in una scelta la quale, probabilmente, né lei, né tantomeno Ebano, loro padre, avrebbero mai potuto condividere « Se gli dei avessero voluto che io potessi essere una madre, non avrebbero permesso al colpo di Nissa di rendermi sterile. Ma la verità è che tu, vecchia mia, sei una madre pessima… e ad attendere il giorno in cui potrai essere pronta a essere qualcosa di un po’ meglio, Tagae e Liagu faranno in tempo non soltanto a crescere, ma a farsi delle proprie famiglie e, perché no…?!, a divenire a loro volta genitori. »

E, in effetti, tale pensiero avrebbe avuto a doversi riconoscere addirittura benaugurante nei loro riguardi, laddove, simile idea avrebbe avuto quindi a prendere in considerazione l’eventualità che, a quei due pargoli dalla vita tanta travagliata, fosse riservata una possibilità di un futuro sereno, normale, e un futuro nel quale, magari, riuscire anche a liberarsi di quella loro maledizione, e della maledizione che, altrimenti, li avrebbe veduti, per sempre, essere costretti a condividere la medesima stanza, con buona pace per qualunque ipotesi di quieta intimità domestica con possibili, relativi coniugi.

« Chissà Maddie… » si domandò alfine, aggrottando appena la fronte nello spingere ora la propria mente nei riguardi della sua versione più giovane, non di molto sia chiaro, ma comunque quei sette-otto anni che, obiettivamente, avrebbero potuto avere il proprio valore, soprattutto in accordo con un’integrità fisica per lei mai compromessa, non avendo avuto a dover lottare con la propria gemella Rín e, in questo, non essendosi mai vista sfregiare il volto, amputare il braccio o trapassare il ventre dalla sua furia vendicatrice « … immagino che lei, a differenza mia, possa considerarsi ancor fertile. Anche se, essendo comunque una Midda, probabilmente sarebbe meglio evitare di illudersi più di tanto in tal senso. » commentò con una nota di triste amarezza, in quella considerazione che non avrebbe potuto ovviare allora formulare in maniera trasversale addirittura all’idea stessa di multiverso, e a un multiverso nel quale, probabilmente, ben poche altre versioni di se stessa avrebbero potuto riservarsi il ruolo di madre.

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